Economia

Se coltivare la canapa

Molti chiedono se si guadagni, ma in questa fase in Italia i conti economici sono un’astrazione e vanno verificati nelle specifiche realtà produttive. In Europa, le superfici coltivate sono arrivate a 25 mila ettari, con incrementi continui. In Italia siamo sui mille ettari circa complessivi. Solo dai tre ettari in su, si può utilmente lavorare per produrre semi per olio e per la lavorazione delle paglie. Ciò che più serve, intanto, è una nuova legge per lo sviluppo del settore

Marcello Ortenzi

Se coltivare la canapa

“Fà la cosa giusta Umbria” a Bastia Umbra, terza edizione della Fiera degli stili di vita sostenibili, ha visto in tre giorni operatori che si sono incontrati e hanno progettato un futuro più sostenibile. Proposte, accordi, relazioni che i partner del progetto, le realtà più o meno strutturate, le associazioni di categoria, i tecnici e i professionisti presenti nei padiglioni fieristici hanno avuto modo di scambiarsi e di realizzare accordi.

Il 30 settembre scorso un convegno dedicato ha evidenziato, tra l’altro, i vantaggi e le criticità del settore canapa industriale. Mentre i coltivatori appaiono sempre più interessati a coltivarla e aumentano le attività di ricerca per ottimizzare le cultivar adatte ai territori e la meccanizzazione, le istituzioni non accompagnano la produzione di questa coltura.

La presidente di Assocanapa, Margherita Baravalle, ha voluto rimarcare che è basilare l’approvazione della nuova legge di settore, attualmente in Senato in seconda lettura, per assicurare uno sviluppo comparabile con le altre coltivazioni in Italia. Infatti, la confusa normativa attuale è più diretta a ostacolare la libera coltivazione che a favorirla.

I diversi fattori economico-sociali che hanno portato a morire negli anni ’50 la notevole produzione nazionale di canapa, raccontati da Glenda Giampaoli, direttrice del Museo della canapa di Sant’Anatolia di Narco e recente socia Itabia, sembrano ancora persistenti nella nostra epoca, tra fibre tessili concorrenti come il cotone e le sintetiche e l’ignoranza, anche delle istituzioni, sulla differenza esistente tra cultivar industriali e quelle da droga.

Il prof. Stefano Amaducci dell’Università di Piacenza, ha evidenziato che negli ultimi cinque anni, in Europa, le superfici coltivate sono arrivate a 25.000 ettari, con incrementi continui. In Italia siamo sui mille ettari circa complessivi. Egli ha anche riferito sul progetto internazionale “Multihemp”, finanziato dell’UE con 6 milioni di euro, in fase di conclusione, che ha ottenuto miglioramenti mirati nella produttività della canapa e per la qualità delle materie prime, nonché nei prototipi di macchine dedicate al settore.

Molti chiedono se si guadagna con la coltivazione della sativa ma in questa fase i conti economici sono un’astrazione e vanno verificati nelle specifiche realtà produttive, perché ci sono specificità più o meno dipendenti da alcune variabili, come: qualità del suolo, scelta delle varietà, epoca di raccolta, efficienza delle macchine, clima.

Chi ha esperienza di coltivazione sconsiglia di coltivare piccoli appezzamenti dove le macchine per trebbiare non hanno accesso; solo dai tre ettari in su, si può utilmente lavorare per produrre semi per olio e la lavorazione delle paglie vicino al luogo di coltivazione.

Dal convegno è anche pervenuto il sollecito a utilizzare gli scarti di cellulosa dalla lavorazione della canapa per realizzare nuovi prodotti nell’ambito della Bioeconomia. Ma in successivi eventi si sono mostrate anche le esperienze in corso per l’utilizzo di ortica, ginestra, bambù, lino, agave, lana e molte altre fibre, che oggi stanno caratterizzando la green economy. Esse offrono vantaggi dalla coltivazione alla resa, dalla trasformazione alla commercializzazione; un corretto approccio industriale può aprire numerose opportunità di salvaguardia dei territori, di occupazione, di economia ecosostenibile, di bioedilizia, di miglioramento della qualità della vita e della salute individuale.

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