Economia

Nasce l’olio di Puglia Igp

Alla fine il risultato c’è. Sulle pagine della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 30 luglio 2019, è stata pubblicata la domanda di registrazione dell’olio extra vergine di oliva con denominazione “Olio di Puglia”. Si riconosce pertanto l’idea lanciata da Massimo Occhinegro nel 2003, con il paziente lavoro del Comitato di cui lui stesso è presidente e portavoce. Gioiscono tutti, anche se l’attestazione di origine è nata tra le polemiche, con due Comitati promotori in carica e l’incertezza per l'incapacità di investire sul futuro

Luigi Caricato

Nasce l’olio di Puglia Igp

Alla fine l’obiettivo è stato raggiunto e tutti possono esultare, seppure con moderazione, visto che la Xylella fastidiosa sta devastando l’oliveto pugliese più per negligenza che per gli effetti pur devastanti del batterio. La pubblicazione della domanda di registrazione dell’olio extra vergine di oliva con denominazione “Olio di Puglia” Igp sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 30 luglio 2019, la numero C 256, è cosa fatta, ma ora resta da capire quanti credono nell’olivicoltura investendo in nuovi oliveti e in sistemi di allevamento efficaci e moderni, tali da abbattere i costi di produzione senza rinunciare alla qualità.

Tale pubblicazione sancisce un passaggio importante. Perché, a norma dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, la domanda di registrazione ora compare ufficialmente nel settore oli da olive vergini con la denominazione “Olio di Puglia”.

È un passaggio importante, perché nel 2003 il Comitato promotore, nato sotto l’impulso di Massimo Occhinegro, e all’epoca appoggiato dall’assessore all’agricoltura della Regione Puglia Nicola Marmo, ha segnato un felice esordio verso il lungo e laborioso cammino verso l’agognata Igp. L’idea è risultata vincente in partenza. Peccato che sia passato tanto tempo.

La parte ora più complessa è la gestione della Igp, occorre fare in modo che non si scivoli negli errori delle Dop pugliesi, poco vincenti sul mercato. In questo caso si auspica un approccio diverso, con soggetti in grado di gestire il mercato, il marketing, la comunicazione. Perché il problema non è il prodotto e la sua qualità, ma la capacità di venderlo e renderlo una necessità da parte del consumatore.

Ora, a parte queste riflessioni, riportiamo alcuni tra gli aspetti essenziali del documento pubblicato.

IL CHI È DELL’OLIO DI PUGLIA

All’olfatto si caratterizza per un netto fruttato di oliva di intensità variabile con evidenti note vegetali di erba appena sfalciata e/o foglia, mandorla fresca e/o carciofo.

Al gusto si esprime con sentori vegetali, note di amaro e piccante di intensità variabile a cui possono associarsi note di mandorla verde e/o cardo, con un retrogusto di erba, carciofo, altri ortaggi e leggeri sentori di mandorla fresca.

All’atto della certificazione l’olio extra vergine di oliva a Indicazione Geografica Protetta «Olio di Puglia» deve rispondere ai parametri specifici di seguito indicati.

I parametri qualitativi riportati, oltre a quelli non espressamente citati nel documento, sono in ogni caso conformi alla vigente nor­mativa Ue per gli oli extravergini di oliva. Mentre, per i valori della acidità e numero di perossidi sono consentite tolleranze del 20%.

LE CULTIVAR DELL’OLIO DI PUGLIA

L’Indicazione Geografica Protetta «Olio di Puglia» è riservata all’olio extra vergine di oliva ottenuto da olive prove­nienti da cultivar nazionali a prevalente diffusione regionale: Cellina di Nardò, Cima di Bitonto (o Ogliarola Barese, o Ogliarola Garganica), Cima di Melfi, Frantoio, Ogliarola salentina (o Cima di Mola), Coratina, Favolosa (o Fs-17), Leccino, Peranzana, presenti negli oliveti da sole o congiuntamente, in misura non inferiore al 70%. Possono, inoltre, concorrere altre varietà, fino ad un massimo del 30%.

IL LATO NEGATIVO MESSO IN EVIDENZA

La Puglia – si legge nel documento – è afflitta dal problema delle innumerevoli sofisticazioni e truffe: il rapporto “Frantoio Italia 2018” della Repressione Frodi, Organo di controllo del Mipaaft mette in evidenza che il 50% delle stesse avverrebbe a danno dell’olio di Puglia, famoso non solo per la sua eccellente qualità ma purtroppo anche per le numerose inchieste giudiziarie su falso olio pugliese (nel solo 2012 la Guardia di Finanza di Siena ha sequestrato 7 722 tonnellate di falso olio sfuso di Puglia).

