Economia

Tappo antirabbocco, tutti i dettagli

Il punto della situazione. La legge 161/2014 crea un nuovo corso per gli oli da olive nei ristoranti, con sanzioni da mille a otto mila euro, e confisca del prodotto. L’obbligo riguarda solo il momento della somministrazione (sui tavoli) e non in cucina. La disposizione presenta non poche criticità: non si prevede alcun tempo di adeguamento; non è stata prevista un omologazione dei tappi

Debora Campagna

Tappo antirabbocco, tutti i dettagli

Nell’ambito della quarta edizione di Olio Officina Food Festival, l’argomento era stato ampiamente trattato dal Centro Studi Diritto Alimentare, nella giornata di sabato 24 gennaio. Lo proponiamo ora, entrando maggiormente in dettaglio su questioni non ancora acquisite da tutti, permanendo ancora un po’ di dubbi e perplessità su diversi punti.

IL TAPPO ANTI RABBOCCO: LA LEGGE 161/2014

Dal 25/11/14, con l’entrata in vigore della Legge 30 Ottobre 2014, n. 161, avente come oggetto: “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis.”, le oliere messe a disposizione dei consumatori negli esercizi di somministrazione (bar, mense, ristoranti e pizzerie) dovranno obbligatoriamente essere dotate di etichette conformi alla normativa e di tappo anti rabbocco. Pertanto, non sarà più consentito l’utilizzo di oliere anonime o di bottiglie prive del sistema di protezione, pena pesanti sanzioni.

Detto obbligo è previsto dall’articolo 18, comma 1, della L. 161/14, che ha sostituito l’articolo 7, comma 2, della legge Mongiello con il seguente testo: “Gli oli di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi, fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono essere presentati in contenitori etichettati conformemente alla normativa vigente, forniti di idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata e provvisti di un sistema di protezione che non ne permetta il riutilizzo dopo l’esaurimento del contenuto originale indicato nell’etichetta”. La sanzione prevista varia da 1.000 a 8.000 euro, con confisca del prodotto.

Come si vede dalla lettura della legge in parola si evince chiaramente che questa:

1. Si riferisce unicamente agli oli di oliva vergini tra cui l’olio extra vergine di oliva.

2. Introduce l’obbligatorietà della etichettatura conforme alla normativa sulla confezione e l’obbligo del tappo anti rabbocco.

3. L’obbligo di utilizzare le bottiglie provviste di tale sistema riguarda solo il momento della somministrazione (sui tavoli), e non anche in cucina.

La ratio della legge appare assolutamente chiara.
Il legislatore con detta disposizione di legge ha voluto garantire al consumatore la certezza che l’olio che consuma al tavolo è il medesimo che legge nell’etichetta. La legge, inoltre, si pone a tutela degli olivicoltori e produttori di olio giacché riduce notevolmente il rischio di trovare confezioni (alla somministrazione) del loro olio, che vengono utilizzate (traboccate) per contenere un prodotto diverso dal proprio. Tutele entrambe dirette a garantire la qualità dell’olio l’autenticità e l’origine dell’olio messo a disposizione del consumatore.

Chiarita la ratio della norma e, quindi, gli obbiettivi perseguiti dal legislatore, prima di analizzare il contenuto letterale della stessa e, quindi, porre l’accento sulle criticità di detta dispozione, appare opportuna una valutazione delle leggi che si sono susseguite nel tempo in materia di antirabocco, la legge 161/2014, infatti, ha sostituito la legge Mongiello, ovvero, la Legge n. 9/2013, meglio conosciuta come legge “salva olio italiano”. Detta norma prevedeva che gli olii di oliva vergini proposti in confezioni nei pubblici esercizi “devono possedere idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata”, ma, successivamente, con l’aggiunta della congiunzione “ovvero” che in italiano vuol dire “oppure, ossia, o,” precisava che gli olii “devono essere etichettati in modo da indicare almeno l’origine del prodotto ed il lotto di produzione a cui appartiene”. In pratica venivano bandite le oliere anonime, il tappo anti rabbocco era consentito, ma potevano essere utilizzate anche le bottiglie normali, purché fornite di determinate informazioni attraverso un’etichettatura appropriata!
Insomma, l’obbligo dell’anti rabbocco veniva smentito dalla stessa norma.

La contraddizione era apparsa da subito alquanto evidente, visto che in questo modo il commerciante disonesto avrebbe potuto acquistare la bottiglia etichettata per poi rabboccarla al bisogno, anche con olio scadente, alla faccia della legge e del consumatore! Se il nostro legislatore avesse sostituito la congiunzione “ovvero” con “inoltre”, non si sarebbero creati dubbi interpretativi e non ci sarebbero state difficoltà nell’applicazione della norma!
Per rimediare a questo evidente incidente di percorso, i nostri governanti sono nuovamente intervenuti sull’argomento, apportando una nuova modifica alla legge, questa volta con l’obiettivo di evitare equivoci interpretativi.
Orbene, quantunque dalla lettura della nuova dispozione di legge non vi sia alcun dubbio sull’introduzione dell’obbligo del tappo anti rabbocco, il meritevole intento perseguito dal legislatore, nella pratica risulta di difficile applicazione.

