Economia

Italia-Spagna, il confronto

Ogni confronto tra i due Paesi è inevitabile. Gli spagnoli dimostrano una minor abitudine a “piangersi addosso”. C’è una maggiore attitudine a rimboccarsi le maniche. E noi? Quel che è stato è stato. Sarebbe auspicabile una collaborazione tra i due paesi più importanti per il settore dell’olio da olive. La “guerra” storica non ha portato a un vantaggio di settore. Chiudiamo la nostra inchiesta con il parere dell’oleologo Lorenzo Cerretani

Luigi Caricato

Italia-Spagna, il confronto

Tutta la verità, soltanto la verità. Italia-Sagna olivicola e olearia, il confronto.

Ne abbiamo parlato nelle precedenti puntate con:

Mauro Meloni: Una strategia comune per l’olio.

Massimo Occhinegro: Rimettersi in gioco

Francesco Visioli: Gli spettacolari oli spagnoli

Elia Fiorillo: Spagna olearia vs Italia olearia

Giovanni Zucchi: Italia-Spagna? C’è molto da fare

E ora è la volta di Lorenzo Cerretani, due dottorati di ricerca, il primo in Scienze degli Alimenti, e il secondo in Ingegneria Agraria. Oleologo e capo panel, nonché autore di numerose pubblicazioni scientifiche, tanto da risultare nelle diverse banche dati il più prolifico ricercatore Italiano per il settore degli oli d’oliva. Autore e co-autore anche di alcuni libri, tra cui, per Edagricole, I minifrantoi. Guida pratica alla produzione di oli extravergini di oliva.

INTERVISTA A LORENZO CERRETANI

Per lavoro hai avuto modo di conoscere molto bene la Spagna olearia…

Sì, è vero. Nel corso della mia attività di ricerca scientifica in ambito elaiotecnico e della chimica analitica collegata al settore dell’olio extra vergine di oliva ho avuto modo molto spesso di far visita ai nostri cugini spagnoli. Debbo aggiungere di aver anche vissuto in Spagna in diversi momenti, per alcuni mesi, e non posso che menzionare fin da subito l’estrema accoglienza dei colleghi spagnoli e, più in generale, del popolo spagnolo.

Sono davvero molto bravi gli spagnoli…

Limitandomi alle mie esperienze, posso dire che gli spagnoli sono molto bravi nell’intraprendere nuove strade, nella capacità di fare tabula rasa di fronte alle innovazioni. Sono bravi anche nell’arrivare al risultato. E poi, più in generale, trovo che siano un popolo pieno di entusiasmo per quello che fanno.

Hanno carattere…

Ho visto in generale una minor abitudine al “piangersi addosso”. Ho visto una maggiore attitudine al rimboccarsi le maniche, ed esprimono meno critiche verso tutto e tutti.

Il contrario degli italiani…

Credo che i giovani spagnoli non abbiano buttato la spugna…

Una critica però dobbiamo trovarla…

Non trovo punti da criticare, se non l’approccio “latino” che ci accomuna, che ha molti punti di forza ma anche di debolezza.

Passiamo all’olio, ora. Come si può giudicare l’olio spagnolo? Mi riferisco a un punto di vista più strettamente qualitativo…

Ho assaggiato tanti oli in Spagna, ma anche tanti oli spagnoli all’estero, oli acquistati sul mercato, così come, in qualità di giudice, tutti gli oli partecipanti ai concorsi oleari. Mi sento di dire con estrema trasparenza che in Spagna ci sono oli di alta qualità al pari di quelli che si trovano in Italia o in Grecia o in Cile o in Sud Africa o in Australia.

E tuttavia… Sembra di capire che c’è un tuttavia…

C’è da dire che tra gli oli spagnoli normalmente acquistabili in commercio sia quasi impossibile trovare prodotti di eccellenza, a differenza di quanto avviene per gli oli prodotti o provenienti da altri paesi. Credo pertanto che se si considera 100 la quantità degli oli prodotti in Spagna, quelli che sono caratterizzati, o mostrano caratteristiche uniche, di eccellenza, siano meno dell’1%.

