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Emergenza Ucraina, aiuti e risposte concrete per l’agroalimentare italiano

A distanza di un mese dall’invasione russa, sono sempre più numerose le realtà che non riescono a fronteggiare i rincari di carburanti e gas, ma anche il reperimento di molte materie prime è diventato complicato e difficile. “All’azione dell’Unione europea, devono essere affiancate misure di sostegno a livello nazionale”, ha dichiarato il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli. Così, tra i piani che verranno attuati, è stato rifinanziato il Fondo per la competitività, che interverrà in modo specifico per le produzioni di mais e proteine vegetali

Olio Officina

Emergenza Ucraina, aiuti e risposte concrete per l’agroalimentare italiano

Alla Camera dei Deputati il Ministro Stefano Patuanelli è intervenuto sulle iniziative avviarte dal Governo a sostegno della filiera agricola, agroalimentare e della pesca in relazione all’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime e agli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.

Di seguito il testo ed il video del suo intervento

“Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,vi ringrazio per l’invito a questa informativa urgente, che pone al centro del dibattito un tema che ritengo strategico: la capacità del settore agroalimentare italiano di affrontare efficacemente le dinamiche innestate dai rapidi e improvvisi mutamenti dei contesti economici e politici, come quelli che stanno destabilizzando l’Europa in queste ultime settimane.

Prima di entrare nello specifico, consentitemi di rivolgere un pensiero di vicinanza e solidarietà al popolo ucraino, da oltre un mese oggetto di un attacco militare che sta comportando conseguenze sempre più tragiche.

La perdita di tante vite umane innocenti e l’abbandono della propria terra da parte di milioni di donne, bambini e uomini, alla ricerca della tranquillità perduta tra le macerie provocate dal conflitto, non può lasciarci indifferenti.

In quest’Aula, esattamente una settimana fa, abbiamo ascoltato assieme l’accorato e coraggioso intervento in videoconferenza del Presidente Zelensky.

Le condizioni in cui versa il suo Paese non sono sostenibili ancora per molto.Tutti ci auguriamo che il conflitto militare cessi immediatamente.

Il quadro di riferimento

Ho avuto più volte modo di dire che gli ultimi due anni, caratterizzati dai devastanti effetti sociali ed economici causati dalla pandemia da Covid-19, hanno rimesso al centro del dibattito politico la capacità di adattamento del nostro sistema agricolo e alimentare.

Gli sforzi dei nostri produttori hanno costantemente assicurato cibo di qualità, a un prezzo equo, sulle tavole degli italiani, nonostante le enormi difficoltà legate all’emergenza sanitaria.

Il 2021 si è chiuso all’insegna di un cauto ottimismo, con il Pil italiano in aumento del 6,5% e con previsioni di un ulteriore incremento, per l’anno in corso, superiore al 4%.

Le esportazioni agroalimentari hanno ampiamente superato i livelli del periodo pre-pandemia, raggiungendo la quota record di 52 miliardi di euro.

Sembravano esserci tutti gli elementi per guardare con fiducia ai prossimi mesi e anni, in un’ottica di crescita generalizzata dell’economia e dell’occupazione.

Tuttavia, gli strascichi della crisi hanno continuato ad essere evidenti anche nei primi mesi di quest’anno, con un perdurante aumento generalizzato delle materie prime, dei prodotti energetici e dei suoi derivati in un quadro segnato da una crescita dell’inflazione (+5,7% su base annua nel mese di febbraio 2022) .

Purtroppo, la crisi tra Russia e Ucraina ha bruscamente allontanato le previsioni di un graduale ritorno alla normalità e, sovrapponendosi al protrarsi degli effetti della pandemia, ha improvvisamente introdotto nuovi e ulteriori fattori di instabilità, sociale ed economica.

In queste settimane il dibattito si è incentrato sul ruolo del mercato unico, sulle distorsioni del commercio internazionale e, soprattutto, sulla dipendenza dall’estero dell’Unione Europea e dell’Italia, per i prodotti energetici e per alcune materie prime agricole.

La prima immediata conseguenza della crisi si è concretizzata in una nuova e ulteriore fiammata dei mercati dei prodotti energetici che ha spinto in forte aumento il prezzo del petrolio e soprattutto del gas naturale.

Tale fenomeno ha provocato un ulteriore generale peggioramento dei costi di trasporto e di riscaldamento, che già in precedenza gravavano su tutti i settori produttivi nazionali.

Nel settore agroalimentare, si aggiungono, per la prima volta dopo molti anni, le difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime agricole dall’area centro orientale dell’Europa, la quale, tradizionalmente, rifornisce il mercato dei cereali e dei semi oleosi dell’Unione Europea e dell’Italia.

Oltre al venir meno dai mercati internazionali dei prodotti di Russia e Ucraina, grandi esportatori di commodity per l’alimentazione umana e animale, l’eventualità di un blocco del commercio con altri paesi europei delinea uno scenario più complesso e incerto.

