L’addio a Giuseppe Fontanazza
Per molti è stato un solido punto di riferimento, studioso degli olivi tanto apprezzato da alcuni quanto inviso ad altri. Succede sempre così, in Italia: o si è da una parte, o si è dall’altra. Resta un personaggio che ha lasciato molto al Paese, sicuramente un innovatore e un uomo di cultura
Ho sempre apprezzato la profonda sensibilità culturale del professor Giuseppe Fontanazza, l’attenzione per aspetti che altri non avevano per la cultura in senso stretto, quella non confinata ai soli aspetti agronomici, lui invece questa dimensione aperta alla complessità e alla bellezza la coltivava con grande attenzione e riguardo.
Ho collaborato con lui sin dai primi numeri, quando fondò e diresse la rivista mensile Olivo & Olio, edita in quegli anni di grande vitalità da Edagricole di Bologna. Poi, più niente. I contatti si fecero rari, ma sempre caratterizzati da stima reciproca. Un galantuomo. Nonostante avesse tanti nemici che non condividevano la sua visione di olivicoltura, resta il fatto che Fontanazza ha comunque lasciato in eredità qualcosa laddove altri non hanno avuto mai modo di realizzare alcunché.
La notizia della sua scomparsa mi è giunta la mattina dell’1 giugno, ma non ne ho dato un immediato riscontro su Olio Officina perché per mia abitudine ho voluto prima verificare la veridicità, ed eccomi qui, ora, a scriverne nella consapevolezza che vi è una parte, tra gli operatori del settore, che non ha mai stimato il professore. Quando nel 2003 iniziai l’avventura editoriale di Teatro Naturale, ci fu addirittura il manager di una importante azienda di macchinari che mi disse in modo categorico che non avrebbe accettato di far pubblicità se ci fosse stata la firma di Fontanazza. Questo, solo per dare l’idea di una frattura insanabile, sin da allora, all’interno del settore olivicolo e oleario.
Ricordo anche di un altro ricercatore che aveva una posizione molto critica nei confronti di Fontanazza e dei suoi metodi in materia di olivicoltura, ma costui, invitato da me, a esprimere pubblicamente la propria posizione contraria, in modo da far comprendere le ragioni del proprio disappunto, non ha mai osato scrivere nulla. Il fatto è che, piaccia o meno, il professor Fontanazza godeva dell’ammirazione di molti altri operatori del settore e questo forse non piaceva. Non lo so, resta così strano immaginare queste avversioni, a me risultano tuttora razionalmente incomprensibili.
È il grosso limite dell’Italia, miei cari. Sempre attraversata da un animo ostile, sempre in contrapposizione tra le parti. Io posso invece dire, e lo dissi pubblicamente a Verona anni fa, nell’ambito della presentazione di due bellissimi libri illustrati a firma del professor Fontanazza, che sono rare le persone così attente e sensibili alla cultura come lo è stato lui.
Non mi soffermo sui suoi metodi colturali che proponeva, o sull’olivicoltura intensiva. Va tuttavia riconosciuto che nelle vesti di direttore dell’Iro Cnr di Perugia si adoperò moltissimo per innovare la vetusta olivicoltura italiana, introducendo nuove cultivar, come la notissima Fs 17, altrimenti conosciuta come Favolosa, o per esempio la Don Carlo.
Tra i suoi libri, segnalo quello che si può considerare a tutti gli effetti un classico, tra i manuali di olivicoltura, ovvero Olivicoltura intensiva meccanizzata, pubblicato nel 1993 per le edizioni Edagricole; e poi c’è Il dono di Minerva. Iconografia dell’olivo nella cultura occidentale tra mito, religione e paesaggio, firmato insieme con Giancarlo Gentilini e Jacopo Manna, pubblicato per le edizioni La Rocca nel 2013. E infine, ma non ultimo, merita di essere menzionato anche L’olivo nel paesaggio agrario toscano, un volume illustrato uscito per le edizioni Ponte alle Grazie, a cura di Lorenzo Vallerini, dove Giuseppe Fontanazza firmò un prezioso e arricchente saggio sugli aspetti bioagronomici dell’olivo.
Quel che è certo, è che Fontanazza lascia un vuoto che altri, tra quelli che non lo hanno mai avuto nella giusta considerazione, neppure lontanamente potranno mai lasciare. Il mondo dell’olivo e dell’olio può solo essere riconoscente.
La foto di apertura è tratta da internet
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