Economia

Spedire container d’olio all’estero

Expertise. Dallo studio effettuato per Olio Officina Magazine, emerge un dato: gli esportatori spagnoli possono beneficiare di un costo inferiore di oltre il 30 % rispetto agli esportatori italiani. Una accurata analisi comparativa dei costi di trasporto oceanico per merce in contenitore, con origine Italia e Spagna, chiarisce lo stato dell'arte

Ermanno Giamberini

Spedire container d’olio all’estero

Il mercato del trasporto marittimo in contenitore (il cosiddetto “mercato dei noli”) ha fortemente risentito nell’ultimo decennio delle conseguenze di fenomeni di concentrazione. Tali fenomeni si sono realizzati attraverso le politiche di acquisizione che alcuni dei maggiori gruppi armatoriali del pianeta hanno portato avanti per espandere le loro quote di mercato in determinate aree geografiche; o, spesso, per aumentare il loro peso inglobando compagnie concorrenti entrate in crisi .

Allo stato attuale possiamo dire che, prendendo in esame i “major players” del settore, la situazione che si è determinata vede, sulle grandi direttrici oceaniche nord-sud o est-ovest, pochi operatori di dimensioni medio-grandi , mentre è solo sulle rotte di medio raggio (esempio: Mediterraneo, Nord Europa, Caraibi ) che sopravvivono, con non poche difficoltà operatori di nicchia e di storica tradizione.

Finita pertanto l’epoca delle acquisizioni (merging) assistiamo ora a quella degli accordi di stiva: più vettori, attivi su di una stessa rotta, osservando la sostanziale impossibilità di ottimizzare l’impiego del proprio naviglio a causa dell’oggettiva contrazione della domanda di stiva e coscienti che tale contrazione comporta un graduale crollo della marginalità, decidono di mettere in comune le loro navi (cosidetto “pool”) riservandosi ciascuno una quota parte della stiva da offrire al mercato. Di fatto ciò diminuisce l’offerta di stiva e determina un’azione di riequilibrio della domanda con conseguente stabilizzazione del costo del nolo.

E’ quanto sta avvenendo in maniera crescente da anni da parte delle compagnie di navigazione orientali e quanto è stato di recente annunciato, per la prima metà del 2014, da parte di almeno tre dei principali gruppi armatoriali europei.

Pur in presenza di tali politiche “riequilibratici”, restano spiccate differenze nel livello dei noli offerti da origini diverse verso una medesima destinazione. Differenze che nulla hanno a che vedere con eventuali differenze nella lunghezza della rotta (= diversa quantità di carburante impiegato) ma che si spiegano, invece con differenze legate a specifictà dei mercati d’origine.

L’oggetto del nostro breve studio è stato il costo del solo trasporto oceanico, vale a dire il nolo e tutte le eventuali spese accessorie ad esso legate dal porto di imbarco a quello di sbarco. Intenzionalmente si sono escluse altre voci (trasporto dallo stabilimento di origine al porto di partenza, operazione doganale di esportazione, spese di imbarco, etc) che abbiamo ritenuto fuorvianti perché legate a specifiche dinamiche locali (sindacali, regolamentari).

L’obiettivo, invece, è stato comprendere se, e fino a che punto, tale costo possa influenzare la competitività su di un mercato estero, di prodotti analoghi provenienti da Paesi diversi.

Abbiamo dunque preso ad esempio i costi di trasporto in container dell’olio di oliva da un porto italiano e da un porto spagnolo verso tre dei principali paesi di destinazione di questo prodotto: USA, India e Giappone.

Si noterà come su due dei tre mercati presi in analisi, gli esportatori spagnoli possano beneficiare di un costo di oltre il 30% più basso rispetto agli esportatori italiani.

Quali le possibili spiegazioni a tali differenze?

1) Il nostro Paese, a partire dalla metà degli anni ’90, ha visto la dismissione progressiva e completa delle sue due compagnie di bandiera a controllo statale, passate tutte sotto il controllo di gruppi stranieri. Non è certo obiettivo di questa analisi valutare se tale politica di dismissione sia stata opportuna o meno nelle modalità e nelle finalità; ma è indubbio che essa abbia privato il sistema-paese del supporto di operatori di trasporto globale che avrebbero in ogni caso rappresentato un elemento di stabilità in termini di prezzo del nolo e di regolarità del servizio nel tempo.

2) Malgrado la sua posizione di centralità nel Mediterraneo occidentale che lo rende indiscutibilmente un gate-in per tutta l’area del sud europa ed ancora di più un sistema potenziale di porti hub (*) per distribuire i carichi da/verso i porti di altri paesi, l’Italia ha via via perso la sua centralità strategica a vantaggio di porti di altri paesi dell’area (porti spagnoli, Malta, taluni porti del nord Africa) considerati altrettanto strategici e molto più efficienti in termini di costi e di operatività da parte delle compagnie di navigazione globali (che non essendo italiane, non venivano certo influenzate da considerazioni di tipo strategico legate alla promozione dei traffici da/verso il nostro Paese).

3) Altro elemento di spiegazione è stata la contrazione dell’export riscontrata nell’ultimo quadriennio che ha indotto i vettori a ridurre la quantità di naviglio in partenza dai porti italiani.

Conseguentemente, specie dal sud della nostra penisola, gran parte dei traffici vengono effettuati con un sistema di navette (cosidette feeder) che raccolgono i contenitori da diversi porti e li concentrano su porti hub generalmente non italiani. Dunque navette di dimensioni inferiori (= minore offerta di spazi), partenze non sempre regolari, maggiori costi per i vettori rispetto ai servizi diretti, maggiori costi sul mercato per la domanda di trasporto oceanico.

La Spagna invece, ha visto un aumento degli approdi visto che i suoi tre principali porti per navi contenitori (Valencia, Barcelona, Algeciras) sono anche da tempo tra i tre maggiori porti hub del Mediterraneo. Ciò vuol dire che hub, essi vengono toccati regolarmente da un notevole numero di navi, navi che vi approderebbero comunque per effettuare le loro operazioni di trasbordo e che pertanto possono offrire trasporto oceanico a condizioni competitive visto che i loro costi di esercizio sono già in parte o del tutto coperti dai carichi in trasbordo.

NOTA: il costo del nolo per gli USA costituisce un’eccezione nell’analisi comparativa e la ragione potrebbe essere nel fatto che l’USA costituisce da sempre la prima destinazione extra UE del ns export per volumi e valore (circa il doppio rispetto alle altre due destinazioni prese in considerazione), fatto che ha sempre indotto i vettori a massimizzare i loro sforzi in termini di offerta di servizio. Il crollo della domanda di export verso gli USA determinatosi a partire dal 2010, al quale non è corrisposto (almeno al momento) un proporzionale calo dell’offerta di spazi, ha pertanto provocato un andamento decrescente del livello dei noli

(*) Hub : nel traffico marittimo è il porto di raccolta e smistamento dei contenitori, quello cioè dove approdano le navi di grosse dimensioni per imbarcare i contenitori in esportazione e sbarcare quelli in importazione afferenti ad una stessa area geografica. E’ compito dei feeder (navi di piccole dimensioni) distruibuire i contenitori in arrivo sui porti di destinazione finale o raccogliere dai porti di origine i contenitori che vengono imbarcati nel porto hub per l’export.

La foto a corredo dell’articolo è tratta da Internet.

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