Le minacce di restrizioni all’esportazioni di cereali dell’Ungheria, uno dei primi partner italiani in questo settore, avevano accresciuto le preoccupazioni del settore zootecnico nazionale.

Per fortuna, tale ipotesi è stata scongiurata, e mi preme ringraziare il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, per il suo tempestivo intervento presso il primo Ministro Orban che ha consentito una rapida ripresa delle forniture.

Le preoccupazioni, tuttavia, permangono

Il potenziale proliferare di limitazioni al commercio internazionale da parte dei Paesi dell’area ex-sovietica e di alcuni dei Paesi membri della Ue potrebbe, infatti, compromettere il mercato degli approvvigionamenti europei e la stessa natura del mercato unico, provocando uno shock generalizzato di ampia portata.

Per il settore agricolo, l’incertezza dello scenario geopolitico ha ulteriormente accresciuto la volatilità delle quotazioni internazionali dei cereali e dei semi oleosi.

I prezzi di frumento e mais, in Italia, hanno raggiunto i livelli più elevati degli ultimi anni.

A fronte di queste difficoltà, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha immediatamente attivato, con il supporto degli Enti Vigilati, meccanismi di monitoraggio per valutare, con dati oggettivi e certi, gli impatti della crisi in atto sui sistemi produttivi agroalimentari e proporre le possibili misure a sostegno delle imprese.

Il 10 marzo scorso ho tenuto una informativa in sede di Consiglio dei Ministri per illustrare al Presidente del Consiglio e ai colleghi Ministri le criticità del settore che rappresento, sollecitando il ricorso a una strumentazione di emergenza sia in ambito nazionale che europeo.

Sono inoltre quotidiani i confronti con le associazioni di categoria, che ringrazio per la collaborazione costante e proficua.

Nelle scorse settimane, il Sottosegretario Centinaio e il Sottosegretario Battistoni, ai quali va il mio personale ringraziamento, hanno convocato, rispettivamente, il tavolo di filiera del grano e il tavolo di consultazione permanente dell’acquacoltura e della pesca, al fine di approfondire le tematiche più urgenti e acquisire gli elementi utili a elaborare risposte efficaci e funzionali ai settori interessati.

L’interscambio commerciale con l’area di crisi: le esportazioni

Dopo questa necessaria premessa, ritengo indispensabile fornire qualche dato che dia conto della reale situazione in cui versa il nostro Paese, per quel che riguarda gli aspetti di pertinenza della mia amministrazione.

Le nostre analisi delineano un valore dell’interscambio commerciale agroalimentare dell’Italia con Russia e Ucraina contenuto, pari, nel complesso, a circa 1 miliardo di euro di esportazioni e a poco meno di 900 milioni di euro di importazioni.

Per le esportazioni italiane, il mercato russo era già stato seriamente compromesso nel 2014, quando Mosca ha imposto un embargo su gran parte delle eccellenze italiane (ortofrutta, carni fresche e trasformate e prodotti lattiero caseari), come ritorsione alle sanzioni della Ue per l’avvio della crisi in Crimea.

Nel 2021, le esportazioni italiane in Russia ammontano a 661 milioni di euro, pari al 1,3% del totale delle vendite italiane, con i principali prodotti rappresentati da caffè torrefatto, vini in bottiglia e spumanti.

L’Italia è il primo fornitore di vino in Russia, ma il valore esportato (148 milioni di euro) è pari a circa il 2% del totale delle vendite all’estero del settore e la Federazione Russa detiene la 12° posizione tra i partner commerciali della filiera vitivinicola nazionale.

Le esportazioni agroalimentari in Ucraina risultano più circoscritte, con un valore di 365 milioni di euro, che rappresenta lo 0,7% del totale delle vendite italiane.

Dal 1° gennaio 2022, prima del deflagrare del conflitto in Ucraina, anche la Bielorussia si è adeguata alle politiche commerciali della Russia, decretando il blocco delle importazioni di alcuni prodotti italiani ed europei, quali ortofrutta, carni fresche e trasformate, prodotti lattiero caseari e dolciumi.

D’altra parte, occorre precisare che con circa 40 milioni di euro di esportazioni e poco meno di 2 milioni di importazioni nel 2021, il peso di questo Paese sulla bilancia commerciale agroalimentare italiana può essere considerato molto limitato.

Negli ultimi cinque anni, tuttavia, questi Paesi hanno registrato sensibili aumenti delle vendite italiane ed è pertanto necessario attuare tutte le misure utili a mantenere le nostre quote di mercato, allo scopo di non rallentare la fase di espansione delle aziende italiane (cito, a titolo esemplificativo, l’Asti spumante e il Prosecco).

Evidenzio che il recente blocco imposto dalla Ue alle esportazioni di beni di lusso in Russia ha colpito, in maniera differenziata, alcune eccellenze del “Made in Italy”, con un impatto limitato per l’agroalimentare.

