Economia

Che anno si prospetta per l’olio

Il 2014 dovrebbe confermarsi positivo. Dal 2015 i nuovi aiuti per l’olio saranno distribuiti e utilizzati secondo il "modello ortofrutticolo". Intervista a Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo. "Oggi – sostiene – per essere competitivi occorrono modelli organizzativi bisognosi anche di servizi e infrastrutture esterne"

Luigi Caricato

Che anno si prospetta per l’olio

Con il nuovo anno non potevamo non fare il punto sulla realtà e valutare le prospettive future, a partire dal 2014 appena iniziato; l’occasione dell’incontro con Paolo De Castro, è stata la conferenza stampa di fine anno di Veronafiere, che si è svolta il 20 dicembre scorso alla presenza del presidente Ettore Riello, del vicepresidente Damiano Berzacola, del direttore generale Giovanni Mantovani e del sindaco di Verona Flavio Tosi. Abbiamo potuto così affrontare gli scenari che si presenteranno al nostro orizzonte di qui in avanti.

Presidente De Castro, il mondo dell’olio è in grande fermento, crescono le attenzioni da parte di un pubblico più ampio e universale, e finalmente l’olio da olive sta diventa sempre più un alimento popolare e inter etnico. Che anno si prospetta nel 2014? Ci sono novità in vista?

Quella dell’olio è una delle tradizioni maggiormente caratteristiche della cultura agroalimentare mediterranea e, in particolare, italiana. Basti pensare al ruolo da protagonista che ricopre proprio nella dieta mediterranea per le sue importantissime qualità nutrizionali e alla sempre crescente e trasversale attenzione nei confronti di questo prodotto. Il 2014 dovrebbe confermarsi un anno positivo. I dati su quantità prodotte e livelli qualitativi sono infatti incoraggianti e lasciano presagire una campagna positiva su uno dei mercati più interessanti nell’ambito dell’agroalimentare. Accanto a ciò, le importanti opportunità che gli accordi di libero scambio con il Canada e, in un futuro ormai prossimo, con gli Stati Uniti riserveranno alle eccellenze agroalimentari, rappresentano altre chance di crescita e sviluppo per il settore olivicolo. Per le altre novità bisognerà attendere le campagne successive al 2015, quando, ad esempio, entreranno in vigore le modifiche approvate dal Comitato di gestione al reg. CEE 2568/91. Queste misure prevederanno, infatti, la riduzione degli etili esteri degli acidi grassi dell’olio extra vergine di oliva fino a 30mg/kg, un passo importante a tutela della qualità di uno dei prodotti simbolo del made in Italy e a difesa dei consumatori e della trasparenza alimentare.

La questione delle confezioni antirabbocco. Secondo lei cosa ha impedito di giungere a un riconoscimento legislativo comunitario a una disposizione che di fatto tutela il prodotto, il produttore e lo stesso consumatore-fruitore? Quali sono le ragioni reali di una opposizione che ha impedito un passaggio culturale molto importante?

Su questa vicenda, come è ben noto, la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo si è espressa con durezza, criticando assai negativamente la marcia indietro del commissario Ciolos. Ci siamo trovati davanti all’ennesimo caso di arretramento dell’istituzione europea davanti a una spaccatura tra Stati, con un nord che vuole condizionare le scelte dei consumatori e che banalizza tutto ciò che è qualità, almeno per come intesa nel Mediterraneo, in una deriva che spinge verso l’omologazione dei cibi. È grave che una proposta come quella in oggetto, di cui si è parlato per più di un anno e che fa parte di un piano di azione più ampio per risollevare il settore, sia stata ritirata a causa di una campagna stampa dai toni esasperati. Le dure posizioni del primo ministro inglese e del primo ministro olandese Rutte, come quelle di altri paesi del nord Europa, nei confronti di questa misura si sono confermati un attacco opportunistico che antepone false priorità (oneri sulla ristorazione e ispezioni) a un tema di grande rilevanza e impatto per un comparto economico centrale come quello agroalimentare.

In Italia, a differenza di altri Paesi, emerge un quadro molto conflittuale, tra i vari soggetti protagonisti della filiera. Come è possibile che non si riesca a unire e armonizzare il comparto olio di oliva? Cosa manca, cosa non è stato fatto? E’ accettabile che in tempi in cui si deve fronteggiare un mercato globale e altamente concorrenziale l’Italia si presenti divisa? Lei trova ragionevole la dicotomia tra olio artigianale e olio industriale? Sappiamo tutti, di fatto, che l’olio, essendo estratto dalle olive, è un prodotto agricolo in senso stretto e la separazione artigianale-industriale è una pura etichetta strumentale.

