L’olio tunisino somiglia alla nafta. Cresce in Italia l’onda razzista
Anche i rappresentanti delle Istituzioni hanno iniziato a prendere di mira gli oli extra vergini di oliva esteri. Stupisce questa nuova tendenza denigratoria, anche perché il made in Italy non acquisisce maggiore valore screditando le altrui produzioni. A sostenere l’infelice giudizio, tanto assurdo quanto deprecabile, non è stato l’incauto uomo della strada, ma il governatore della Regione Campania De Luca
La notizia, rilanciata dall’Ansa e ripresa da numerose testate giornalistiche, segna il punto più basso in cui è precipitato il Paese. Travolti da uno scadimento culturale e sociale senza precedenti, anziché realizzare progettualità di marketing e comunicazione, per valorizzare l’olio italiano, si sceglie la via più rapida e facile: denigrare gli altri, se questi poi sono africani, diventa tutto più semplice.
Investiti da una vis polemica sterile quanto illogica, in bilico tra populismo e sovranismo, sembra che questa ventata di razzismo -pur indiretto e forse inconsapevole – abbia preso ormai il pieno sopravvento sul buon senso.
Il teatro in cui si è consumato lo show di De Luca, con corollario di bandiere giallo verdi sullo sfondo, è il mercato agricolo di Coldiretti a Napoli, a tutti noto come “Campagna Amica” – purché sia la propria di campagna, non quella altrui.
Il giudizio è tranciante – “L’olio tunisino somiglia alla nafta”- ed è stato pronunciato nel corso della inaugurazione del nuovo spazio mercatale. Il quotidiano Il Mattino ha colto nel segno, ricorrendo alla divertente titolazione: “De Luca show”. Sì, perché, in fondo, proprio di uno show si tratta.
In questi mercati concessi a cuore aperto, e con troppa generosità, in tutte le città italiane – a scapito di molti altri agricoltori figli di un dio minore, in quanto aderenti a Cia e Confagricoltura, cui si negano di fatto i medesimi spazi per le proprie attività commerciali – si riuniscono ovunque con grande spavalderia per promuovere l’ideologia del Km 0, quale nuova versione postmoderna (forse anche inconscia, e non del tutto razionalizzata) dell’autarchia fascista, cifra distintiva di un tempo che ricordiamo tutti buio e doloroso, secondo la cui logica solo ciò che è prodotto all’interno della propria particella di terreno è buono, mentre tutto il resto è spazzatura.
Ebbene, è proprio qui, in questo contesto, che si è consumato lo show di De Luca, il quale, evidentemente, o per fare incetta di voti, come ormai accade di consueto presso la corte di Coldiretti, o, altra ipotesi, per non rinunciare ad assecondare una visione distorta e irrazionale di cui è profondamente convinto, ha preferito essere lui pure in linea con la nuova tendenza in atto in Italia, animato da un fuoco populista e sovranista, e, nel caso specifico dell’olio, sostenendo che gli extra vergini della Tunisia facciano schifo. D’altra parte, le parole sono parole: se si dichiara che l’olio tunisino somiglia alla nafta, tutto possiamo pensare tranne che si tratti di un giudizio lusinghiero.
Quando ho saputo dell’incauta dichiarazione del governatore De Luca, sono rimasto dapprima sbalordito, poi affranto: “Se volete l’olio tunisino – ha dichiarato il politico – lo pagherete un terzo ma non è olio, somiglia alla nafta. Non è olio”, ha ribadito.
Quel che si fa fatica a comprendere, in tutto ciò, è l’assoluta ingenuità di simili giudizi. Anche perché non risulta ancora chiaro un passaggio chiave, in realtà molto semplice ed elementare. E cioè, questo: in ogni angolo del pianeta in cui si coltivano olivi e si estrae di conseguenza l’olio dalle olive, è possibile ottenere quello che merceologicamente viene definito “olio extra vergine di oliva”, i cui parametri di riferimento valgono per tutti i Paesi, nessuno escluso. Eiste una legislazione internazionale al riguardo.
Alcuni di questi extra vergini possono essere dei comuni extra vergini, altri invece buoni, altri ancora perfino eccellenti. È elementare, vero?
Un esempio, per capire, a scanso di ogni equivoco: in diversi concorsi a carattere internazionale in cui si valuta la qualità vi compiano anche oli prodotti in Tunisia, così come in altri Paesi, europei e non, che appunto si impongono all’attenzione degli esperti proprio per le loro peculiarità e qualità.
Alla luce di queste banali considerazioni, non si comprende pertanto la ragione per cui si debbano giudicare “somiglianti alla nafta” gli oli tunisini. Che senso abbia, sul piano razionale ricorrere a simili paragoni non ci è dato comprendere.
Forse sarà l’asservimento della politica a Coldiretti, chissà. Certo, per una manciata di voti promessa tutto è possibile. O forse sarà una forma di razzismo inconsapevole? Chissà, non saprei dire.
Forse, sarebbe il caso che politici con incarichi istituzionali di primo piano siano più sobri nei giudizi e meno superficiali rispetto a ragionamenti che appaiono a un immediato impatto razzisti (forse, chissà), prima ancora che stolti.
Sostenere che l’olio tunisino sia nafta, non è soltanto un’offesa irrispettosa e ingiusta nei confronti di onesti lavoratori agricoli, ma è nel contempo una affermazione grave e perseguibile anche dalla legge, in quanto calunniosa e diffamante.
Mi auguro che sia stato il frutto di un atto inconsapevole, di una sospensione momentanea del pensiero, una sorta di blackout. Come pure spero vivamente che il governatore della Campania Vincenzo De Luca chieda pubblicamente scusa alla Tunisia, come pure a tutte le persone per bene impegnate in un lavoro che richiede costanza, energie, investimenti e sacrifici.
Le scuse le attendiamo soprattutto nella speranza che si possa finalmente invertire l’onda barbarica che sta attraversando da tempo l’Italia, anche a livello istituzionale.
Le scuse d’altra parte sono un atto dovuto, tanto più che l’imprudente giudizio è stato pronunciato non da un anonimo uomo della strada, ma da un rappresentante delle Istituzioni.
Meno show e più serietà e rispetto, grazie.
La foto di apertura è di Olio Officina ©
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