Tuttavia, il conflitto bellico e le conseguenti sanzioni hanno di fatto reso impraticabili questi mercati di sbocco, nei confronti dei quali tutti gli operatori hanno assunto un prudenziale atteggiamento di attesa, a causa del blocco delle intermediazioni bancarie e dell’instabilità del rublo.

L’approvvigionamento di materie prime agricole

L’Italia importa da Russia e Ucraina principalmente cereali (frumento tenero e mais), semi oleosi (girasole) e materie prime per l’alimentazione animale (panelli di estrazione di semi di girasole, polpe di barbabietola, piselli secchi).

Nel 2021 gli acquisti dell’Italia dalla Russia sono stati pari a 252 milioni di euro (0,5% del totale dell’import agroalimentare italiano), mentre quelli dall’Ucraina ammontano complessivamente a 641 milioni di euro (1,4% del totale).

Di conseguenza, il settore agroalimentare maggiormente danneggiato in Italia è quello dell’alimentazione zootecnica, mentre, in parte minore, è stato colpito il settore dell’alimentazione umana con il frumento tenero.

Nel 2021 il primo fornitore dell’Italia di frumento tenero è stata l’Ungheria con una quota del 23%, seguita da Francia, Austria, Croazia e Germania.

L’Ucraina si è collocata al 6° posto con una quota del 3%.

L’Ungheria è anche il primo partner dell’Italia per le quantità acquistate di mais (30%), seguita da Ucraina e Slovenia (entrambe con il 15%) e Croazia (10%).

L’Ucraina ha fornito all’Italia il 50% delle quantità di olio di girasole, mentre un’ulteriore quota del 40% è assicurata da Ungheria e Bulgaria.

La Russia garantisce poco meno di un terzo dei nostri fabbisogni esteri di polpe di barbabietola e di panelli di estrazione di olio di girasole e circa due terzi delle quantità di piselli secchi per l’alimentazione animale.

Il flusso degli approvvigionamenti nazionali è ulteriormente ostacolato dal blocco delle spedizioni via nave dal Mar Nero e dal mar d’Azov che, storicamente, sono il centro logistico della produzione agricola dell’area ex-sovietica e di parte del Medio Oriente.

La diversificazione dei mercati di approvvigionamento è sicuramente attuabile e implica il ricorso ai Paesi limitrofi e agli altri Paesi membri produttori (con particolare riferimento a Francia e Germania), all’interno di una Ue che, nel suo complesso, si conferma uno dei maggiori produttori mondiali di cereali.

Il ricorso ai grandi esportatori del continente americano (Usa, Canada, Argentina, Brasile) è in parte rallentato dal costo del trasporto via nave, dal momento che i prezzi della logistica internazionale non sono ancora ritornati ai livelli pre-pandemia.

A tali criticità si aggiungono i problemi relativi alle caratteristiche qualitative del prodotto estero viste le disposizioni legislative unionali, che ne limitano la commercializzazione in Europa con particolare riferimento ai valori minimi dei residui di prodotti fitosanitari.

Russia e Ucraina, infine, sono tra i maggiori produttori ed esportatori di fertilizzanti e, complessivamente, forniscono all’Italia il 13% del quantitativo totale acquistato all’estero.

Attualmente i partner su cui potenziare gli acquisti sono Egitto (primo fornitore per l’Italia), Belgio, Germania e Marocco ma è facile ipotizzare una impennata globale del mercato che si sommerà al precedente aumento di tutti i prodotti chimici di derivazione energetica.

Alla tensione dei mercati si associano i fenomeni speculativi in atto, che potrebbero spiegare una parte degli aumenti dei cereali che non sono frutto dalle attuali dinamiche di mercato.

Per contrastare queste patologie, è necessario aumentare l’informazione e la trasparenza del mercato.

Tuttavia, occorre, purtroppo, rilevare la mancanza a livello europeo, e anche nel nostro Paese, di una effettiva capacità di stima dei reali stock delle materie prime, che in queste settimane hanno subito i maggiori rincari.

È quanto mai necessario capire esattamente quale sia l’effettiva situazione delle disponibilità di prodotto sia a livello nazionale che europeo, come confermato proprio questa mattina dal Commissario Wojciechowski, per poter distinguere tra lievitazione di prezzi per carenza effettiva e per fenomeni speculativi.

A tal proposito stiamo attivando, assieme agli enti vigilati preposti, opportune misure di monitoraggio.

Lo scenario

La pandemia ha generato una crisi simmetrica che ha colpito uniformemente tutti i paesi, le filiere e i settori.

Con le politiche attuate a livello europeo e nazionale, il mercato stava superando l’emergenza, rendendo ancora più solide le filiere che erano già strutturate ed efficienti.

I dati dell’anno scorso parlano chiaro.

L’Italia, grazie anche alla forza del proprio settore agroalimentare, è sembrata in grado di superare le difficoltà prima e meglio degli altri partner europei.

