Economia

Cooperare per competere

Il prossimo 22 gennaio ci sarà una tappa importante per il comparto olivicolo e oleario italiano. Forse si smuoverà qualcosa, chissà. Certo è che si riuniranno i tantissimi rappresentanti del settore per fare il punto sulla realtà e trovare vie d'uscita da una crisi portentosa, che è soprattutto strutturale e non certo legata a fenomeni passeggeri o a olivagioni poco fortunate come lo è stata l'ultima

Olio Officina

Cooperare per competere

Non sappiamo se si concluderà qualcosa, dopo l’incontro programmato per giovedi 22 gennaio, o meglio, sappiamo che si concluderà poco o nulla, come è sempre stato, ma è sempre bene sperare. Ciò che manca in Italia, è lo spirito di filiera, seznza tale spirito viene meno tutto. Inoltre da qualche anno a questa parte ci sono lotte intestine spaventose. E’ come immaginare la presenza di un Isis all’interno del settore, pronti a gettare fango e inquinare, anziché portare avanti ragionamenti sereni.

Intanto, a beneficio di chi legge, presentiamo un testo riassuntivo che Giusy Pascucci, che ringraziamo, ci aveva inviato a suo tempo, a proposito di un incontro che se era svolrto lo scorso 16 dicembre e di cui noi ne avevamo ampiamente scritto: QUI.

Questo testo serve come indicazione per uscire dal guado, perché, piaccia o meno, non siamo nelle condizioni migliori per affrontare il futuro. Ecco dunque quanto è emerso dal tavolo di discussione organizzato dal Ceq, il Consorzio dell’extra vergine di qualità a Roma lo scorso dicembre. (Luigi Caricato)

CEQ: COOPERARE PER COMPETERE.

La filiera olivicola ha bisogno di far lavorare insieme l’anima produttiva e quella commerciale.

Salvare l’olivicoltura italiana si può e si deve. Trovare soluzioni moderne compatibili con il mantenimento della qualità del prodotto non è impossibile. Ma serve uno sforzo comune da parte di tutta la filiera per alimentare una fama, che non può più basarsi solo sull’autenticità di una produzione che non ha più i numeri per competere non solo sui mercati internazionali, ma neanche su quello nazionale.
E’ un grido di allarme forte quello lanciato dal Ceq, Consorzio extravergine di Qualità, alla tavola rotonda, moderata dal presidente Elia Fiorillo, al Cnel, a Roma, e alla quale hanno partecipato numerosi rappresentanti di Agrinsieme, della filiera olivicola, produttori, industriali, confezionatori, deputati, rappresentanti delle istituzioni e delle unioni dei consumatori . Su un punto sembra esserci accordo: serve agire, e in fretta, per rendere redditizia la filiera. E cooperare sembra essere l’unica via d’uscita. Le due anime dell’olivicoltura, quella produttiva e quella commerciale, devono smettere di litigare sul mercato nazionale per rafforzarsi su quello internazionale.

D’altra parte i numeri parlano chiaro. Negli anni ‘60 la produzione italiana era pari a 400 mila tonnellate di olio di oliva. Oggi, eccetto la qualità, nulla sembra cambiato con una sola differenza: allora l’Italia rappresentava oltre il 30% del prodotto mondiale, oggi la quota è scesa al di sotto del 15%, nelle annate migliori. 40 anni di aiuti comunitari non si sono tradotti in nuovi impianti e attualmente, il nostro sistema produttivo è costretto a competere con sistemi molto più efficienti, più automatizzati e con ridotto impiego di manodopera, dove un litro di olio extra vergine può costare anche meno di 2 euro contro i 3 euro della Puglia e i 6-8 euro delle Regioni del Centro Nord.

I nostri competitor, inoltre, oltre ad investire negli impianti investono anche in promozione. In spagna ad esempio 8 milioni di euro di denaro privato messo dalle aziende attraverso un prelievo sulla produzione, sono stati utilizzati per fare promozione.

“Siamo qui per discutere tutti insieme nonostante le fratture tra agricoltura e industria di come uscire dall’impasse. Chi non è venuto ha le sue buone ragioni” ha detto Fiorillo. “Ma se è vero che in un mercato globale bisogna essere efficienti per competere, per quanto tempo ancora in futuro riusciremo a convincere i consumatori mondiali che gli oli italiani sono molto più cari perché molto più buoni? Rendere l’olivicoltura nazionale redditizia non può essere fatto esclusivamente difendendo l’autenticità di una produzione insufficiente e spiegando al mondo perché gli oli italiani valgono di più, quando quella differenza di prezzo, là dove riuscissimo a ottenerla, non ci basta per coprire nemmeno i nostri costi di produzione.”

Il Ceq è convinto che serva recuperare e potenziare in maniera il segmento del prodotto “italiano” per creare un volano per gli investimenti in nuovi impianti produttivi, efficienti e capaci di assicurare reddito ai nostri territori. Tuttavia, nell’interesse di tutti gli operatori, è necessario rimettere mano a tutta la categoria degli oli da olive, che non riesce a comunicare valori distintivi comprensibili rispetto alle categorie dei succedanei investendo su chiarezza e trasparenza, prima ancora di promuovere le eccellenze.

Ma soprattutto, secondo il Consorzio, bisogna “Cooperare per competere”. E cioè le due anime dell’olivicoltura, quella produttiva e quella commerciale, devono comprendere che possono mettersi insieme per produrre oli italiani eccellenti e venderli nel mondo come prodotti ad alto valore, per selezionare e importare oli dal mediterraneo e per costruire e proporre blend di diversa origine.

Ed ecco la proposta, presentata al tavolo dei presenti:

Cosa intendiamo proporre alle aziende aderenti al Consorzio:

1. Due identità visive distinte da tutelare, controllare e promuovere che identifichino due categorie di EV:

a. Un linea di prodotti extra vergini riconducibili a un blend, che essendo proposto nel Mondo da aziende italiane, di proprietà italiana e con stabilimenti in Italia, è costituito anche da prodotto italiano di qualità, rispondente a specifiche tecniche di prodotto restrittive e con l’obbligo da parte delle aziende di rispettare regole etiche, di etichettatura e comunicazione e per i quali il Consorzio effettua controlli a campione sui mercati finali;

b. Un blend di oli extra vergini italiani, che rispondono ai requisiti qualitativi previsti dal disciplinare di Alta Qualità e per i quali il Consorzio, in via sperimentale, intende avviare una collaborazione su un accordo pilota in pre-campagna con le OP per la selezione di parte del prodotto;

2. Azioni di promozione mirate costruite in collaborazione con le aziende e le OP per sostenere il progetto di garanzia e tutela condiviso;

3. La disponibilità a finanziare privatamente le iniziative, con una contribuzione legata ai volumi.

Cosa chiediamo alle Istituzioni:

1- Sostenere e incentivare investimenti in nuovi oliveti efficienti e competitivi nelle aree vocate con l’obiettivo di arrivare entro 8-10 anni a soddisfare un fabbisogno minimo di 200 mila tonnellate di EV italiano di alta qualità;

2- Tutelare le due anime della filiera olivicola olearia italiana, quella produttiva e quella commerciale rispondente ai requisiti etici e qualitativi restrittivi;

3- Riconoscere e tutelare la dizione ”Alta Qualità” proposta per differenziare l’olio EV italiano rispondente ai requisiti qualitativi del disciplinare nazionale.

L’illustrazione di apertura è di Valerio Marini

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