Economia

Il mercato eversivo dell’olio d’oliva

Cosa emerge da quel che si legge sui giornali o si vede e ascolta in tivvù? La ripetizione degli stessi refrain. Ciò che stupisce, è che non vi sia spazio per il contradditorio. E' proprio vero che la lingua può ferire più della spada

Luigino Mazzei

Il mercato eversivo dell’olio d’oliva

L’inchiesta di Paolo Berizzi su Repubblica, ”La mafia dell’olio”, a cui Maurizio Bertini fa riferimento in “La madre di tutte le truffe“, merita ancora oggi una giusta replica, per il cumulo di inesattezze, per la mediocrità della ricerca, per l’irresponsabilità nel non aver verificato dati e numeri, ma soprattutto per non aver dato spazio a un giusto contradditorio.

Premetto che il comportamento disonesto vale in ugual modo per tutti: per chi spaccia l’olio d’importazione come olio italiano, e per chi vende la carta come “carico” di olio italiano che non esiste.

Ciò detto, mi domando: per un consumatore non addetto ai lavori, o, peggio, per un buyer di una qualsiasi catena di distribuzione Italiana o straniera che sia, che idea si sarà fatto della nostra imprenditoria olearia nell’apprendere che acquista olio dalla Tunisia a 20-30 centesimi al chilo, o dalla Spagna a 50 centesimi… e che lo rivende a un valore 5-6 volte superiore come italiano?
Tutti banditi…è ovvio!

Mi sarei aspettato – data la rispettabilità della testata, il quotidiano “la Repubblica” – una rettifica, o quantomeno, l’aver dato l’opportunità di un minimo di contradditorio. Purtroppo non è stato così. Lo dico perchè nella trasmissione “Speciale TG1”, puntata dedicata tra l’altro anche all’olio d’oliva, in data 3 dicembre 2013, è saltata fuori – a distanza di due anni dall’inchiesta di “Repubblica” – la storia dei 20 centesimi al Kg. Tra l’altro, la giornalista in questione, riprende tale cifra proprio nella sede di un ufficio doganale, dove sarebbe stato facile per lei verificare quanto stesse dicendo, dal momento che l’olio importato da Paesi Terzi, come appunto la Tunisia, è sotto controllo delle Dogane. Ciò vuol dire che è passata la linea dei 20 Cents/Kg, come se fosse ormai una cosa scontata e risaputa, tanto che, in tempi di vacche magre, hanno convinto anche me. E’ proprio vero che ferisce più la lingua che la spada!

Bene, direttore Caricato, lei che è uomo di mondo e conoscerà senz’altro questi suoi “colleghi”: ma non c’è modo di contattarli?
Sarei seriamente interessato a riversare un congruo investimento sull’acquisto di olio d’oliva extra vergine dalla Tunisia o di Andalusia, ma, le dico di più, mi andrebbe bene, allo stesso prezzo, anche se fosse lampante!

Sicuramente questi giornalisti, che hanno mostrato grande scrupolo nel tratteggiare un mercato dell’olio d’oliva “eversivo”, e comunque “fantasioso”, porebbero essere di grande aiuto come procacciatori d’affari e sarei disposto a riconoscergli il pari valore (cent 20/Kg o cents 50/Kg ) per il loro disturbo, a titolo di provvigioni.

P.S. Come ho scritto nel commento alla lettera di Bertini, anch’io a suo tempo avevo scritto al dottor Berizzi, ma non ho mai ricevuto risposta! Chissà, caso mai fosse incentivato dalla mia offerta!

NOTA DI LUIGI CARICATO. In verità, caro Mazzei, non esistendo un giornalismo agroalimentare nell’ambito delle redazioni dei giornali generalisti, accade di tutto ormai in Italia. Faccio un esempio di senso contrario: ogni giornale ha un proprio vaticanista; nessuno si perita di occuparsi, senza conoscere la materia di cui tratta, di temi di cui ignora complessità e dinamiche. Non si capisce come mai, con temi riguardanti l’agricoltura e l’alimentazione, tutti si sentano in dovere di occuparsene, incuranti peraltro di effettuare le dovute verifiche. Le gravi inesattezze ingenerano equivoci e distorsioni. Spero soltanto che tale giornalismo sia frutto di un’ardita inconsapevolezza. Per lo meno, spero non si tratti di disinformazione ben orchestrata. Ci vorrebbe in fondo un po’ di umiltà e rispetto, dando voce a chi può fornire altre versioni. In Italia manca tuttavia questa sensibilità.

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