Al contrario, la crisi provocata dalla “emergenza energetica”, acuita dallo scoppio del conflitto in Ucraina, si distribuisce in modo asimmetrico, colpendo in maniera differenziata Paesi e settori, incidendo direttamente sui costi di produzione e di approvvigionamento.

L’Italia, in questo caso, è tra i Paesi più colpiti.

Il pericolo è che le imprese e interi comparti produttivi possano perdere la propria competitività, rischiando di non riuscire più a redistribuire gli aumenti lungo la filiera produttiva e di uscire progressivamente dal mercato.In questo momento, infatti, i costi per le nostre aziende sono insostenibili.

Il Crea, in una nota pubblicata il 21 marzo scorso, relativa agli effetti del conflitto in Ucraina sui profili economici delle aziende agricole italiane, ha stimato un impatto di oltre 15.700 euro di aumento medio dei costi delle imprese agricole.

Aumento dovuto al rincaro di fertilizzanti, mangimi, gasolio, sementi/piantine, prodotti fitosanitari (antiparassitari e diserbanti), oltre ai maggiori costi per i noleggi passivi, conseguenza diretta dell’incremento dei costi dei carburanti.

L’impatto complessivo dell’impennata dei prezzi pagati dagli agricoltori sulla platea delle aziende, oltre 600 mila imprese agricole, rappresentate dall’indagine effettuata sulla base dei dati aziendali rilevati dalla rete Rica (Rete d’Informazione Contabile Agricola, la fonte ufficiale Ue), supera i 9 miliardi di euro.

Gli agricoltori pagano due volte il costo degli aumenti. In maniera diretta, con la bolletta energetica, e in maniera indiretta, tramite gli aumenti dei prezzi dei semilavorati e delle materie prime, che sono, a loro volta, colpiti dalla crescita dei costi di produzione e di approvvigionamento.

Senza gli adeguati strumenti di sostegno e senza un indirizzo strategico definito, sarà difficile recuperare le fasce di mercato perdute.

Cito, ad esempio, il caso del caro gasolio, che ha provocato nei giorni scorsi il blocco degli autotrasportatori e dei pescherecci, con gli operatori che hanno fatto grande difficoltà a contenere il progressivo aumento dei costi.

Su questo specifico tema ho avuto anche, di recente, un confronto con i Ministri Franco e Cingolani.

Il Ministero è prontamente intervenuto per sostenere il settore della pesca.

La scorsa settimana in Conferenza Stato-Regioni è stata raggiunta l’intesa sul decreto ministeriale che stanzia 15 milioni di euro per le imprese del settore marittimo, 3,5 milioni per l’acquacoltura e 1,5 milioni per il comparto operante nelle acque interne, per un totale di 20 milioni di euro.

Si tratta di un provvedimento fortemente atteso da tutta la filiera ittica e adottato in tempi rapidi, per fornire una concreta risposta alla crisi energetica che stanno vivendo le marinerie, che si aggiunge alla misura agevolativa che ho voluto inserire nel cd. dl “crisi Ucraina” e di cui parlerò tra poco.

Allo stesso modo, la filiera dei prodotti lattiero caseari sta pagando uno dei prezzi più alti per gli aumenti di energia e dei mangimi.

Anche se l’accordo stipulato a novembre dal tavolo di filiera è ormai superato dall’attuale situazione del mercato, la ripresa del confronto, avviata nuovamente su mia iniziativa lo scorso febbraio, mira a condividere con tutti gli operatori gli interventi congiunturali e strutturali per consentire al settore di superare la crisi.

La necessità di una risposta comune da parte dell’Europa

Il perdurare nel tempo di tale situazione di crisi lascia prevedere che l’effetto dell’aumento dei costi difficilmente potrà essere assorbito nel breve periodo.

Le conseguenze delle incertezze geopolitiche, la volatilità dei mercati energetici internazionali e le difficoltà del commercio globale, non possono essere affrontati efficacemente a livello di singolo Paese, ma necessitano di una risposta comune a livello europeo.

Nel caso del caro energia, la proposta di mettere un tetto al prezzo del gas è un elemento cruciale per evitare la corsa al rialzo dei prodotti energetici.

Allo stesso tempo, ho più volte sostenuto e ribadisco la necessità di una riflessione sul ricorso a un’ulteriore tranche di debito comune per l’adozione di un Energy Recovery Fund, allo scopo di compensare, a livello europeo, l’asimmetria della dipendenza dal gas e delle modalità di produzione dell’energia elettrica all’interno dei singoli Stati membri.

In questo scenario, non ritengo opportuno parlare di sovranità alimentare per il sistema agroalimentare italiano e colgo questa occasione per ribadire, ancora una volta, che a tutt’oggi non esistono allarmi alimentari per il nostro Paese.

Il nostro tessuto agricolo non può fisicamente garantire l’autosufficienza di tutte le materie prime necessarie per le produzioni nazionali destinate al consumo interno e all’esportazione (quest’ultima, peraltro, in costante crescita).