Diciamo che la difficoltà ad aggregarsi, a fare sistema per conseguire obiettivi comuni ed essere maggiormente competitivi sui mercati è una caratteristica che le imprese italiane hanno sempre un po’ avuto, forse per un poco fondato timore di perdere identità, riconoscibilità. Ma ho tutte le ragioni per credere che si stia cercando di modificare questo modus operandi, questa auto-percezione anacronistica che non ci permette di esprimere al massimo le nostre potenzialità e non ci permette di cogliere le opportunità che un panorama sempre più globale offre al settore agroalimentare. Certamente, ciò dovrà tradursi in nuovi sforzi organizzativi all’interno della filiera. Il patrimonio alimentare europeo, straordinariamente ricco per caratteristiche distintive e territoriali, può essere sfruttato a pieno solo se valorizzato con adeguati interventi organizzativi e strutturali. Le possibilità offerte dall’ampia gamma di produzioni alimentari, che hanno caratteristiche distintive uniche per storia, tradizione, legame col territorio, devono trovare percorsi sempre più efficaci di valorizzazione sui mercati. Oggi, per essere competitivi occorrono modelli organizzativi che hanno bisogno anche di servizi e infrastrutture esterne e di strumenti per superare i limiti dimensionali del sistema impresa. Condizioni, quelle citate, indispensabili e particolarmente strategiche per la competitività del nostro olio d’oliva.

In Italia sta emergendo una corrente di pensiero che individua nell’eccesso di aiuti, che ha alimentato il prodotto olio da olive negli ultimi decenni, la vera perdita di valore dell’olio extra vergine di oliva. Concorda su tale analisi? Il troppo danaro avuto ha drogato il sistema rendendolo inefficace?

Non credo che le risorse destinate, negli ultimi decenni, a un settore così importante per l’economia di molti paesi mediterranei possano essere diventate motivo di danno generalizzato. La politica agricola comune, recentemente riformata, sostiene anche questo comparto, mettendo a sua disposizione non solo risorse economiche, ma anche strumenti di supporto all’organizzazione e alla competitività delle imprese. Giusto un esempio: dal 2015 i nuovi aiuti per l’olio saranno distribuiti e utilizzati secondo il “modello ortofrutticolo” e i programmi triennali saranno gestiti dalle organizzazioni di produttori e dall’interprofessione. Inoltre, così come per i programmi del settore ortofrutta, saranno incluse nuove e più ambiziose attività e obiettivi. Tutte scelte che concorreranno quindi a creare nuove opportunità, non di certo a toglierne. A queste forme di sostegno si affiancano poi quelle per le emergenze, che vanno affrontate di volta in volta, con aiuti mirati volti a fronteggiare i danni arrecati e al ripristino della produzione. Certamente, la fine del sistema dei premi ancorato ai riferimenti storici, inciderà sui livelli di aiuti anche per il settore olivicolo.

L’Italia olivicola continuerà a vivere di emergenze, come dimostra il caso Xylella fastidiosa nel Salento, o riuscirà a pianificare, per quanto sia possibile in agricoltura, il proprio futuro come ogni altro settore dell’economia?

Anche per il settore olivicolo, la pianificazione è uno strumento importante di crescita e di gestione degli inevitabili squilibri di mercato. Ma casi come quello della Xylella fastidiosa nel Salento non possono essere previsti. Si tratta di fenomeni talmente rari (un caso del genere non si era mai verificato) da non poter essere predetti, ma nei confronti dei quali la tempestività di intervento e l’azione comune tra più soggetti istituzionali (Regione, Governo, Unione europea) è fondamentale per limitare i danni e fornire sostegno concreto agli agricoltori colpiti.

Ultima domanda. Perché l’Italia non pianta più olivi, rispetto a Spagna e Grecia? Negli ultimi trent’anni la sensazione é che non si creda più nell’olivicoltura. Senza nuovi impianti di olivi, è come avere un Paese senza più bambini. Si sta rinunciando al futuro?

L’Italia, come detto in precedenza, ha deciso di puntare con decisione sulla qualità più che sulla quantità produttiva. Ciononostante, dopo la Spagna, il nostro Paese (con una forte incidenza della regione Puglia) resta il principale produttore mondiale di olio extra vergine di oliva. Io credo che continuando a spingere sulla leva della qualità e coniugando questo punto di forza con il necessario miglioramento organizzativo e strutturale (anche facendo tesoro delle esperienze provenienti da altri Paesi), potremo aumentare le capacità competitive del settore e contribuire in tal modo alla crescita dell’economia agroalimentare nazionale.

Fin qui la nostra intervista. Ci sembra utile segnalare al lettore che nel corso della conferenza stampa che si era tenuta presso Veronafiere in dicembre, era emerso evidente il ruolo di Fieragricola e Vinitaly nel sostegno all’agricoltura e all’agroalimentare di qualità, le sfide di una declinazione della Politica agricola comune sul versante nazionale, ma anche la necessità di fare sistema per promuovere un comparto come la filiera agroalimentare che vale 250 miliardi di euro e che è talmente apprezzata a livello mondale al punto da essere anche contraffatta su larga scala. Sono stati proprio questi alcuni dei temi presi in considerazione dal Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, in vista delle due manifestazioni fieristiche simbolo del comparto primario: Fieragricola, in programma dal 6 al 9 febbraio 2014, e Vinitaly, in calendario due mesi dopo dal 6 al 9 aprile 2014.

La foto a corredo dell’articolo è di Veronafiere. Si ringrazia per la preziosa collaborazione Monica Sommacampagna.

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