Economia

Buone nuove dal mondo olio

E anche per le olive tavola: in Giappone, per esempio, è la Spagna il primo fornitore, distaccandosi in misura significativa dal secondo player, l’Italia. Fari accesi inoltre sulle previsioni di produzione, in attesa delle salvifiche piogge. E intanto si registra la tendenza, sempre più diffusa tra le star del cinema, di investire in uliveti e nella produzione d'olio. Al centro del dibattito, infine, anche i possibili risvolti, in chiave olivicola, dell'eventuale indipendenza della Catalogna dalla Spagna. Questo, e altro, in una ricca rassegna stampa internazionale

Mariangela Molinari

Buone nuove dal mondo olio

Apriamo la rassegna stampa di questa settimana dal Sol Levante. Su Mercacei, infatti, leggiamo della popolarità che le olive da tavola si vanno conquistando in Giappone, dove, sempre più, sono percepite come un prodotto salutare e associato alla dieta mediterranea. Lo attesta anche un recente studio di ICEX España Exportación e Inversiones, sottolineando come al trend pare aver contribuito anche la diffusione nelle principali città del Paese di locali dall’atmosfera e offerta spagnola, tapas in primis.
L’ente pubblico spagnolo precisa, però, che, sebbene l’importazione di olive da tavola sia andata crescendo, nell’ultimo triennio ha registrato un rallentamento, fino ad arrivare a un leggero calo nel 2016. Dalle 4.435,2 tonnellate importate nel 2014, infatti, si è passati alle 4.419,7 del 2015 e alle 4.244,9 dello scorso anno. Il grosso delle importazioni continua a essere rappresentato dalle olive confezionate, pari all’81% del totale.
Sempre secondo i dati di ICEX, la Spagna si confermerebbe il primo fornitore del mercato giapponese, distaccandosi in misura significativa dal secondo player, l’Italia, grazie a esportazioni cinque volte superiori a volume e doppie a valore.
Lo studio evidenzia, inoltre, l’impegno profuso da tempo da aziende e cooperative a livello di marketing e comunicazione per diffondere la conoscenza del prodotto e delle sue caratteristiche nutrizionali. Se è indubbio che questi investimenti abbiano iniziato a dare frutti soddisfacenti negli ultimi cinque anni, ora resta da lavorare sull’uso di olio e olive in cucina e sulle modalità più appropriate per inserirli a pieno titolo nella dieta giapponese.

Restiamo su Mercacei, dove, sinteticamente, vengono tracciate le previsioni per la campagna 2017-2018 nell’area mediterranea. Si comincia dalla produzione tunisina, per la quale si attende un vero e proprio record, con 350mila tonnellate di olio di oliva che, di fatto, farebbero del Paese il secondo produttore mondiale dopo la Spagna. Il massiccio incremento produttivo può essere attribuito secondo la testata spagnola sia alla politica adottata per il settore, sia all’entrata in produzione dei nuovi uliveti.
Le stime sono meno rosee per quanto riguarda l’Italia, dove la siccità e le condizioni meteorologiche avverse (soprattutto in Toscana) non possono far sperare in una produzione superiore alle 250mila tonnellate. Permangono forti dubbi, poi, riguardo alla Spagna. Qui, infatti, la raccolta può ancora sensibilmente variare in base alle piogge attese in Andalusia per le prossime settimane, mentre in Grecia si prevede una produzione tra le 270mila e le 280mila tonnellate.

Le conseguenze della siccità si fanno sentire in tutto il bacino del Mediterraneo. Oleo Revista sottolinea, per esempio, come in Estremadura la mancanza di piogge dallo scorso mese di febbraio si tradurrà in una perdita di 43,58 milioni di euro per il settore delle olive da tavola. In questa campagna, infatti, come afferma la stessa Unión de Uniones, negli uliveti non irrigati sarà quasi impossibile raccogliere olive da tavola apprezzabili e lo scarso raccolto sarà inviato alla molitura.

