Economia

Perché l’ICQRF non cambierà né nome né modello organizzativo

Le aziende, onde evitare problemi e incorrere in sanzioni, non potranno usufruire di un servizio che invece le agevolerebbe, attraverso un “visto si stampi” delle proprie etichette da parte dell’ICQRF. A confermarci tale impossibilità è il sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe L’Abbate, da noi intervistato. Il quale tra l’altro ci spiega anche il motivo per cui non vi è alcuna intenzione, almeno finora, nel cercare di snellire l’attuale acronimo eliminando l’antipatica e spaventevole dicitura “repressione frodi”

Luigi Caricato

Perché l’ICQRF non cambierà né nome né modello organizzativo

“Oggi l’ICQRF è il maggior organo di controllo antifrode del food italiano, con oltre 55mila controlli e una consolidata reputation nel mondo”. A confidarcelo, nel corso di una intervista che ci ha rilasciato, è stato l’onorevole Giuseppe L’Abbate, sottosegretario alle Politiche agricole.

Il sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe L’Abbate

L’INTERVISTA

Onorevole Giuseppe L’Abbate, la sigla ICQRF sta per Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari. Tuttavia, per tutti, questo ente è universalmente riconosciuto come Ispettorato della Repressione frodi. Una dicitura che mi ricorda il passato, perché una espressione così forte, “repressione frodi”, a me evoca il fascismo e, oggi, richiama alla mente una anomalia: fa pensare che in Italia vi siano imprenditori avventurieri, inclini a frodare. Proprio per questa ragione ho sempre contestato questa parte finale della sigla, RF, che sta appunto per “repressione frodi”. L’unico più saggio, tra i politici, è stato l’ex ministro delle Politiche agricole De Castro, il quale aveva eliminato quell’offensivo RF per fermarsi alla tutela della qualità. Perché, è evidente, che quando si tutela la qualità si scopre anche quel che non va, le eventuali frodi, così da poterle punire severamente. Ebbene, sarà possibile eliminare lo squallore, mi consenta di definirlo tale, dell’RF della sigla e tramutarlo semplicemente in ICQ? Lei, sottosegretario L’Abbate, ritiene possibile una simile soluzione? Lo sa che le parole hanno un valore e non si possono utilizzare in maniera impropria?

L’Ispettorato è stato istituito ben 34 anni fa, con decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito dalla legge 7 agosto 1986, n. 462), a seguito delle tristi vicende riguardanti l’adulterazione di vino mediante l’utilizzo di metanolo, con la denominazione di “Ispettorato centrale repressione frodi”.

Tale provvedimento ha codificato quella che è, ancora oggi, la principale mission dell’Ispettorato, ossia prevenire e reprimere le infrazioni nella preparazione e nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione nel settore primario.

Effettivamente nel 2007, con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, l’Ispettorato, a seguito dell’attribuzione delle funzioni statali di vigilanza sull’attività di controllo degli organismi pubblici e privati nell’ambito dei regimi di produzioni agroalimentari di qualità registrata, ha assunto la denominazione di «Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari», con acronimo ICQ.

Tale denominazione, però, oltre a celare la missionprimigenia della struttura, presentava il rischio di ingenerare confusione con altri organismi ed enti, di natura privatistica, che espletavano funzioni di certificazione di qualità di prodotti e processi. Pertanto, nel 2009, con il nuovo Regolamento di organizzazione del Ministero, si è deciso di assemblare nella denominazione della struttura ambedue le funzioni principali attribuite dall’ordinamento giuridico, quella di contrasto alle frodi nel settore agroalimentari e quella di verifica del rispetto delle norme di produzione, trasformazione e commercializzazione inerenti i prodotti agroalimentari di qualità registrata. Così, da oltre 11 anni, vige l’attuale denominazione.

A tale riguardo, non si può non evidenziare che il personale dell’Ispettorato espleta funzioni di polizia giudiziaria ai sensi degli artt. 55 e ss. del Codice di procedura penale e riveste la qualifica di ufficiale o agente di P.G..

Peraltro, nel corso di quest’ultimo decennio il Parlamento ha investito l’ICQRF di nuove e sempre più complesse competenze sanzionatorie, e quindi di repressione delle frodi, in diversi settori come l’etichettatura, gli OGM, i contratti tipo per la cessione dei prodotti agricoli stipulati da organizzazioni professionali riconosciute etc…

Oggi l’ICQRF è il maggior organo di controllo antifrode del food italiano, con oltre 55mila controlli e una consolidata reputation nel mondo. È un modello di successo a livello europeo ed è una struttura offre formazione e assistenza ad analoghe strutture di decine di paesi in ogni Continente.

