Economia

Il Made in Italy in Cina

La Cina attiverà ulteriori 2,2 miliardi di euro, quasi un quinto della nuova crescita delle importazioni di alimentare italiano a livello mondiale, arrivando ad assorbire 6,7 miliardi di importazioni nel 2018 (4. ultima puntata)

Alessia Placchi

Il Made in Italy in Cina

Dopo uno stage professionale alla Camera di Commercio Italiana a Pechino, l’Autrice dello studio continua a mantenere rapporti di collaborazione con l’organizzazione, per cui ha realizzato l’overview della xxx uscita del “Quaderno” dedicato al tema Food e che Olio Officina Magazine pubblica in anteprima a puntate. (4. fine)

POTENZIALITA’ DEL “MADE IN ITALY” ITALIANO IN CINA: SFIDE E OPPORTUNITA’

A fronte di quanto detto, è evidente che l’ingresso nel mercato cinese non è dei più facili e talvolta neppure dei più promettenti, tuttavia la Cina, con il Pil in crescita, nonostante la crisi mondiale, continua a rappresentare un’enorme opportunità per il nostro Paese.

Dal 2011 la Cina è diventata il principale importatore di beni alimentari “Made in Italy”, spodestando la Russia dal primato. Il paese continuerà a sperimentare una crescita elevata dell’import di alimentare, con un aumento di poco inferiore al 50% in sei anni, determinata da crescita dei consumi, aumento dei salari, avanzamento delle politiche di welfare e processo di urbanizzazione.

La Cina attiverà ulteriori 2,2 miliardi di euro, quasi un quinto della nuova crescita delle importazioni di alimentare italiano a livello mondiale, arrivando ad assorbire 6,7 miliardi di importazioni nel 2018 (aumento che porterà il peso del paese sulle importazioni mondiali di beni alimentari “Made in Italy” dal 2,7% del 2012 al 3,4% del 2018).
In termini relativi la sola Cina, quindi, attirerà importazioni superiori a quelle attese per l’intera area del Nord Africa e Medio Oriente (5,8% miliardi di euro nel 2018).

Da questo punto di vista le imprese agroalimentari italiane, che hanno nella qualità il loro punto di forza, non devono avere nulla da temere. I consumatori sono attratti dai prodotti italiani e stanno imparando a riconoscerne il valore, anche al di fuori dei marchi noti e anche quando non si tratta di beni nella fascia più alta del lusso.
Tuttavia i risultati dipenderanno comunque dalla capacità delle nostre imprese di sfruttare tutte le leve per diffondere la cultura e la tradizione alimentare italiana e comunicare i vantaggi che essa offre anche in termini di qualità e contenuti salutistici.
È pertanto necessario, anche a fronte di analoghe iniziative che i nostri concorrenti stranieri stanno adottando, puntare su una maggiore, più efficace e coordinata promozione del “Made in Italy” alimentare in Cina.

E’ chiaro che molte imprese italiane per crescere nei prossimi anni avranno bisogno di espandersi nel Dragone, ma per riuscire è necessario prima di tutto comprendere i cambiamenti economici e sociali che attraversano il paese e che influiscono sulle preferenze di spesa dei consumatori. Altrettanto è fondamentale adottare nuove modalità organizzative e un approccio più strutturato al mercato in termini di comunicazione e commercializzazione, unendo la creatività italiana allo studio dello scenario commerciale per elaborare piani di investimento ambiziosi e lungimiranti.

Per vincere la sfida Cina occorrono quindi alcune capacità cruciali: conoscere l’andamento dei consumi e delle forze che lo alimentano; analizzare il profilo dei consumatori; selezionare il proprio mercato di riferimento; conoscere gli ostacoli commerciali all’ingresso dei propri prodotti; analizzare e individuare gli adeguati canali di accesso al mercato, cioè conoscere il sistema distributivo cinese, a oggi frammentato e dominato da operatori locali.

LEGGI ANCHE

1. L’agroalimentare italiano in Cina

2. Il mercato cinese del food

3. Cina, ostacoli da superare

BIBLIOGRAFIA

Statistiche e dati ICE, Istat.
Scheda Paese Cina – Business Atlas Unioncamere
Report F&B – Camera di Commercio Italiana in Cina
The Food & Beverage Market in China Report – EU SME Centre
Report “esportare la dolce vita” – Centro Studi Confindustria e Prometeia

La foto di apertura è di Luigi Caricato

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