Economia

Oli d’alta qualità?

Secondo Susana Romera, direttrice della Escuela Superior del Aceite de Oliva, il consumatore spesso non sa ancora distinguere tra gli oli, ma in Giappone c’è maggiore attenzione. Intanto l’Arthritis Foundation consiglia gli extra vergini agli affetti da artrite. Questo e altro nella rassegna stampa internazionale della settimana

Mariangela Molinari

Oli d’alta qualità?

Anche la rassegna stampa di questa settimana si apre con una serie di domande: quelle che Revista Almaceite ha posto a Susana Romera, direttrice tecnica della Escuela Superior del Aceite de Oliva (QUI). Si comincia, ovviamente, dalla madre di tutte le domande: qual è lo stato dell’arte degli oli extra vergine di alta qualità? A livello globale, secondo Romera non ne esisterebbe una grande richiesta. Il consumatore finale, infatti, spesso non sa ancora distinguere tra un prodotto e l’altro e nella scelta si lascia guidare dal prezzo e dall’immagine. Man mano che la cultura dell’olio di oliva si diffonde, però, cresce anche lo stimolo a provare referenze di pregio. Quale via devono dunque percorrere i produttori? La strada della qualità già intrapresa è solo un inizio, osserva Romera. Ormai l’olio extra vergine di oliva è disponibile in ogni Paese del mondo e a stimolare l’interesse dei consumatori è soprattutto il suo essere associato alla salute. Un altro aiuto alla sua diffusione e al suo posizionamento è, inoltre, il crescente apprezzamento per la dieta mediterranea. Tuttavia, va sottolineato che spesso si parla genericamente di olio di oliva, senza distinguere tra vergine, extra vergine o, per l’appunto, olio di oliva. Negli Stati Uniti e in Giappone, comunque, si riscontra una maggiore attenzione per la qualità degli oli ed è quasi un paradosso che proprio nel Sol Levante, dove non si produce olio, si manifesti una richiesta precisa ed evidente proprio per l’evo. Non per niente, in questo Paese sono presenti alcuni importatori molto preparati, in grado di distinguere bene la differenza tra un olio di qualità e uno che non lo è. Come dare più valore, allora, all’extra vergine? Secondo Romera sono parimenti importanti la diffusione della cultura e un adeguato posizionamento sia di prezzo, sia fisico, sul punto vendita: non è possibile, infatti, accostare, come capita di vedere su certi lineari, un olio di girasole e un extra vergine di oliva.

Passiamo alle pagine di Olive Oil Times, dove si dà conto del suggerimento della britannica Arthritis Foundation (QUI), che, studi scientifici alla mano, consiglia a quanti sono affetti da artrite di sposare una dieta mediterranea e, soprattutto, di consumare olio di oliva. Infatti, grazie al suo contenuto di acidi grassi Omega 3 e di oleocantale, un composto naturale che ha la stessa azione dei farmaci antinfiammatori non steroidei, l’olio di oliva riesce ad abbassare l’infiammazione alle articolazioni ma senza gli effetti collaterali, spesso gravi e sgradevoli, dei medicinali. Secondo la fondazione, il consumo ideale sarebbe dai due ai tre cucchiai da tavola al giorno.

Cambiamo argomento, restando, però, su Olive Oil Times, dove leggiamo (QUI) che il governo dell’Andalusia ha rinnovato il suo impegnoa promuovere gli interessi dei produttori di olive sia sui mercati consolidati sia su quelli emergenti. In base agli ultimi accordi tra Extenda (l’agenzia andalusa per la promozione all’estero) e Interaceituna (l’organizzazione interprofessionale dei produttori di olive da tavola), nel 2018 800mila euro di nuovi investimenti sono stati destinati alla promozione delle olive spagnole in Gran Bretagna e in India: una cifra doppia rispetto a quella stanziata nel 2015, stabilita anche in virtù del fatto che gli incrementi della market share spagnola in questi Paesi dimostrano quanto l’impegno stia portando i suoi frutti. Nel biennio 2016-2017, infatti, le importazioni di olive da tavola spagnole in India hanno conosciuto un incremento del 100% rispetto al 2014 e l’export andaluso, da solo, è stato stimato in 3,4 milioni di euro. Dal canto loro, anche le importazioni britanniche mostrano un trend positivo stabile, attorno al 9,6% negli ultimi 10 anni, per un volume quantificabile nel 2017 in 23.400 tonnellate. Per le olive da tavola, che rappresentano una voce importante dell’export spagnolo (e di quello andaluso in particolare), una collaborazione tra il pubblico e il privato risulta un fattore chiave per incrementare ulteriormente le performance del settore. L’accordo prevede dunque anche un rinnovato sostegno alla campagna “Olives from Spain”, che punta ad associare l’elevata qualità all’origine spagnola: una strategia messa in campo, comunque, non solo in India e Uk, ma anche in altri mercati, dal Canada alla Russia.

Sempre su Olive Oil Times si parla di olive da tavola, ma questa volta greche (QUI). Una recente convention tenutasi a Thessaloniki, infatti, organizzata dal Krinos Olive Center del Perrotis College, ha fatto il punto sul settore, affermando che, sebbene la Grecia continui a occupare una posizione leader, sono necessari nuovi approcci per mantenerla e affrontare una concorrenza sempre più accesa. José Manuel Ruiz, sales manager di Interoliva, ha ricordato che negli ultimi 35 anni la produzione globale di olive da tavola è triplicata. La Grecia risulta quarta nella classifica degli esportatori a livello mondiale, dopo Spagna, Egitto e Marocco. Oltre l’80% delle 250mila tonnellate prodotte ogni anno prendono la via dell’export, in particolare verso Usa, Germania e Australia. Il valore delle esportazioni delle olive da tavola greche è calcolato in 450 milioni di euro, ma c’è spazio per un ulteriore sviluppo, soprattutto se, come è stato sottolineato nell’incontro, i produttori sapranno presentare le olive in modi più accattivanti: sottolineandone, per esempio, la spiccata valenza salutistica. Una caratteristica, questa, che le renderebbe decisamente “appetibili” ai millennials, il principale target di consumatori di cibo con una connotazione salutare. La convention ha inoltre acceso i riflettori sulla cultivar Kothreiki, conosciuta anche come Manaki o Korinthiaki, che può essere coltivata fino a 900 metri di altitudine e ha una buona rusticità e resistenza ai venti. Una ricerca condotta nel corso di tre anni da due scienziati greci ha analizzato le olive di questa cultivar, scoprendo che il loro contenuto di acido palmitoleico è particolarmente elevato: 3,5 grammi per 100 grammi di acidi grassi. Se si ricorda che l’acido palmitoleico contribuisce a regolare i livelli di glucosio nel sangue, si comprende come queste olive potrebbero essere proposte come alimento benefico e consigliabile a quanti soffrono di diabete.

Terminiamo sulle pagine di Mercacei per tornare a parlare di olio extra vergine di oliva con una notizia di costume (QUI). La scorsa settimana, infatti, ha riaperto i battenti per la stagione estiva il Sublimotion di Ibiza, il ristorante dello chef Paco Roncero, grande estimatore dell’olio evo, il cui menu degustazione è considerato il più costoso al mondo: arriva, infatti, a 1.600 euro. Lo chef ha confessato in una recente intervista a Olivatessen by Mercaceiche in questo come in tutti gli altri suoi ristoranti utilizza l’olio extra vergine di oliva per aggiungere un tocco speciale ai diversi piatti. Le sue varietà preferite sono la Picual e l’Arbequino.

La foto di apertura è di Olio Officina

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