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Facciamo il punto: cosa è successo in questi dieci anni di “Forme dell’Olio”?

Il contest di Olio Officina nato per incentivare le aziende a guardare al design e packaging dei propri oli con un altro sguardo è giunto alla sua decima edizione, al quale è possibile partecipare fino al 15 dicembre. Il designer e presidente della giuria Mauro Olivieri porta l’attenzione su tutti i cambiamenti visibili a cui si è assistito dalla prima edizione del concorso, ricordando quanto sia necessario rielaborare la narrazione del prodotto e sul bisogno che ha questo comparto di essere costantemente ripensato

Luigi Caricato

Facciamo il punto: cosa è successo in questi dieci anni di “Forme dell’Olio”?

Anche l’olio va progettato, secondo il designer Mauro Olivieri. È un corpo fluido, un liquido grasso. È esperienza, espressione di chi lo cura e nel contempo anche cura dello spirito. È uno dei più grandi progetti della natura per noi. E anche noi ce facciamo carico e lo progettiamo. Mauro Olivieri è il presidente della giuria dei contest “Le Forme dell’olio”, “Le Forme dell’aceto” e “Forme Design – Designer dell’anno”. Si occupa di design, visual design, comunicazione, interior design e food design, oltre a essere studioso e progettista di brand dei sistemi territoriali e di comunicazione sul territorio. Tanti i suoi lavori dedicati all’olio, tra cui il progetto “Oliena”, pensato espressamente per esaltare tale materia prima a tavola, un oggetto concepito allo scopo di aiutare l’olio a raccontarsi e a esprimere il massimo delle proprie caratteristiche distintive.

Giunto alla decima edizione del contest “Le forme dell’olio” e alla quinta de “Le forme dell’aceto” cui hai partecipato – dapprima come giurato, poi come presidente della Giuria – che idea ti sei fatto?

Ora che siamo nel vivo della decima edizione per “Le forme dell’olio” e alla quinta per “Le forme dell’aceto” mi preme rimarcare il grande contributo positivo che questa iniziativa ha dato al mondo dell’olio e, a seguire, a quello dell’aceto, affrontando diversi temi. Dare forma a un prodotto esprime perfettamente la necessità di dare una fisionomia, argomentando nella sua specificità il risultato di un processo progettuale. Dare la giusta percezione nel definire l’olio, eleva il prodotto stesso, ma questo aspetto nel passato non è stato preso in considerazione, o lo è stato poco. Oggi possiamo dire che l’attenzione si è alzata, e in alcuni casi addirittura ha contribuito a indagare nuovi percorsi e processi della narrazione, unendo competenze, contributi, ricerca e risorse. Grazie a questa iniziativa si è offerta una opportunità per aprire un dialogo che aiutasse tutti gli attori in campo a individuare nuove prospettive del progetto, e auspico che questa sollecitazione offra ancora nuovi stimoli ai produttori affinché siano sempre più attenti al proprio tempo che cambia, cercando di anticiparlo con idee sempre più mirate a dare dignità e espressione all’olio e all’aceto.

Tutte le aziende intenzionate a partecipare al contest “Forme dell’olio” potranno scaricare il modulo CLICCANDO QUI, così come gli intenzionati a partecipare al contest “Forme dell’aceto” potranno scaricare i documenti CLICCANDO QUI.

Puoi sostenere con certezza di aver assistito a un radicale cambiamento di scenario rispetto al passato, o vi è stata solo una ordinaria evoluzione del design applicato a prodotti come l’olio extra vergine di oliva e l’aceto?

Sicuramente si è messo in atto un volano e un meccanismo che ha sdoganato l’immobilità in cui è facile cadere per tutti gli attori coinvolti: agricoltori, produttori, confezionatori, grafici e comunicatori del mondo dell’olio. La filiera ha iniziato a usare il progetto a vario titolo con una nuova consapevolezza e intraprendenza, in una sinergia riscontrabile dai risultati.
Il vero successo sta nel giusto rapporto dei ruoli: da una parte i produttori arguti e visionari e dall’altra la competenza di professionisti sempre più specifica, un’alchimia che sta viaggiando verso nuovi scenari. I produttori hanno cominciato a credere nel processo comunicativo come leva importante per trasmettere i propri valori e virtù grazie a nuovi stimoli da parte dei progettisti. Questo processo di collaborazione in realtà ha vissuto momenti d’oro negli anni ’50 – ’60 dello scorso secolo. Allora la voglia di raccontare il proprio prodotto la si percepiva nelle famose latte storiche di aziende note, dove il progetto e l’idea nella sua semplicità era un bisogno e una concreta realtà. Poi negli anni fine ‘80 e ‘90 abbiamo assistito a un repentino decadimento, e la latta che era capace di raccontare una storia divenne una latta verde con inutili gocce di olio disegnate.
Ha preso piede la voglia di minimalismo e di rigore grafico, dimenticando che quando si toglie troppo può accadere che non resti nulla. I grafici semplificavano i segni, le aziende ricercavano costi più bassi degli imballi e le industrie erano costrette ad assecondare questa strada, o addirittura a volte a richiederla pur di vendere. Ormai da quasi due decenni si è capito che il design è un processo olistico capace di mettere in atto una completezza di elementi e di sistemi di narrazione, una indubbia capacità di analizzare il progetto su tutti i fronti che legano prodotti, industria, materiali, filosofia, al fine di raggiungere un risultato il più pertinente possibile e adeguato al prodotto.
È importante che i produttori si lascino guardare dall’esterno in modo da far emergere una autenticità scevra da condizionamenti dovuti all’ innamoramento soggettivo del proprio prodotto e della propria azienda, incondizionata e oggettiva.