CRITICITA’

La disposizione in discorso, infatti, presenta non poche criticità.

1. La legge non prevede alcun tempo di adeguamento

L’obbligo del tappo anti rabbocco è divenuto obbligatorio immediatamente dopo l’entrata in vigore della norma. Ciò, chiaramente, ha creato non pochi problemi riguardo alla necessità di smaltire le scorte.
Il legislatore non ha previsto un tempo entro il quale gli operatori potessero smaltire le scorte di olio di oliva non conformi alla nuova dispozione, con conseguente danno economico per le aziende produttrici.

Il fatto che non sia stato previsto un periodo transitorio tra l’entrata in vigore della norma e la concreta applicazione della stessa, peraltro, risulta in contrasto con la normativa europea.
Sul punto, sebbene concordo con chi sostiene che sarebbe stato opportuno prevedere un periodo di transizione intercorrente tra vigenza e efficacia, tuttavia, appare importante ribadire che la legge in questione comporta solo l’obbligo per i ristoratori di utilizzare le bottiglie provviste di tale sistema al momento della somministrazione (sui tavoli), e non anche in cucina. Non è neppure vieta la vendita delle bottiglie prive del sistema anti rabbocco al consumatore finale, in tutti i possibili punti vendita: Supermercati, negozi alimentari, spacci aziendali ecc. Ragion per cui, i ristoranti che hanno scorte da smaltire possono utilizzare l’olio ivi contenuto in cucina, atteso che tale finalità viene fatta salva dalla norma; pertanto mi sembra una falso problema.

2. Non è stata prevista un omologazione dei tappi

La norma è alquanto generica. Ed invero, non prevede nulla riguardo alle caratteristiche specifiche che deve avere il tappo anti rabbocco perché possa ritersi conforme alla legge. Non ci sono norme tecniche precise e puntuali.
I produttori di tappi non sanno ancora quale tipo di specifiche tecniche seguire per assicurare il rispetto della nuova norma. Esistono diverse tipologie di dispositivo di chiusura anti rabbocco (in uso ad esempio in Spagna) ma quei tappi non sono immediatamente idonei ad essere applicati a tutte le tipologie di bottiglie in uso in Italia e non è chiaro se essi siano considerati conformi alla disposizione normativa. Insomma, per le aziende confezionatrici, la grande difficoltà nell’adeguarsi alle disposizioni. Per i titolari dei pubblici esercizi, la spada di Damocle di una sanzione che arriva fino a 8 mila euro.

ALTRE MODIFICHE APPORTATE DALLA L. 161/2014

Oltre all’introduzione del tappo anti rabbocco la Legge 161/2014 ha apportato altre importanti modifiche.

In particolare appare opportuno segnalare:

Art. 1. Modalità per l’indicazione di origine

L’indicazione dell’origine degli oli di oliva vergini prevista all’articolo 4 del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 10 novembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, deve figurare in modo facilmente visibile e chiaramente leggibile nel campo visivo anteriore del recipiente, in modo da essere distinguibile dalle altre indicazioni e dagli altri segni grafici.

L’indicazione dell’origine di cui al comma 1 è stampata sul recipiente o sull’etichetta ad esso apposta, in caratteri la cui parte mediana è pari o superiore a 1,2 mm, ed in modo da assicurare un contrasto significativo tra i caratteri stampati e lo sfondo.
In deroga al comma 2, i caratteri di cui al medesimo comma possono essere stampati in dimensioni uguali a quelli della denominazione di vendita dell’olio di oliva vergine, nel medesimo campo visivo e nella medesima rilevanza cromatica.
L’indicazione dell’origine delle miscele di oli di oliva originari di più di uno Stato membro dell’Unione europea o di un Paese terzo, conforme all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) di esecuzione n. 29/2012 della Commissione, del 13 gennaio 2012, deve essere stampata ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo e con diversa e più evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, alle altre indicazioni e alla denominazione di vendita.”

Art. 4. Divieto di pratiche commerciali ingannevoli

Una pratica commerciale e’ ingannevole, in conformità agli articoli 21 e seguenti del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, quando contiene indicazioni che, anche attraverso diciture, immagini e simboli grafici, evocano una specifica zona geografica di origine degli oli vergini di oliva non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive.
E’ altresì ingannevole la pratica commerciale che, omettendo indicazioni rilevanti circa la zona geografica di origine degli oli di oliva vergini, può ingenerare la convinzione che le olive utilizzate siano di provenienza territoriale diversa da quella effettiva.
E’ ingannevole attribuire valutazioni organolettiche agli oli di oliva diversi dagli oli extravergini o vergini e comunque indicare attributi positivi non previsti dall’allegato XII in materia di valutazione organolettica dell’olio di oliva vergine, di cui al regolamento (CEE) n. 2568/91 della Commissione dell’11 luglio 1991, e successive modificazioni.”

Art. 7. Termine minimo di conservazione e presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi

Il termine minimo di conservazione entro il quale gli oli di oliva vergini conservano le loro proprietà specifiche in adeguate condizioni di trattamento non può essere superiore a diciotto mesi dalla data di imbottigliamento e va indicato con la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro» seguita dalla data.

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