Economia

L’olio deve guadagnare spazi alternativi per uscire dalla morsa della promozione

Il tema del sottocosto è drammatico, ma inevitabile. Esiste, non si può debellare. C’è un sistema difficile da scalfire, di cui tutti sono vittime, anche le stesse catene distributive, in forte concorrenza fra loro. Eppure, le vie d’uscita ci sono. Interessare gli uomini all’acquisto degli extra vergini, per esempio. Oppure trasformare le enoteche in oleoteche. La conoscenza del prodotto – ammette nella sua dettagliata analisi l’esperto di marketing Massimo Occhinegro – fa sempre la differenza

Olio Officina

L’olio deve guadagnare spazi alternativi per uscire dalla morsa della promozione

La scorsa settimana abbiamo preso in considerazione le preziose riflessioni del direttore generale di Assitol Andrea Carrassi. Dal successo di quell’articolo, che potete leggere cliccando QUI si evince che il problema è piuttosto serio, ma che per affrontarlo occorre agire con la massima concentrazione e prudenza, senza creare conflitti, ma aprendo a strade interpretative nuove.

A Olio Officina Festival 2020, dove venerdì 7 febbraio si è svolto il focus di approfondimento sulla piaga del sottocosto che affligge gli extra vergini, è intervenuto anche Massimo Occhinegro, noto e stimato esperto di marketing che conosce molto bene le dinamiche di mercato con uno sguardo aperto alla internazionalizzazione.

Da lui c’è sempre da attendersi qualche strada alternativa, ed esempi che fanno ben riflettere su come sia possibile raggiungere non la soluzione del problema, ma passare all’individuazione di una soluzione alternativa che in qualche modo riduca le enormi difficoltà di mercato dovute a strategie commerciali suicide per il prodotto olio extra vergine di oliva. Ci sono sempre possibili vie d’uscita, basta crederci, individuarle e sostenerle con investimenti in marketing e comunicazione.

Massimo Occhinegro

Massimo Occhinegro

Ho un ricordo vivo, di 35 anni fa, studente all’Università Bocconi, quando si parlava di potere della distribuzione nei confronti della forza dell’industria. Si diceva, allora, che la forza era nella distribuzione, e, di conseguenza, il potere era tutto del mondo distributivo. Sto parlando di 35 anni fa, segno che non è cambiato nulla.

Le soluzioni per uscire da questo potere in realtà ci sono. Affinché un prodotto venga accettato dal mercato e catturi l’attenzione del consumatore verso un prodotto di alta qualità, ci vuole un forte investimento in comunicazione e in marketing, per cercare di far capire al consumatore qual è il prodotto che vale.

La distribuzione fa valere il proprio potere. A tal riguardo, mi viene però in mente la recente legge che porta, nel mercato dei libri, lo sconto a un tetto massimo del 5% sul prezzo di copertina. Ora, immaginiamo che una simile soluzione venisse fatta per l’olio. Sarebbe divertente.

Ecco, a parte queste situazioni, va detto che la comunicazione è fondamentale, ma occorre anche cambiare le regole del gioco. Io lo dico e lo sostengo da sempre: bisogna mettere in atto, in pratica, una serie di iniziative. Faccio un esempio. Sono stato di recente a Pechino, dove si è parlato del potere dell’online e dell’offline. L’online vale tanto. Siamo infatti arrivati al 40% ed è oltretutto in forte in crescita. Ebbene, noi con l’online in Italia cosa facciamo? Andiamo sull’offline, ma l’offline sui mercati è fermo e non facciamo niente per smuoverlo. Si fa veramente poco e siamo comunque indietro. L’online invece rappresenta una possibilità, un canale nuovo per dare valore all’olio extra vergine di oliva, uno spazio concreto, seppure virtuale, per comunicare e dare valore a un prodotto. Noi invece siamo al palo. Per forza, esiste il problema del sottocosto, perché non si conosce il prodotto e non gli si attribuisce il giusto valore.

