Economia

Notizie di olio e olive dal mondo

Al centro dell’attenzione le stime produttive, con una notizia positiva: secondo il Coi i consumi mondiali d’olio da olive dovrebbe aumentare del 5%, per assestarsi sulle 2.954.000 tonnellate. Colpisce il segno meno di Grecia (-25%), Italia (-14%) e Spagna (-7%). La Tunisia, invece, con il 95% di uliveti in biologico può vantare una produzione certificata tre volte superiore alla spagnola. Quanto alle olive da tavola argentine, infine, queste in Brasile subiscono la concorrenza egiziana

Mariangela Molinari

Notizie di olio e olive dal mondo

Nella lettura della stampa estera di questa settimana partiamo da Mercacei, che torna ad aggiornare le stime sulla campagna in corso, riportando gli ultimi dati del COI. Secondo le previsioni del Consiglio Oleicolo Internazionale, nell’annata 2017-18 il consumo mondiale di olio di oliva dovrebbe aumentare del 5%, per assestarsi sulle 2.954.000 tonnellate. In base a quanto riportato nell’ultimo bollettino di novembre, però, i 28 Paesi dell’Unione europea dovrebbero diminuire complessivamente i propri consumi del 12% (-197mila tonnellate). A essere segnate dal segno meno sarebbero, in particolare, la Grecia (-25%), la Francia (-17%), l’Italia (-14%) e la Spagna (-7%); mentre i piccoli produttori (Cipro, Croazia e Slovenia) dovrebbero registrare un incremento complessivo intorno all’8%.
Per gli altri Paesi membri del COI è prevista una crescita di circa il 2%, che sarà più significativa in Turchia (+34%), Libano (+11%) e Iran (+5%). Nel gruppo dei Paesi che, invece, non sono membri del Consiglio spicca l’aumento dei consumi in Brasile (+19%), Cina (+13%), Australia (+7%) e Giappone (+2%), mentre il meno caratterizza il trend in Canada (-4%) e Stati Uniti (-2%).
Sul fronte, invece, della produzione mondiale, stando agli ultimi dati inviati dai singoli Paesi, nella campagna 2017-18 si lascia prevedere un’annata superiore del 14% alla precedente, per arrivare alle 2.894.000 tonnellate. Per i Paesi aderenti al COI, in particolare, si dovrebbe raggiungere una produzione totale di 2.717.000 tonnellate, 1.805.000 delle quali nei Paesi europei, con un +3% rispetto all’annata precedente.
Con una produzione stimata di 1.090.500 tonnellate, la Spagna dovrebbe conoscere un calo del 15% sulla campagna 2016-17, seguita dall’Italia che, con 320mila tonnellate, dovrebbe invece mettere a segno un incremento del 76%, dalla Grecia (300mila tonnellate, +54%) e dal Portogallo (78.800 tonnellate, +14%). Nei rimanenti Paesi membri del COI ci si attende una crescita complessiva della produzione del 51% rispetto all’annata precedente.

Restiamo sulle notizie di carattere economico passando, però, alle pagine della testata argentina La Nacion, dove leggiamo che le olive argentine perdono terreno in Brasile a causa della concorrenza egiziana. Negli ultimi tre anni, infatti, il Brasile ha aumentato in misura significativa (del 250% circa, secondo i dati del Ministerio de Agroindustria) le importazioni di olive da tavola dall’Egitto, riducendo di quasi dieci punti percentuali quelle dall’Argentina.
Il 22% degli ingressi, però, sarebbero avvenuti sotto una nomenclatura non del tutto corretta. Le olive lavorate, per esempio, pronte per il consumo, secondo quanto riportato dal quotidiano entrerebbero come se non lo fossero, pagando così un dazio del 10% anziché del 14%.
In Argentina l’industria olivicola, la voce principale del settore agroindustriale in Catamarca e La Rioja, e seconda a Mendoza e San Juan, esporta l’80% della sua produzione di olive da tavola e olio d’oliva. Attualmente il settore accusa più di un motivo per non guardare con ottimismo ai prossimi mesi: a una generale diminuzione della produzione, infatti, si aggiungono gli incrementi dei costi e la perdita di importanti fette di mercato, come, per l’appunto, in Brasile.

Passiamo sulle pagine di Olive Oil Times, che ci portano, invece, in Tunisia, dove il 95% degli uliveti viene coltivato utilizzando pratiche tradizionali, che non fanno uso di pesticidi. In effetti, il settore olivicolo tunisino sta puntando sullo sviluppo del biologico e sulla sua promozione quale strategia a supporto dell’export. E, a ben vedere, è già a buon punto. Secondo la Fao, infatti, la Tunisia è il secondo maggior esportatore di prodotti biologici in Africa, e la sua produzione di olio di oliva certificato bio è tre volte tanto quella spagnola, senza contare che molte realtà, pur seguendo i dettami dell’agricoltura biologica, non sono ancora dotate di certificazione a causa degli alti costi che questa comporta.
Venendo a qualche numero concreto, negli ultimi dieci anni in Tunisia la produzione di olio di oliva bio ha conosciuto una rapida crescita, dalle 670 tonnellate del 2004 alle 60mila tonnellate del 2015, mentre nello stesso periodo l’export è passato dalle 2.100 alle 13.500 tonnellate. A valore, l’export tunisino di prodotti biologici è cresciuto in misura esponenziale, da 2 milioni a 200 milioni di euro.
Del resto, da diversi anni la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (EBRD) e la Fao hanno collaborato con l’Office National d’Huile tunisino per migliorare qualità, efficienza e competitività dell’industria olearia del Paese. Oggi più di 100 frantoi in Tunisia sono certificati bio e i produttori che hanno intrapreso questa strada vanno raccogliendo premi e riconoscimenti a livello internazionale, dal NYIOOC, World Olive Oil Competition a BIOL.

Passiamo dall’economia alla ricerca. Su Olimerca leggiamo che il COI, il Consiglio Oleicolo Internazionale, ha concesso un totale di 105 autorizzazioni a 74 laboratori in 15 Paesi, per realizzare test fisico-chimici sull’olio di oliva. La Spagna continua a fare la parte del leone, con 34 certificazioni e 20 laboratori, come attesta anche Olive Oil Times, sottolineando le tre tipologie di certificazioni: per prove di base, che analizzano i parametri critici della qualità dell’olio, avanzate e su residui e contaminanti.
La certificazione di prova avanzata è l’unica richiesta per la commercializzazione, per attestare sia la qualità sia l’autenticità dell’olio di oliva. In questo caso sono state concesse dal COI 71 certificazioni, mentre 10 riguardano quelle di base e 24 quelle su residui e contaminanti.
Secondo Olive Oil Times, Eurofins continua a essere l’unico laboratorio statunitense di proprietà privata ad aver avuto il riconoscimento del COI, mentre l’unico altro laboratorio negli Usa ad aver ricevuto la certificazione quest’anno fa riferimento alla filiale con sede a New York del Gruppo Sovena.

In apertura un uliveto della famiglia Fazio a Vinci

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