La voce che gli oli spagnoli siano un prodotto di massa, dal basso prezzo corrisponde al vero, dunque…

C’è del vero e c’è del falso. C’è del vero perché la “pancia del mercato” è rappresentata da oli di massa, da oli che per caratteristiche intrinseche -cultivar, epoca di raccolta o modalità di conservazione del prodotto raccolto – nonché per modalità di trasformazione, non possono avere caratteristiche sensoriali di eccellenza. Basti considerare che in Spagna è sufficiente contare 7, 8 cultivar, per superare il 95% dell’olio prodotto in Italia. Il confronto tra i due Paesi nasce come sempre in automatico.

Poi ci sono i concorsi internazionali, dove gli spagnoli sono i protagonisti della scena: vincono tantissimo, non lo si può negare…

Gli oli spagnoli che vincono i concorsi arrivano per lo più dalle stesse aree, e sono prodotti dagli stessi produttori/frantoi. Questi oli hanno costi ben diversi da quelli che entrano nei vari blend che costituiscono il mondo degli oli di primo prezzo o dei 3×2.

E poi c’è la culivar Picual. Per molti italiani viene associata ai sentori di pipì di gatto. Questa per lo meno è l’accusa più ricorrente. Quanta verità e quanto pregiudizio c’è in questa opinione così severa?

La mia opinione è che sia un pregiudizio. Si tratta di un pregiudizio perché posso affermare con certezza di aver assaggiato oli prodotti a partire da olive della varietà Picual che non presentano sentori di pipì di gatto, così come altri oli monovarietali prodotti da altre cultivar che presentavano sentore di pipì di gatto.

La differenza la fa sempre chi lavora e come lavora…

Già, la morale della favola, a mio modesto parere, è che il sentore di pipì di gatto sia originato da processi fermentativi, anche se può essere condizionato a volte dalle caratteristiche delle diverse varietà.

Come si è giunti a questo pregiudizio?

Credo che aver riconosciuto tale sentore come sentore varietale sia stata una soluzione politica a un problema tecnico. Si è trattato di una soluzione che ha determinato soltanto confusione nel mondo degli assaggiatori. Il caso estremo, e più significativo, che ricordo, risale al 2009, quando una amica e collega capo panel in Slovenia mi aveva mostrato i risultati di un olio in commercio venduto come extra vergine e che a seguito dell’analisi sensoriale del suo panel era diventato vergine. Pertanto, per revisione lo aveva inviato in Italia e in Spagna, da cui aveva ottenuto due risposte opposte: lampante, nel primo caso; ed extra vergine nel secondo caso…

Ed ecco l’appellativo ricorrente di pipì di gatto…

Sì, c’è da osservare che il sentore di pipì di gatto ha giocato un ruolo importante. Sempre per parlare di pipì di gatto, ricordo quando, assaggiando in un panel ufficiale spagnolo, gran parte dei colleghi non gradivano gli oli con tale sentore. Negli ultimi anni la presenza del sentore di pipì di gatto è diminuito negli oli commerciali. Ci sarà un perché.

Entriamo nel dettaglio di ogni ambito operativo. Sul fronte strettamente olivicolo, chi vince tra Italia e Spagna?

Non c’è partita. Vince la Spagna.

Perché?

La Spagna ha attuato un numero di piani olivicoli impensabili per la staticità del mondo agricolo Italiano.

Solo per questo?

La Spagna ha sperimentato, e ha applicato, nuovi modelli.

La Spagna…

Ha reso il sistema olivicolo più moderno.

Abbiamo detto tutto. Non ci sono dubbi al riguardo. Sul fronte della organizzazione del lavoro negli oleifici, invece, chi vince la partita?

Diciamo che il confronto su questo fronte è difficile.

Perché?

É difficile confrontare un sistema hobbistico/artigianale con uno industriale. Nel confronto sul tema della qualità il primo è chiaramente avvantaggiato e più vincente, nel confronto con l’incidenza dei costi il secondo è chiaramente nettamente vincente.

Chi vince invece sul fronte delle raffinerie e dei sansifici?

È la Spagna a essere vincente. I grandi numeri permettono di migliorare le performance produttive.

Mentre, sul piano commerciale, relativamente agli oli sfusi?