La distribuzione fa valere il proprio potere, ma per ogni problema esiste una soluzione

Altro aspetto da non sottovalutare sono le enoteche. Lo dico sempre: hanno portato in auge il vino. Prima non c’erano. C’erano i primi negozi di oli e vini, poi in seguito solo le enoteche, le quali a un certo punto hanno accolto anche l’olio, seppure a fatica, senza grande convinzione. Poi l’olio se ne è andato per conto suo ed è entrato nei supermercati. Il vino, per contro, è andato avanti con le enoteche. Se uno deve andare a comprare un vino eccellente non va al supermercato. Ed è l’uomo che normalmente va a comprare il vino nelle enoteche, mentre difficilmente va al supermercato. La donna, la massaia [che brutto termine; un pessimo termine, ma esiste anche il massaio, io per esempio sono un massaio] quando è al supermercato compra il vino da tavola, quello da usare in cucina. Invece il vino di un certo livello lo compra l’uomo, perché ne apprezza i sapori: è buongustaio. Non so spiegarmene la ragione ma è così, il mercato offre questo scenario.

Ecco allora la necessità di una svolta. Occorre cambiare le regole. Pertanto, se vogliamo dare valore agli extra vergini, devono essere attuate una serie di iniziative. Per esempio, una: cambiare volto alle enoteche, facendole tornare a essere enoteche e olioteche insieme. Come erano un tempo. Ce ne sono d’altra parte molte di enoteche. Sono un po’ come gli uffici postali in Italia. In ogni luogo c’è un ufficio postale. Lo stesso è avvenuto con gli istituti bancari. È quel che io immagino si possa fare con le enoteche, sfruttando questa capillarità di presenza sui territori. Certo, sia chiaro: non si sta parlando di grandi volumi, ma si parla in termini di presenza culturale e di investimento in valore, cercando di educare l’enotecario. Sì, perché è proprio chi vende a dover essere formato, proprio allo scopo di far comprendere le caratteristiche positive dell’olio etc. A quel punto, acquisita questa consapevolezza del prodotto, è possibile poter poi spiegare l’olio, magari attraverso un assaggio, al cliente. Trasformando le enoteche in olioteche, come era già in passato, tornando alla presenza dei vini e degli oli, si può recuperare il valore perduto e ripartire in una ottica nuova.

Il sottocosto fa purtroppo parte del mercato, non possiamo farci niente. Tra l’altro sappiamo che l’olio lo si acquista per l’80% dei casi proprio quando è in promozione; e promozione, in ogni caso, non significa sempre sottocosto, perché il costo della materia prima in Europa è diverso da Paese a Paese. Se è la Spagna a produrre, o il Portogallo, o chi per essi, il Marocco, o altri Paesi, ebbene, si produce, a differenza dell’Italia, a costi molto, molto bassi. Se si vende un olio europeo purtroppo la concorrenza si fa sentire, ed è prima di tutto una concorrenza tra catene di supermercati, una concorrenza orizzontale, per cui se la Lidl ha al suo fianco la Aldi e la Lidl vende l’extra vergine a due euro, la Aldi a sua volta lo deve vendere per forza a 1,90 euro. Quindi c’è anche una guerra molto complessa da cui non si riesce a uscirne con facilità. Per cui, se si intende cambiare modalità ed essere vincenti sul mercato senza subire il sottocosto, occorre tornare come dice il Ceq da tempo a investire in cultura. Perché siamo qui a Olio Officina Festival oggi? Siamo qui per parlare di cultura, per cercare di dare valore all’olio, ma per far questo bisogna operare. Senza alcuna discriminazione, beninteso: il target non deve essere solo la donna, ma l’uomo, per esempio. Un passo importante è anche cambiare e trasformare le enoteche in olioteche.

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La foto di apertura è di Olio Officina. Quella interna è di Gianfranco Maggio Olio Officina

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