Economia

Se Deoleo lasciasse l’Italia

Dopo le grandi ostilità nei confronti dell'azienda proprietaria degli storici marchi Carapelli, Bertolli e Sasso - colpevole di non essere una società italiana - il rischio di abbandono del Paese, con tutte le conseguenze sull’occupazione e sull’indotto che ne deriva, si fa via via sempre più concreto. C’è grande preoccupazione per i dipendenti di Inveruno. Su 136 lavoratori ne saranno messi in mobilità ben 98. Si pagano in parte gli effetti dell’incessante opera di demonizzazione subita per anni da questa impresa

Luigi Caricato

Se Deoleo lasciasse l’Italia

C’è al momento il massimo riserbo, da parte dei vertici di Deoleo, ma l’obiettivo, anche se non ancora ufficialmente dichiarato, è la chiusura definitiva dello stabilimento lombardo. Cresce l’ansia dei lavoratori. In molti si chiedono cosa accadrà anche della sede storica di Tavernelle Val di Pesa. E se Deoleo decidesse di tagliare i ponti con l’Italia, non sarebbe una scelta felicissima per i tanti dipendenti, oltre che per l’indotto che ne deriva.

Sara Bettinelli, il sindaco di Inveruno, comune alle porte di Milano, dove ha sede lo stabilimento di cui è proprietaria la Deoleo, lancia l’allarme, cercando nl contempo di fare il possibile per ottenere un concreto sostegno da parte delle Isttuzioni regionali e nazionali, chiedendo aiuto all’assessore all’agricoltura della Regione Lombardia Fava e al ministro delle Politiche agricole Martina. In verità, ci sono pochi margini perché le preoccupazioni rientrino.

La società multinazionale che ha sede a Madrid non naviga in buone acque, dal momento che ha accumulato perdite per 19,8 milioni di euro nei primi sei mesi dell’anno. La situazione è difficile e si richiedono tagli significativi, dovendo adottare inevitabilmente una linea dura.

L’allarme era nell’aria, ma ora c’è qualcosa di molto più concreto. Sono tante le famiglie che si sentono in seria difficoltà, visti anche i tempi così grami, per l’economia dell’Italia. C’è da osservare inoltre che se da un lato i mercati diventano ogni giorno sempre più difficili da gestire, per l’intero settore oleario, perché si sta registrando un vistoso calo dei consumi generale; dall’altro lato, nel caso specifico di Deoleo, la preoccupazione si lega anche ad alcune scelte politiche piuttosto azzardate, con le quali si è messo sotto scacco il settore, facendo soffrire le imprese per gli eccessi di un campagna di comunicazione tesa a gettare discredito sugli operatori del settore, annunciando costantemente truffe e imbrogli senza che di fatto tali reati siano mai stati provati.

Alla fine, l’opera di demonizzazione del comparto sta portando ora i suoi amari frutti, quando a essere colpiti sono i più deboli, ovvero i lavoratori che richiamo il posto e la paura che le società olearie operanti in Italia delocalizzassero era nell’aria da tempo.

Troppe pressioni e azioni dissennate hanno colpito il cuore vivo delle imprese, con risultati non proprio edificanti, visto che i tanti allarmi lanciati con toni apocalittici sono poi risultati, nei fatti, inconsistenti o comunque fortemente ridimensionati.

In più, nel caso specifico di Deoleo, l’azienda paga il pegno di avere una sede a Madrid e di essere oltretutto anche una multinazionale, colpevole di avere, anche se legittimamente, la proprietà di storici marchi italiani come Carapelli, Bertolli e Sasso, quindi, rappresentando, con ciò, un’azienda a tutti gli effetti da contrastare, considerata un nemico dichiarato da combattere. Così, i sostenitori dell’ideologia del Km 0, hanno creato un clima di aperta ostilità, che ha contagiato perfino le stesse istituzioni nel cercare di disfarsi in tutti i modi di questo soggetto ingombrante, incuranti del fatto che la rottura di un equilibrio porta a conseguenze nefaste per tutti.

Quello che oggi è un sentimento di diffusa preoccupazione per i dipendenti italiani di Deoleo, ora è qualcosa che può comportare conseguenze ancora più gravi, contagiando anche altre imprese, appunto inclini a delocalizzare, anche in ragione del fatto che l’Italia ormai sta rinunciando a produrre olio, non piantando più olivi.

Ciò che io paventavo, per via del clima ostile nel quale si lavora, ora è una minaccia seria che coinvolge in realtà tutto il comparto oleario italiano. Cosa accadrebbe se i grossi marchi decidessero di abbandonare il Paese e delocalizzare?

Intanto, nei prossimi giorni si saprà qualcosa di più chiaro intorno alle decisioni future dell’azienda. Nella giornata del 2 novembre, a Inveruno si svolgerà invece un’assemblea dei lavoratori. Comprensibile il loro stato d’animo. La messa in mobilità solitamente è il passo che precede il licenziamento. A farne le spese non sarebbe il personale amministrativo, ma il smani è incerto anche per loro, come pure per l’altra sede italiana di Tavernelle Val di Pesa. L’intenzione potrebbe sere quella di trasferire le unità operative tutte in Spagna, a Malaga e Cordoba.

Cosa accadrebbe se i marchi Bertolli, Carapelli e Sasso diventassero di fatto completamente spagnoli, al di là del nome italiano, perdendo anche la loro presenza storica in Italia? Cosa accadrebbe nell’ipotesi che si abbandonasse la scelta di confezionare l’olio italiano e le produzioni dell’Igp Toscano?
La domanda ha in sé molte insidie, e non è certo un presagio di buoni auspici per l’Italia olearia. Oggi si iniziano a pagare le conseguenze di politiche ambigue e perdenti in una materia tanto complessa come quella che attiene il comparto oleario. Se ci fate caso, tutte queste problematiche non investono altre aziende alimentari, di proprietà non italiana, ma operanti in Italia e con marchi storicamente originatisi e sviluppatisi in Italia a opera di imprenditori italiani che poi hanno ceduto le aziende.

L’aspetto più inquietante, è che solo nel campo degli oli da olive si sta consumando una lacerante guerra intestina, all’interno di una già sfilacciata e fragile filiera, determinando così danni che al momento non appaiono tanto preoccupanti, a uno sguardo a corto raggio, ma che in vista di un futuro non tanto lontano gettano invece ombre sinistre sulle sorti del nostro Paese e sugli operatori che vi lavorano. Le Istituzioni hanno gravi responsabilità sulle conseguenze di tutto ciò che sta accadendo, per errori di gestione e valutazione, ma continuano a illudersi che basti vantare le virtù prodigiose e taumaturgiche del Km 0 per avere la vittoria in tasca. Poveri illusi.

L’illustrazione di apertura è di Valerio Marini

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