L’olio è un prodotto complicato. Spesso accade che anche le bottiglie dal design più curato si presentino unte d’olio, con il liquido che fuoriesce, creando danni e disagi, un po’ perché soggetto alle variazioni di temperatura – e di conseguenza trabocca all’esterno – un po’ perché le stesse aziende spediscono prestando scarsa attenzione all’imballaggio, un po’ perché le aziende di materiali non investono molto in ricerca e nemmeno si impegnano a trovare soluzioni. È così? Si possono prospettare soluzioni efficaci?

Molto spesso assistiamo a questi problemi, il prodotto non è facile e la sua conservazione e l’imballo necessitano di accorgimenti accurati e specifici. Va detto che un passo avanti è stato fatto e che è necessario adesso far emergere l’importanza di trovare una volta di più un nuovo fronte di miglioramento, attraverso la ricerca e lo sviluppo, da parte delle industrie, di nuovi contenitori. Se il mercato offre una sola modalità di imballo, anche se con diverse forme, è evidente che il produttore si dovrà rivolgere a loro; l’industria deve affrontare questo tema, affinché si determini una ottimale definizione dell’imballo perfetto per l’olio, sia per il contenitore, sia per le chiusure.  Lo sguardo deve essere rivolto al mondo che cambia, nelle modalità di acquisto e di sostenibilità generale di tutta la filiera a partire dal produttore fino al consumatore.
Oggi da parte del produttore si tende a dare un grande peso al ruolo delle confezioni che certamente aiutano a elevare il percepito di un omaggio o di un regalo di valore, rischiando però a volte di perdere di vista l’integrità del prodotto stesso.

Le aziende produttrici di materiali (bottiglie, chiusure, etichette, imballaggi, etc) hanno realmente favorito e promosso il processo di rinnovamento in atto, sul fronte del packaging e del design degli oli, oppure sono state finora alla porta, inerti, fino a quando le aziende olearie non hanno sollecitato con decisione un impegno più concreto?

Definire in modo cosi netto la responsabilità di scelte commerciali non mi sento di farlo, posso però allargare il punto di vista verso i ruoli e soprattutto verso le vocazioni che ciascuno dovrebbe rappresentare.
Il mercato è in una cosi veloce evoluzione che spesso gli attori, ciascuno per i propri ruoli in campo, fanno fatica a tararsi in modo altrettanto veloce. Sappiamo tutti che la domanda e l’offerta in questo caso, tra produttore e industria, è una azione di dialogo e di visione comune nel sostenere i corretti parametri cui riferirsi e a cui demandare le logiche di vendita, anche educando il consumatore verso determinate scelte.
Non si è arrivati a una perfetta attuazione di questo principio in quanto la modalità di imballo universale, adatto e necessario al prodotto olio, presenta ancora delle criticità. Non mi addentrerei però nella scelta individuale che ciascuno intende prendere. È vero che i produttori sollecitando idee hanno indotto le industrie ad affrontare il tema, e questo ha fatto bene al prodotto olio, ma è altrettanto vero che questa eterogeneità soggettiva della richiesta mette l’industria nella condizione di offrire sempre più varianti con altrettante non perfette soluzioni.
L’importanza di definire oggi la corretta confezione è imprescindibile, lasciando naturalmente la libertà poi di personalizzazione da parte del produttore.

Dall’alto della tua pluriennale esperienza di designer, che consiglio daresti a quanti intendono rinnovare il design delle proprie confezioni?

Non voglio enunciare principi assolutistici corretti per una progettazione perfetta, poiché la verità non sta in mano a nessuno, e il prodotto alimentare in genere necessita di un processo di analisi totalmente diverso da altri prodotti di consumo. Dando però per certo che è l’identità che deve emergere fortemente, possiamo delineare una visione futura, un auspicio rivolto al miglioramento assoluto che il packaging dell’olio deve assumere.
Elencare cosa non è risolto oggi nella comunicazione generale dell’olio, non è un esercizio difficile.
Non è stato ancora superato il processo che lega forme, soggetti e colori, stereotipi che stentano ad allontanarsi.
Non si è ancora trovata una lettura della narrazione del prodotto equilibrata che veramente non sia solo esaltazione, a volte esagerata, di un prodotto che spesso non lo merita.
Essere veri in quello che si dice resta il principio fondante di una comunicazione e promozione.
Non abbiamo ancora raggiunto una attenzione vera al prodotto da scaffale, in termini di stabilità del prodotto, della sua attrazione e narrazione.
Si è individuato, nel ruolo delle confezioni da regalistica, una modalità, e questa la ritengo corretta se pur con qualche riserva, ma non va dimenticato il ruolo primario del prodotto a cui dare sempre più dignità per avvicinarlo a un pubblico di fruitori sempre più ampio. Possiamo affermare che il mondo dell’olio necessita di un continuo ripensamento, perché sia sempre adeguato ai tempi, alle abitudini e alle nuove cucine del mondo che si affacciano a questo prodotto. È importante riaffermare l’identità universale di un prodotto alimentare che ormai possiamo considerare primario e un condimento assolutamente necessario.

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In apertura, foto di Olio Officina©

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