Ritengo, inoltre, sia necessario evitare atteggiamenti come quelli inizialmente tenuti dall’Ungheria, che potrebbero compromettere il funzionamento del mercato unico comune, minando alla base uno dei caposaldi dell’Unione Europea.

Al contrario, credo debba essere avviata una seria riflessione sulla capacità di autoapprovvigionamento alimentare del nostro continente.

La sovranità alimentare europea è possibile ed auspicabile, occorre però rivedere le politiche che, nel corso degli anni, hanno portato in Europa all’abbandono di alcune coltivazioni.

L’obiettivo deve essere quello di assicurare che i raccolti all’interno dell’Unione Europea garantiscano gli approvvigionamenti necessari ai nostri produttori, senza ricorrere a Paesi terzi.

Oggi, l’Italia importa oltre il 60% dei propri fabbisogni di frumento tenero e circa il 50% di mais e il mercato nazionale è largamente esposto alle turbative del mercato globale.

A livello europeo, occorre verificare i meccanismi di distribuzione delle produzioni interne e intervenire sull’aumento della capacità produttiva dei Paesi membri per le colture più necessarie.

A livello nazionale, è cruciale avviare una discussione per definire una quota minima di autoapprovvigionamento nazionale che consenta al settore agroalimentare di affrontare con maggiore tranquillità la sempre più frequente volatilità del mercato.

I primi interventi in ambito europeo

Nel corso del Consiglio dei Ministri Agricoltura e Pesca della Ue, tenutosi il 21 marzo a Bruxelles, ho avuto un confronto molto importante con i colleghi europei e con il Commissario Wojciechowski, sulla definizione delle misure di emergenza da adottare all’interno della Unione.

In quella occasione, abbiamo avuto modo di collegarci in videoconferenza con il Ministro dell’agricoltura ucraino, Roman Leshchenko, che ci ha illustrato le drammatiche condizioni in cui è costretta a vivere la popolazione ucraina – anche dal punto di vista dell’approvvigionamento alimentare – sollecitando aiuti concreti e tempestivi.

A nome dei 27 Stati Membri e della stessa Unione europea, il Commissario Wojciechowski e il Ministro francese Denormandie hanno ribadito la vicinanza dell’intera Unione all’eroica difesa del popolo ucraino dei confini dell’Europa democratica, e assicurato assistenza e finanziamenti al fine di riattivare quanto prima il comparto primario del Paese e garantire, per quanto possibile, continuità alla stagione di semina.

Wojciechowski ha poi illustrato il pacchetto di interventi straordinari messi in campo dalla Commissione, anche a seguito delle indicazioni dei Capi di Stato e di Governo a Versailles, per affrontare la crisi dei mercati.

Innanzitutto, attraverso uno stanziamento di 500 milioni di euro di fondi europei, si intende attivare le misure di mitigazione delle turbative del mercato per sostenere i settori più colpiti dalla crisi, secondo quanto previsto dall’art. 219 del Regolamento (Ue) n. 1308/2013 sull’Ocm unica.

Le risorse saranno reperite utilizzando 350 milioni di euro della riserva di crisi e 150 milioni di euro da entrate a destinazione specifica (“assigned revenue” per pagamenti diretti e mercati).

Queste misure potranno essere cofinanziate dagli Stati Membri fino ad un massimo del 200%.

La bozza di atto delegato, resa disponibile dalla Commissione, prevede per l’Italia un’assegnazione di 48 milioni di euro, che potranno essere integrati con un cofinanziamento, dunque, sino a 96 milioni di euro, di cui siamo chiamati a farci carico con un ulteriore sforzo finanziario.

Per l’Italia significherebbe disporre di uno stanziamento complessivo di 144 milioni di euro, che è mia intenzione destinare ai settori maggiormente in difficoltà, zootecnico e lattiero-caseario in primis.

Ma occorre far presto, le imprese hanno bisogno urgente di sostegno ed i tempi concessi dalla Commissione sono particolarmente ristretti.

Al fine di aumentare il potenziale produttivo europeo, inoltre, la Commissione ha proposto una deroga per il solo anno 2022 all’attuale norma della Pac che prevede di destinare almeno il 5% delle superfici agricole seminabili ad aree ecologiche.

La Commissione predisporrà un atto delegato, per permettere la coltivazione su tali aree delle colture più necessarie (colture proteiche, cereali, girasole e altre colture) nonché l’eventuale pascolamento.

Sempre in tema di Pac, si prevede la possibilità per gli Stati Membri di erogare un livello più elevato di anticipi per i pagamenti diretti e le misure a superficie dello sviluppo rurale, a partire dal 16 ottobre 2022.

Per porre freno ai fenomeni speculativi, la Commissione si è mostrata disponibile ad autorizzare importazioni temporanee di materie prime dai Paesi terzi anche in deroga ai limiti massimi di residui fitosanitari.

