Economia

Raccontare la qualità sensoriale

Tutti a dire “è eccellente, è eccellente”. Come no? Da crederci sulla parola. Un olio extra vergine di oliva può farci emozionare, ma è necessario far percepire la qualità che noi reputiamo impareggiabile. Siamo sicuri che tutti la comprendano? Siamo in grado di comunicarla?

Luigi Caricato

Raccontare la qualità sensoriale

La degustazione di un olio extra vergine di oliva è la vera chiave di lettura della qualità, la più incisiva e determinante, la più immediata, e, senz’altro, anche la più convincente rispetto a una pur approfondita analisi condotta in laboratorio per valutare il profilo fisico-chimico e verificare, di conseguenza, la reale corrispondenza ai parametri previsti dal legislatore per tale prodotto.

Non si esagera affatto mettendo qui, in grande risalto, l’analisi sensoriale, anche perché, di fatto, l’approccio diretto con l’olio è la vera e unica possibilità concreta, per un consumatore, come pure per chiunque voglia leggere il prodotto per quello che è, e, soprattutto, per ciò che appare subito ai nostri sensi, senza tante attese. Per il resto ci si può solo affidare a ciò che riporta l’etichetta, alla rassicurante dicitura “olio extra vergine di oliva”, ma non basta, tutti sanno che non è sufficiente.

Il lessico. Le parole dell’olio sono determinanti per il successo commerciale di un prodotto, ma occorre prestare la massima attenzione agli abusi di chi enfatizza attributi non presenti nell’olio.
Per una valutazione oggettiva e condivisa, sono necessari descrittori scelti correttamente. Un corretto lessico, valido universalmente, è perciò importante.

Presso i Romani esisteva il pregustator, precursore del moderno assaggiatore. Questa figura del mondo antico in realtà si limitava ad assaggiare cibi e bevande prima che venissero servite al resto dei commensali, più che altro per verificare l’ipotetica presenza di veleni.

Sempre presso i Romani c’era il moderator una sorta di sommelier ante litteram, che era l’addetto alla regolare distribuzione del vino nel corso dei conviti, il quale garantiva che i coppieri servissero i vini giusti.
Solo nel XX secolo si iniziò a parlare di degustazione così come la intendiamo oggi. A partire dagli anni ’50 dello scorso secolo abbiamo i primi documenti scientifici. E’ un campo di attività difficile, per via della soggettività delle sensazioni e del vocabolario da rendere valido e condiviso universalmente.

Un traguardo importante e decisivo è stato il riconoscere e il rendere legalmente riconosciuto, l’esame organolettico per l’olio, nel 1991, a opera della Comunità europea.

C’è da stare attenti, però: produttori o venditori spregiudicati possono vantare per i propri oli prerogative sensoriali non veritiere, da qui dunque la necessità di regolamentare la materia.

Individuare e valorizzare il profilo sensoriale di un olio extra vergine di oliva diventa riconoscere un plusvalore, si tratta di un’opportunità e di un vantaggio competitivo da spendere sul mercato: la qualità sensoriale, soprattutto se la si riesce a far percepire come tale, diventa una leva strategica utile ai fini di una campagna promozionale dai buoni riscontri.

Il rischio, in certi casi, quando si abusa, è che, come con il gioco del calcio, tutti si sentano esperti in grado di avere la risposta giusta. Sono rischi reali, sui quali occorre prestare la massima attenzione e vigilare.

Da non trascurare, inoltre, il fatto che la qualità resta comunque il risultato della soddisfazione delle proprie aspettative, in qualità di consumatori, rispetto a un determinato prodotto.

Quando si immette sul mercato un olio extra vergine di oliva, occorre soddisfare infatti le attese del consumatore nell’acquisire una capacità di valutazione sensoriale, così da mettere a prova la propria capacità di scelta durante l’acquisto.

Un rischio da non sottovalutare, è quello di lasciarsi influenzare dalle mode, come nel caso del vino, quando si impongono vitigni uguali presenti capillarmente su tutto il territorio, senza valorizzare opportunamente la biodiversità; ma anche l’affidarsi a pochi quotati enologi, il non spaziare la propria visione di prodotto, il tendere a omogeneizzare, a massificare.

Un altro rischio consiste nel ricorrere all’analisi sensoriale quale arma per giustificare valutazioni poco obiettive. E’ il caso delle guide, dove prevalgono convincimenti monocratici, o comunque le indicazioni di pochi (presunti) esperti.

Altro rischio, è l’approccio scandalistico, magari con l’esame dei diversi oli giudicati da assaggiatori provetti, alle prime esperienze ma già saccenti, provocando valutazioni sensoriali dai giudizi estremi o affrettati.

E’ necessario piuttosto pensare a diffondere un corretto concetto di analisi sensoriale. Gli assaggiatori dovranno essere addestrati, meglio ancora: educati, altrimenti non c’è più il giudizio (oggettivo?) di un panel, ma si tratterebbe semmai di un test (generico) espresso da un gruppo di consumatori. Mai cedere a metodiche empiriche, prive di elementi di scientificità.

Gli assaggiatori possono parlare o scrivere pubblicamente, in materia di oli, se davvero qualificati. Nessuno ha il diritto di sentenziare sul lavoro altrui, solo perché ha frequentato un corso. Da qui dunque l’approccio etico di chi assaggia. Occore prestare la massima attenzione, e anche l’assaggiatore amatoriale deve essere prudente nell’esprimere le proprie valutazioni.

L’assaggiatore è, per certi versi, colui che riesce a ricavare una sintesi organolettica, interpretando il prodotto che degusta. L’assaggio potrebbe addirittura essere una sentinella per verificare la qualità di un olio nel tempo.

Occorre pertanto una solida etica professionale nell’esercitare il ruolo di assaggiatori, e, di conseguenza, sarebbe opportuno un organismo preposto, che valutino le capacità professionali dei degustatori, in modo che si accertino i requisiti di idoneità e verificare se siano allenati alle degustazioni.

Tutti possono assaggiare, poiché tutti di fatto assaggiano, ma non tutti hanno una idoneità psicologica, olfattivo-gustativa, tale da avere i requisiti per svolgere il ruolo di assaggiatore. Non si possono illudere le persone dicendo loro che sia sufficiente frequentare un corso per diventare esperti assaggiatori.

La professionalità di un assaggiatore non consiste solo nella capacità di descrivere le proprietà sensoriali, occorre perciò dare corpo e seguito a una pratica utilità dell’assaggio.

La valutazione sensoriale esprime, per molti aspetti, una continua tensione tra l’elemento emotivo e l’elemento razionale dell’assaggio. Sarebbe opportuno che nessuno dei due elementi prevalga. Troppa razionalità può determinare il rischio di esprimere una visione tecnicistica, che può penalizzare il prodotto da valutare. Troppa emotività nell’assaggio, può compromettere invece l’esattezza del giudizio.

La materia dell’analisi sensoriale resta una materia in continua evoluzione ed è ancora tutta da esplorare. Un olio extra vergine di oliva può farci emozionare, se di grande qualità, ma è necessario far percepire anche al consumatore la qualità che noi reputiamo impareggiabile. Siamo sicuri che tutti comprendano la qualità? Siamo in grado di comunicarla?

Oltre a un approccio professionale, legato strettamente all’assaggio, occorre esprimere un approccio altrettanto professionale anche nel comunicare ciò che attraverso l’assaggio percepiamo. Non è un’operazione così semplice e immediata. Comunicare è un mesterie difficile, comunicare bene e correttamente è difficilissimo.

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