Economia

C’è battaglia sulla canapa

Una campagna elettorale a gamba tesa, insieme alla sentenza del 30 maggio delle sezioni penali unite della Cassazione ha portato scompiglio in un intero settore in tutta Italia, ma la canapa resta una pianta necessaria per la bioeconomia. Pronto un Disciplinare di produzione delle infiorescenze elaborato da Cia e Confagricoltura per certificare e tracciare l’intera filiera produttiva italiana, e garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti con THC inferiore allo 0,2%

Marcello Ortenzi

C’è battaglia sulla canapa

Nonostante la recente sentenza della Cassazione che ritiene non vendibili alcuni prodotti ottenuti alla canapa sativa, la pianta seguita a essere fonte di altri prodotti utili e legali.

Dopo la notizia della sentenza è nata una forte preoccupazione in tutto il settore e in particolare in chi commercia prodotti in canapa. Una preoccupazione che è stata utilizzata durante e dopo la campagna elettorale ad arte, per identificare i negozi di articoli in canapa con luoghi di spaccio di droga, al di la della verità.

In realtà il pronunciamento della Cassazione afferma che non può configurarsi reato ascrivibile all’art.73 del decreto sugli stupefacenti (L.309/90) la vendita e in genere la commercializzazione al pubblico di prodotti derivati dalla coltivazione della Cannabis sativa L. se tali prodotti sono “in concreto privi di efficacia drogante”.

Un’ampia letteratura scientifica e forense fissa allo 0,5% il limite di THC al disotto del quale non è rilevabile effetto psicoattivo. Una Circolare del ministero dell’Interno del luglio 2018 richiama questo limite: “Per la cannabis sia la tossicologia forense che la letteratura scientifica individuano tale soglia attorno ai 5 mg di THC che in termini percentuali equivalgono allo 0,5%…”.

È da tenere presente che tutte le attività agricole e le attività di vendita da aziende agricole ad altre imprese di prodotti derivati da canapa industriale, cosmetici, alimentari, manifatturieri, biomassa, colture per florovivaismo, sono ammesse dalla legge 242/2016 e pertanto non sono minimamente a rischio, purché conformi alle rispettive normative di settore.

È invece a rischio per la vendita al pubblico di derivati dalle infiorescenze, perché la sentenza della Cassazione esclude infiorescenze, olio da CBD, foglie e resine dall’ambito di applicazione della legge sulla canapa industriale, anche sotto lo 0,5% di THC e non si possono escludere in tali casi interventi di forze dell’ordine e procure.

Intanto Federcanapa, che associa operatori agricoli e industriali del settore, ha diffuso la sua iniziativa di Marchio e Disciplinare di produzione delle infiorescenze, elaborato insieme a Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) e Confagricoltura, per certificare e tracciare l’intera filiera produttiva e a garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti (con THC inferiore allo 0,2%).

L’associazione ritiene che in questo modo i prodotti a marchio “Fiore di Canapa Italiano”, siano privi di efficacia drogante e di rischi per la salute e, di conseguenza, la relativa commercializzazione non sia reato.

Resta la necessità che Governo e Parlamento intervengano al più presto per chiarire situazioni da troppo tempo in sospeso, quali il significato di “efficacia drogante”, con danno per operatori che lavorano da anni e che hanno investito sulla base del quadro normativo preesistente alla legge 242, quadro normativo che in buon parte è ancora in piedi e rispetto al quale la legge non voleva certamente tornare indietro.

L’illustrazione di apertura è tratta dal Museo della Canapa a Sant’Anatolia di Narco, in provincia di Perugia

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