Nel corso della riunione ho espresso il mio sostegno al pacchetto proposto, ma ho fatto anche presente che tali misure non sono sufficienti a gestire una situazione di crisi di così ampia portata.

In primo luogo, ho sottolineato l’opportunità di procedere con una proroga dell’attuale regime di aiuti di stato per la crisi Covid, in scadenza a fine giugno, evidenziando la complessità dell’adozione di un nuovo meccanismo, peraltro con plafond limitato a soli 35.000 euro per azienda agricola.

In merito ai piani strategici ho evidenziato l’opportunità di prestare particolare attenzione alle nuove priorità della sicurezza alimentare, richiamando in particolare l’attenzione sulla possibilità di una deroga temporanea di alcuni vincoli in modo da permettere di destinare tutte le superfici, a qualsiasi titolo ritirate dalla produzione, a colture proteiche, cereali o girasole.

Ed ho proposto che dette deroghe siano previste non solo per il 2022, ma anche per il 2023, per ricomprendere anche le semine autunnali.

Ho infine invitato la Commissione a valutare la possibilità di aumentare il plafond da destinare agli aiuti accoppiati da destinare alle colture proteiche, cereali e semi oleosi.

Le proposte della Commissione rappresentano certamente un primo passo positivo ma appaiono ancora timide: mi aspetto dall’Unione Europea una risposta forte e coesa in termini di sostegno ai paesi che pagano il prezzo della crisi.

Il Commissario ha condiviso la necessità di rivedere i Piani Strategici alla luce delle mutate condizioni di mercato, pur ribadendo l’importanza di rispettare gli obiettivi sostenibilità della nuova Pac, ed ha anche confermato l’invio, previsto tra domani e il 31 marzo, delle singole lettere contenenti le osservazioni della Commissione sui Piani Strategici Nazionali, tra cui quello italiano.

Anche alla luce delle osservazioni della Commissione, proseguiremo nel lavoro di finalizzazione del nostro Piano Strategico, con la convinzione che lo strumento più potente per orientare le produzioni agricole è proprio la Politica Agricola Comune (Pac).

A tal proposito nel corso del Consiglio del 21 marzo molti paesi membri hanno posto l’accento sulla necessità di adeguare i Piani Strategici Nazionali alle nuovo condizioni di mercato venutesi a creare.

Sono personalmente convinto che non si debba retrocedere dagli obiettivi sfidanti della nuova Pac e quindi che, invece di ragionare su una modifica strutturale dei Piani Strategici, si debba valutare una sospensione dell’entrata in vigore dei nuovi regolamenti.

Di fatto la programmazione 2021-2027 è stata già segnata da un primo biennio di proroga dei regolamenti seppur applicati alla nuova struttura finanziaria (cd. “new money, old rules”), ciò potrebbe valere anche per il 2023.Mi preme infine ricordare che il 23 marzo, come annunciato, è stata pubblicata la comunicazione della Commissione sulla sicurezza alimentare degli approvvigionamenti e la resilienza del settore agroalimentare europeo, per affrontare le criticità emerse dalla pandemia Covid-19 e dalla recente invasione dell’Ucraina.

Evidenzio che tra le misure raccomandate, all’interno del documento della Commissione, compare anche il sostegno delle azioni volte ad assicurare cibo e assistenza materiale agli indigenti e ai profughi.

Per quel che riguarda il settore della pesca, sono state portate all’attenzione del Commissario per l’ambiente, gli oceani e la pesca, Sinkevičius, le grandi difficoltà delle filiere della pesca e dell’acquacoltura a seguito del vertiginoso aumento dei costi del carburante e delle materie prime.

È stato, quindi, richiesto di ricorrere ad ogni provvedimento utile ad affrontare la situazione in atto – come già accaduto nel 2020, per fronteggiare l’emergenza Covid-19 – nonché l’attivazione della nuova misura prevista dall’articolo 26 del regolamento del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura, riguardante le compensazioni per perdite di reddito o di costi aggiuntivi in caso di circostanze eccezionali.

Il Commissario Sinkevičius ha comunicato che, nel prossimo collegio dei Commissari, proporrà l’attivazione di tali misure di emergenza con validità retroattiva, a decorrere dal 24 febbraio 2022.

L’azione del Governo italiano

All’azione dell’Unione Europea, devono essere affiancate misure di sostegno a livello nazionale.

Dobbiamo supportare le imprese in questo momento di difficoltà e garantire al settore agricolo di recuperare una parte consistente del valore aggiunto che si crea nella parte finale della filiera.

Con la legge di bilancio 2022 abbiamo già previsto misure a sostegno di alcune colture, rifinanziando il cd. “Fondo per la competitività” che, tra l’altro, prevede uno specifico sostegno per i produttori di mais e di proteine vegetali (legumi e soia).

Ulteriori risorse potranno essere utilizzate a valere sul cd. “Fondo filiere”, appositamente istituito per sostenere i comparti produttivi agricoli, della pesca e dell’acquacoltura.