Il mercato dello sfuso è praticamente in mano alla Spagna, fatta salva qualche eccezione Italiana.

E sul fronte del commercio del prodotto confezionato?

L’Italia è stata sempre vincente, su questo ambito. Poi c’è da capire se con Italia si intendono i marchi Italiani – passati in gran numero in proprietà di aziende extra italiane – o se indichiamo soltanto i confezionatori con proprietà Italiana.

C’è un aspetto che viene molto trascurato. Non c’è solo la qualità del prodotto. Esiste anche una qualità dei consumi. Ecco, chi vince sul fronte della qualità dei consumi? Ed esattamente, dove si consuma l’olio con maggiore consapevolezza della qualità?

L’italiano da questo punto di vista è vincente sul piano dei consumi. C’è una maggiore consapevolezza da parte del consumatore. In Spagna è ancora possibile acquistare olio vergine di oliva confezionato.

Passiamo alla ristorazione. Tra i due Paesi chi si muove meglio nel rispetto della materia prima olio da olive?

Su questo fronte è una dura battaglia.

È una battaglia persa in partenza…

Occorre premettere che nella ristorazione professionale esistono diverse tipologie, tanto in Italia quanto in Spagna. La ristorazione collettiva, di massa, guarda ovunque ai costi finali del prodotto servito al cliente, e quindi, al di là del prevedere l’uso dell’extra vergine, questa tipologia di ristorazione non è particolarmente attenta alla qualità.
Gli chef più attenti optano invece per l’utilizzo di oli che abbiano caratteristiche di pregio. Gli chef più attenti, o addirittura quelli stellati, sono i primi a consultare guide e ad affidarsi ai risultati dei concorsi.
In Italia è più facile trovare oli di pregio, anche in piccole osterie o nei ristoranti, mentre è raro trovare questo tipo di attenzione nelle pizzerie.
In Spagna è necessario salire di livello per incontrare questa medesima attenzione.

Passiamo a una questione delicata: le pubbliche istituzioni. Tra quelle spagnole e quelle italiane, chi ha dimostrato di tenere maggiormente a cuore il proprio comparto olivicolo e oleario?

Credo che le istituzioni di entrambi i paesi abbiano dimostrato attenzione per il settore. In alcuni episodi l’attenzione in Italia è diventata quasi eccessiva.

Il mondo della ricerca, invece? Cosa emerge dal confronto tra Spagna e Italia?

La Spagna e l’Italia sono le nazioni che più hanno svolto e svolgono ricerca scientifica sull’olio da olive. Per dare qualche numero complessivo: dalla consultazione del database degli articoli scientifici Scopus sono risultati 1155 gli articoli pubblicati tra 2007 e 2016 da ricercatori spagnoli, con le parole chiave “olive oil” nel titolo, mentre sono stati 975 per gli italiani e 240 per i greci.
La parola “extra virgin olive oil” ha portato invece a rilevare 282 lavori italiani e 163 spagnoli.

E tra i media spagnoli e italiani? Non solo quelli specialistici e di settore, mi riferisco pure a quelli generalisti. Chi vince questo confronto?

I media mostrano attenzione in entrambi i paesi. I media specialistici italiani hanno sempre fatto scuola. I media generalisti sono molto attenti in entrambi i paesi, allo stesso livello.

E pensabile l’idea di una collaborazione tra i due Paesi? O si continuerà a essere concorrenti impegnati nel conquistare i mercati muovendosi gli uni contro gli altri?

Sarebbe auspicabile una collaborazione tra i due paesi più importanti per il settore dell’olio d’oliva. La “guerra” storica non ha portato a un vantaggio di settore. Penso sia poco utile pensare soltanto a politiche locali, in quanto il mercato di riferimento a cui pensare non è quello nazionale ed europeo, ma quello mondiale. La Spagna e l’Italia, ma più in generale l’Europa, rappresentano la produzione mondiale dell’olio d’oliva. Pertanto, una politica comune rivolta al resto del mondo potrebbe avvantaggiare entrambi i paesi.
Le lotte tra i due paesi non avvantaggiano nessuno.

La foto di apertura è di Lorenzo Cerretani e riprende un momento della raccolta delle olive in Spagna

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