Economia

Il Vinitaly al tempo del Coronavirus

Anche per quest’anno quasi ci siamo. Dal 19 al 22 aprile Verona tornerà ad essere la capitale del vino, ospitando la cinquantaquattresima edizione di Vinitaly, il salone del vino che, lo scorso anno, fece registrare la presenza di 4.692 espositori in oltre 100 mila mq netti e 33 mila buyer esteri

Felice Modica

Il Vinitaly al tempo del Coronavirus

Le maggiori aspettative per le aziende, riguardo la fiera specializzata più importante del mondo, concernono proprio gli incontri con gli importatori, essendo sovente l’Estero, la più importante valvola di sfogo per l’asfittica economia agricola italiana. Ciò è valido specie per quella larga fascia costituita da piccoli produttori, che non possono permettersi l’organizzazione di una capillare distribuzione nazionale e per cui il problema della riscossione dei crediti, nel nostro meraviglioso Paese, assume connotazioni drammatiche.

Vinitaly, oggi come ieri, è l’occasione per conoscere l’Europa e il mondo, nonché le usanze, assai più commendevoli di quelle di casa nostra, in voga a tutte le latitudini.

Ti piacciono i miei vini? Li ha degustati, ne hai valutato il rapporto qualità/prezzo, ritieni di poterli commercializzare nel tuo Paese? Sia esso Svizzera, Germania, Stati Uniti, Giappone o Australia? Mi fai l’ordine, paghi in anticipo il prodotto e il trasporto, e siamo tutti felici. Sembra un sogno, per chi quotidianamente ha da fare con la ristorazione nazionale e i suoi tempi biblici di pagamento. Anche per questo, l’internazionalizzazione serve a crescere, a uscire, letteralmente, da una dimensione provinciale e mortifera.

Ovviamente, una grande fiera come Vinitaly, un vero evento che coinvolge non solo la città di Verona, ma l’intero mondo del vino, risente delle congiunture internazionali, di ciò che avviene sulla scena globale.

Se, negli anni precedenti, la massima attenzione è stata centrata sulla sicurezza (con controlli e servizio d’ordine particolarmente accurati), oggi, senza trascurare questo aspetto (purtroppo una preoccupazione costante dei tempi moderni), tutti ci aspettiamo di vedere quali effetti sortirà sui mercati asiatici l’attuale pandemia di coronavirus.

Tutto il mondo, infatti – e certo anche il mondo del vino – vede nella Cina un mercato straordinario e, più in generale e in prospettiva, anche il nuovo impero che ha vinto.

Un Vinitaly senza buyer cinesi sarebbe monco, deprivato di una componente di primissimo piano. Come un’Olimpiade senza la Cina, o gli Stati Uniti, o la Russia. Certo, si può fare (la si è fatta e, forse, la si farà ancora), ma è sempre qualcosa di riuscito a metà.

Per fortuna, da qui ad aprile, i dati epidemiologici avranno il tempo di stabilizzarsi e la razionalità potrà auspicabilmente prevalere sull’emotività.

Con intelligenza strategica, la fiera conferma il suo calendario di eventi post-veronesi, dando appuntamento a tutti a novembre a Shenzen, con Wine to Asia, piattaforma Veronafiere-Vinitaly per promuovere il nostro vino in Cina.

L’esperienza ci insegna che, cessato l’allarme di una pandemia, la ripresa dei mercati – specie di mercati formidabili come quelli cinesi – è addirittura impetuosa. Speriamo di essere lì al momento giusto e di trasformare l’odierna contingenza in una “provvida sventura”.

La foto di apertura è una foto di Vinitaly

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