Tuttavia, il nuovo scenario impone una ridefinizione dell’azione di Governo, che deve seguire principalmente due direttrici.

Una serie di interventi di emergenza, per sostenere la liquidità e ridurre i costi delle aziende e una forte accelerazione sulla fase di attuazione del Pnrr, per garantire la diversificazione energetica delle imprese e rafforzare l’efficienza delle filiere.

Il decreto-legge per la crisi in Ucraina

Il pacchetto di misure inserite nel decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21 (il cd. dl “Crisi Ucraina”), costituisce una prima concreta risposta, anche se non esaustiva, alle esigenze del settore.

La liquidità aziendale dipende fortemente dal peso degli oneri bancari.

Per questo motivo ho voluto stanziare 20 milioni di euro per la rinegoziazione e ristrutturazione dei mutui agrari fino a 25 anni, che saranno assistiti gratuitamente dalle garanzie Ismea.

Si tratta di un intervento volto a favorire una sana gestione finanziaria delle imprese, che si somma a quelli adottati nel corso degli ultimi due anni, nei quali abbiamo stanziato circa 900 milioni di euro (per il periodo 2020-2025) per sostenere – tramite il sostegno allo strumento delle garanzie Ismea – l’accesso al credito degli imprenditori del settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

Abbiamo, inoltre, assegnato 35 milioni di euro per il rifinanziamento del già citato “Fondo filiere”, che verranno destinati, come detto, a quei settori maggiormente colpiti dalle conseguenze dell’emergenza ucraina.

Allo scopo di contenere i costi di gasolio e benzina per l’attività agricola e per la pesca, abbiamo introdotto un contributo, sotto forma di credito d’imposta, cedibile, per l’acquisto di carburanti.

Il beneficio è pari al 20% della spesa sostenuta per l’acquisto del carburante nel primo trimestre solare dell’anno 2022, qualora il costo sia risultato superiore del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Inoltre, per compensare la minore disponibilità di fertilizzanti a seguito della crisi russo-ucraina, stiamo lavorando affinché gli agricoltori possano utilizzare in campo il digestato proveniente dagli impianti di produzione di energia alimentati a biomasse, equiparandolo ai tradizionali prodotti di origine chimica.

La matrice di ingresso degli impianti dovrà ovviamente essere di produzione o scarto agricolo e non da frazione organica dei rifiuti urbani.

Queste misure si sommano a quelle di carattere generale, finalizzate a contenere l’aumento dei prezzi dell’energia e dei carburanti, sostenendo cittadini e imprese, e a rafforzare l’accoglienza umanitaria delle persone in difficoltà.

Lo stanziamento complessivo del provvedimento è di 4,4 miliardi di euro, finanziato in gran parte dalla tassazione di una quota dei grandi profitti di cui le aziende energetiche stanno beneficiando grazie all’aumento dei costi delle materie prime.

Ricordo che, dalla scorsa estate a oggi, il Governo ha stanziato circa 20 miliardi di euro per consentire agli italiani di fronteggiare l’incremento dei costi dell’energia.Si tratta di interventi finanziariamente ingenti.

Ma credo, come ho già detto, che si possa fare ancora di più e meglio, e garantisco il mio massimo impegno, in ambito nazionale ed europeo, per definire ogni possibile misura volta ad attenuare le criticità che gravano sul tessuto produttivo e occupazionale agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

Pnrr

Le risorse del Pnrr già in precedenza costituivano un elemento cruciale per lo sviluppo del settore, ma oggi, alla luce del nuovo scenario, assumono un diverso rilievo e una rinnovata attualità che impongono una forte spinta all’accelerazione della fase esecutiva.

Anche in questo campo, occorrerà valutare attentamente la possibilità di rimodulare criteri e tempistiche del Piano di Ripresa e Resilienza.

In ogni caso, l’elemento centrale è la diversificazione energetica. Come noto, ho firmato venerdì scorso il decreto sulla misura Pnrr del Parco Agrisolare, che avvia la redazione degli specifici bandi e che proprio in queste ore è in corso di notifica a Bruxelles.

Si tratta di una delle misure più importanti, con uno stanziamento da 1,5 miliardi di euro destinato a sostenere l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti e sulle coperture dei fabbricati agricoli, che consentirà alle imprese italiane di alleggerire il costo della bolletta e di divenire sempre più autosufficienti in campo energetico.

Il target da raggiungere è l’installazione di pannelli per una potenza complessiva di 375.000 kW, contribuendo così a supportare il processo di diversificazione energetica, ora quanto mai necessario per tutto il sistema produttivo nazionale.

Aggiungo che il 15 febbraio scorso, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto a mia firma che disciplina i criteri, le modalità e le procedure per l’attuazione dei contratti di filiera e di distretto, che dispone di risorse per un totale pari a 1,2 miliardi di euro.

Questo provvedimento permetterà ora di implementare concretamente la misura, definendo nel dettaglio l’iter istruttorio, la procedura di valutazione per la selezione dei progetti e le modalità di finanziamento.