Ora, chi mi conosce sa quanto sono sensibile su certi temi, poco incline a enfatizzare l’argomento frodi, truffe e addirittura sofisticazioni, che è parola grossa, terribile, da utilizzare con la massima prudenza. Sono anche piuttosto sensibile sui modi con i quali gestire tali argomentazioni. Insomma, tanto per intenderci, per farla breve, coloro che hanno redatto il documento riportato in Gazzetta ufficiale hanno commesso un grande errore. Aver messo in luce le ombre a chi può giovare? Ammesso che questo citato rapporto della Repressione frodi sia vero, perché allora metterlo così tanto in evidenza? Perché rendere noto a tutti il quadro di un settore infelice, senza controllo, fallimentare, dove si dimostra di fatto l’inadeguatezza dei controlli, l’incapacità di osservare le regole, al punto da richiedere tante inchieste giudiziarie? Accendere i fari su una problematica anziché sui meriti di un settore virtuoso, oltre che sulle qualità e peculiarità degli extra vergini pugliesi lo trovo un errore discutibile. Questa nota stonata, sembra quasi il tentativo goffo di giustificare il fallimento delle politiche di mercato, marketing e comunicazione. A ben riflettere, si tratta, con ogni probabilità, dell’unico disciplinare di produzione in cui si mette sulla pubblica piazza una negatività, rendendola in questo modo pubblica, e ammettendo di fatto l’esistenza di gravi lati oscuri che certamente una Igp non può certo essere in grado di risolvere – sempre ammesso che il rapporto citato sia davvero credibile e non invece il frutto di una visione distorta ed esagerata della realtà. In ogni caso, ciascuno è libero di agire come meglio crede, le mie valutazioni vogliono essere un richiamo alla prudenza. La comunicazione è sempre un rischio, si può essere sempre fraintesi.

Esiste poi un passaggio alquanto discutibile, perché di fatto ammette la vulnerabilità dell’olio pugliese, poco adatto, secondo quanto si scrive, di reggere i lunghi spostamenti, ritenendolo più “fragile” di altri oli extra vergini, visto che in nessun disciplinare di produzione indicazione di rischio al riguardo, segno evidente che gli altri oli sono più adatti a spostamenti in autocisterna, come si legge nel seguente passaggio:

Il tempo di permanenza del prodotto in autocisterna durante il trasporto lo espone a temperature superiori a quelle delle sale di stoccaggio ed è tanto più grande quanto maggiore è il tempo di trasporto e di sollecitazione meccanica indotta (vibrazioni). Per contenere i rischi di precoce decadimento delle caratteristiche chimi­che e organolettiche del prodotto è necessario, per le lunghe percorrenze, confinare il prodotto in confezioni definitive di più piccola taglia, mediante l’imbottigliamento.

L’etichetta dovrà riportare il simbolo europeo della Igp e il logo della Igp «Olio di Puglia».

In etichetta è obbligatorio indicare la campagna di raccolta, sotto forma del mese e anno della raccolta con mese corrispondente a quello dell’estrazione dell’olio dalle olive, il lotto e la data di confezionamento. Inoltre, è obbliga­ torio indicare il termine massimo di conservazione che non potrà essere superiore ai 20 mesi dalla data di confe­zionamento. È consentito il riferimento all’olio ottenuto col metodo della produzione biologica.

IL TESTO INTEGRALE LO SI PUÒ SCARICARE CLICCANDO QUI

Ora, voglio solo brindare e non pensare ad altro. Ciò che più mi ha amareggiato in questo lungo percorso verso il riconoscimento dell’olio di Puglia Igp è stata la mancata condivisione di un progetto comune. Se non si procede insieme, non è mai un buon segnale. I risultati, come sempre, non premieranno mai un territorio e le imprese che vi lavorano se non vi è una adesione fotte e condivisa da tutti i soggetti. Le diatribe che ci sono state in questi anni non sono state utili alla buona causa.

Ritengo che occorra sempre valorizzare le reali potenzialità commerciali dell’olio pugliese, non deprimerle. Per una reale valorizzazione tutte le forze in campo dovevano essere considerate. le fratture non servono, non giovano al territorio.

Per ora comunque godiamoci il risultato. A giudicare come sempre sarà il futuro. Resta il fatto che il fallimento delle Dop degli oli pugliesi non si possa risolvere adottando una Igp. La perdita di valore del prodotto del territorio non può essere risanata da uno strumento come l’attestazione di origine. Senza una visione, resta solo un strumento inefficace, buono solo per giustificare presidenze e direzioni di consorzi, non certo per lanciare e valorizzare l’olio pugliese come egregiamente sono riuscite a fare da sole le singole imprese, senza alcun appoggio esterno e nonostante le zavorre burocratiche.

Sarà in grado, la Puglia olearia, di riprendere quel valore perduto dei propri oli per manifesta incapacità?

Scusatemi la franchezza, ma dobbiamo pur riflettere sui tanti errori commessi nel passato per non farne di nuovi nel presente, andando incontro al futuro senza una progettualità. L’attestazione di origine è uno strumento utile e fondamentale, ma occorrono le giuste figure per renderlo concretamente efficace.

La foto di apertura (olio in sommovimento) è di Olio Officina

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