Anche la analoga struttura francese, del resto, ha la denominazione di Direction générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des fraudes (DGCCRF).

In un grande evento che organizzo, Olio Officina Festival (ci sarà la decima edizione dal 4 al 6 febbraio 2021 a Milano), comunicai esplicitamente a un dirigente del Ministero, il dottor Oreste Gerini, una mia proposta che però, pur ritenuta interessante, non era considerata praticabile in quanto la decisione spettava alla politica e non a un dirigente. La mia proposta è la seguente: l’ICQRF, come pure altri organismi di controllo, comminano sanzioni che io ritengo discutibili, in merito alla etichettatura degli oli extra vergini di oliva. Le aziende sono vessate dagli organismi di controllo, i quali agiscono in maniera non coordinata tra loro, per cui può capitare che un funzionario valuti una etichetta non a norma, mentre un altro, di un altro ufficio periferico consideri la stessa etichetta conforme alle leggi. Ebbene, la mia proposta era piuttosto semplice, e forse proprio per questo non accettata dalla politica: le aziende prima di procedere alla stampa delle etichette si avvalgono del giudizio di merito, con approvazione, da parte dell’ICQRF. Ovvero, si ottiene il “visto si stampi”. In tal modo, nel momento in cui si effettuano i controlli, se l’etichetta ha ottenuto il “visto si stampi”, ed effettivamente corrisponde al documento rilasciato dall’ICQRF, nessun funzionario può sostenere il contrario. In tal modo sarà possibile evitare la tragedia di dati statistici alterati, che fotografano una imprenditoria incline a subire sanzioni, quando invece è solo un problema di interpretazione delle leggi. Si tratta di un problema serio e grave, ma irrisolto, proprio perché la politica non decide in tal senso. Ovviamente tale operazione comporta dei costi per l’Ispettorato, e, di conseguenza, si farà pagare all’azienda il corrispettivo per ottenere il “visto si stampi”, ma, almeno si ha la certezza assoluta che non si incappi in un giudizio errato da parte degli ispettori ICQRF e si tutelerebbero in tal modo le aziende. Ovviamente tale servizio sarebbe facoltativo, non obbligatorio per le imprese, ma, almeno, chi ne usufruirebbe sarebbe in compenso garantito, senza correre il rischio di subire eventuali ingiustizie. Cosa ne pensa? Perché la politica non va incontro alle imprese? Forse che gli organismi di controllo debbono trarre risorse dalle sanzioni e non avrebbe di conseguenza ragion d’essere provare a semplificare le procedure?

La proposta di autorizzare in via preventiva le etichette ha numerosi precedenti nel mondo, basti pensare al meccanismo statunitense dell’Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau (TTB).Ciò però presuppone un modello organizzativo diverso dell’intero commercio del vino (in questo caso), che in quei Paesi prevede l’obbligo di “registrazione e verifica” dell’etichetta messa in commercio.

Nel caso di un servizio volontario, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali farebbe una sorta di concorrenza sleale sul mercato nei confronti delle aziende di consulenza che, tra le loro attività, possono avere anche studi di realizzazione di etichette per prodotti agroalimentari. Ciò sarebbe sanzionabile da parte dell’AGCM, in quanto si tratterebbe dell’istituzionalizzazione di un servizio di consulenza che non potrebbe che essere assolutamente gratuito. Si tratterebbe, inoltre, di porre in capo all’ICQRF la qualifica di “giudice” assoluto della regolarità di un sistema di etichettatura da opporre ad eventuali contestazioni di altri organi di controllo: è del tutto evidente che questo potrebbe non essere gradito in termini generali. Ricordo, inoltre, che ICQRF è autorità sanzionatoria in materia di etichettatura e pertanto il compito di “certificare” le etichette sarebbe in contrasto con questo ruolo. Ciò non toglie, comunque, che da sempre l’ICQRF risponde a quesiti di portata generale in materia di etichettatura provenienti da associazioni rappresentative delle diverse filiere o da singoli operatori o, anche, da privati cittadini. Inoltre, con le recenti modifiche al meccanismo della Diffida, la questione delle sanzioni per violazioni formali in materia di etichettatura è stata sostanzialmente superata, dando la possibilità ai produttori che commercializzano con etichette irregolari di correggere, senza sanzioni, tali irregolarità.

In apertura, una foto di Olio Officina

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