L’obiettivo è garantire velocemente nuove risorse alle imprese e sostenere i progetti per il miglioramento dell’efficienza e della capacità di risposta delle filiere ai momenti di crisi.

Segnalo anche le possibilità offerte dai progetti legati allo sviluppo della logistica (800 milioni di euro), che possono sostenere gli investimenti per migliorare la strutturale carenza del settore di un moderno sistema di stoccaggio e movimentazione dei cereali e dei mangimi.

Mi preme anche ricordare che le nostre disponibilità di materie prime sono direttamente legate agli effetti dei cambiamenti climatici.

Anche quest’anno, infatti, si ripropone in maniera allarmante l’emergenza siccità.

Le piogge scarse e disomogenee registrate in questi primi tre mesi del 2022, contribuiscono a mettere a repentaglio la tenuta produttiva di alcuni dei nostri più rilevanti settori.

Fondamentali sono, pertanto, le misure del Pnrr volte ad assicurare una maggiore efficienza dei sistemi irrigui del nostro Paese.

Il Mipaaf ha destinato 880 milioni di euro a questo tipo di interventi, che riteniamo strategici, anche per sostenere la capacità produttiva delle aziende agricole, che operano in condizioni climatiche sempre più difficili e altalenanti.

Abbiamo dato la massima priorità all’intervento del Pnrr sull’agrosistema irriguo, per il quale sono in fase di verifica i singoli progetti presentati.

Sull’efficientamento dei sistemi irrigui il Mipaaf ha investito molto, anche utilizzando risorse derivanti da altri strumenti di programmazione.

Grazie al Fondo Sviluppo e Coesione, alla Pac e ai fondi messi a disposizione a livello nazionale, nel triennio 2019-2020 sono stati ammessi a finanziamento 115 progetti per un valore di oltre 1 miliardo di euro.

Oltre alle risorse del Pnrr, abbiamo oggi a disposizione ulteriori 440 milioni di euro, derivanti dalla Legge di Bilancio 2021, per sostenere nuovi progetti finalizzati a garantire un uso efficiente della risorsa idrica.

Il tema della gestione delle risorse idriche è sempre più strategico, con conseguenze economiche sempre rilevanti per le aziende del settore primario.

Stiamo dunque operando anche per rafforzare gli strumenti di gestione del rischio in agricoltura, che considera non solo i rischi connessi alla siccità, ma anche ad altri eventi meteorologici avversi come le gelate e le alluvioni.

Con l’ultima Legge di Bilancio il Governo ha stanziato circa 900 milioni di euro sulla gestione del rischio.

Tali risorse, integrando i fondi della Pac, andranno a costituire un pacchetto di oltre 700 milioni di euro l’anno, finalizzato a garantire una rete di sicurezza a oltre 700.000 agricoltori.

Il Piano di gestione dei rischi in agricoltura per l’anno 2022, che definisce l’implementazione dei vari strumenti di gestione del rischio ad oggi disponibili, è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 16 marzo 2022.

Conclusioni

So che c’è molto lavoro da fare. Resto, però, ottimista sugli esiti di queste nuove e impreviste sfide che l’Europa e il nostro Paese stanno affrontando.

Da febbraio 2020 siamo alle prese con difficoltà inimmaginabili fino ad allora.

Grazie ad una ritrovata coesione nazionale, sollecitata dal presidente della Repubblica, siamo riusciti a restare uniti e a preservare la tenuta sociale ed economica dell’Italia.

Abbiamo rinnovato la consapevolezza della forza e della strategicità del settore agroalimentare italiano.

I nostri imprenditori, i nostri agricoltori, i nostri braccianti hanno dimostrato capacità di reazione fuori dall’ordinario.

Permettetemi di aggiungere che anche i Governi che si sono succeduti in questo periodo hanno fatto il possibile per sostenerli. Pensavamo di poter affrontare con maggiore serenità l’anno in corso, ma i drammatici avvenimenti di queste settimane ci pongono dinnanzi a scenari più complessi di quelli immaginati.

È nostro compito approntare tutte le misure necessarie a superare il momento di difficoltà.

Ribadisco, soprattutto, la volontà di impegnarci in campo europeo per riuscire a orientare in modo più efficace e funzionale le politiche dell’Unione europea.

Il nostro Paese e l’Europa non sono più quelli che abbiamo conosciuto fino a due anni fa.

Le sfide che ci attendono necessitano di politiche e strumenti adeguati alla nuova realtà.

Concludo questo intervento rivolgendo nuovamente il mio pensiero al popolo ucraino, che ha consegnato alla comunità internazionale l’immagine di un Paese fiero ed indomito, teso a difendere, in una condizione di debolezza militare, i propri confini e la propria libertà.

Grazie.”

CLICCANDO QUI è possibile seguire il video dell’intervento.

In apertura, foto di Olio Officina©

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