Le notizie sono migliori su Diario de Ibiza. Per la raccolta appena iniziata, infatti, i produttori dell’isola prevedono risultati eccellenti, in alcune tenute persino superiori dell’80% al 2016-17, tra le peggiori annate che Ibiza abbia conosciuto. Ma anche prendendo come paragone il 2015, la crescita dovrebbe attestarsi comunque tra il 10 e il 20%. Come afferma Josep Lluís Joan, tecnico dell’Agricultura del Consell de Eivissa, negli ultimi anni i produttori di Ibiza hanno fatto grandi passi avanti nella ricerca della qualità, mentre un tempo era soprattutto la quantità a essere premiata.

Revista Almazara fa ipotesi sui risvolti in olivicoltura di una possibile indipendenza della Catalogna, che si attesterebbe quale quinto produttore di olio di oliva in Europa (dopo Spagna, Italia, Grecia e Portogallo) e decimo a livello mondiale.
Nelle ultime campagne, infatti, la sua produzione ha oscillato tra le 26mila e le 35mila tonnellate, raggiungendo in quella del 2016-17 le 27.597 tonnellate, grazie ai suoi 196 frantoi, concentrati in particolare nella provincia di Tarragona, che ne conta 107, seguita da Lleida (60), Barcellona (17) e Girona (12).
Complessivamente, l’uliveto catalano copre 116mila ettari, la quarta estensione in Spagna, e la varietà predominante è la Arbequina (con una produzione molto apprezzata e ben remunerata in mercati come l’italiano), oltre alla Verdell, alla Morruda e alla Farga.
Un altro aspetto che caratterizza l’olivicoltura della regione è la sua attenzione ecologica. Ben 84 frantoi, infatti, vale a dire il 40% del totale, sono certificati per la produzione di olio extravergine di oliva bio.
Infine, la regione ha sempre ottenuto migliori prezzi all’origine rispetto alla media spagnola, anche per l’alta domanda della sua produzione sui mercati esteri.

Passiamo al Marocco, dove, come ci ricorda Olimerca, dal 4 al 7 ottobre prossimo si terrà la quarta edizione del Salone Nazionale dell’Olivo di El Kelâa des Sraghna. Significativo il suo tema centrale: la valorizzazione e la qualità, basi principali per lo sviluppo dell’olivicoltura.
L’olivo, del resto, è la principale coltura arborea nella zona di Marrakech-Safi, con una superficie di 215.700 ettari (pari al 20% della superficie olivicola nazionale), dai quali si ottiene il 22% della produzione complessiva del Paese, il 60% delle olive da tavola esportate. L’evento si propone come un punto d’incontro e scambio di esperienze tra i diversi professionisti del settore.

Dopo il vino è il turno dell’olio, ci viene da commentare leggendo Olive Oil Times. La tendenza sempre più diffusa tra le star con proprietà in Toscana e in Provenza è, infatti, investire in uliveti e nella produzione di olio di oliva.
Quello di Brad Pitt e Angelina Jolie lanciato la scorsa primavera ha fatto forse meno notizia del loro divorzio, ma i divi di Hollywood non sono i soli parvenu del settore. A produrre olio di oliva, e per di più bio, ci avevano già pensato Sting e la moglie Trudie Styler: il loro Il Palagio, un blend di olive Frantoio, Moraiolo and Leccino, ha vinto persino una medaglia d’oro lo scorso aprile alla New York International Olive Oil Competition (NYIOOC).
La Francia non è da meno. A produrre olio sono sia il cantante e attore Patrick Bruel, che quest’anno si è aggiudicato una medaglia d’oro a una competizione in Provenza, sia l’attore Jean Reno, che dal 2015 produce olio nella sua tenuta provenzale di Baux-de-Provence, commercializzandolo col nome di Réserve Jean Reno. La sua produzione, che oscilla tra i 1.500 e i 2.000 litri l’anno, è venduta per il momento solo nei ristoranti americani.
Tra le celebrità francesi impegnati nel mondo dell’olio figurano i cantanti Charles Aznavour e Léo Ferré e la modella Carole Bouquet. Di recente, infine, la modella e stilista Inès De La Fressange ha prestato il suo nome a un olio di oliva di Oliviers & Co, venduto in una bottiglia disegnato in esclusiva da lei.

La foto di apertura è di Luigi Caricato

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