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La prematura scomparsa di Giuliano Ghiglione Bianco

Piemontese di origine, dopo essersi sposato con la frantoiana Anna Maria Ghiglione di Dolcedo, aveva eletto la Liguria a sua patria elettiva, portando avanti un’attenzione estrema, solerte e premurosa alla cura del territorio, al fine di tutelarne il patrimonio colturale olivicolo d’alta quota e riponendo la medesima dedizione al ripristino e alla salvaguardia dei muretti a secco

Flavio Lenardon

La prematura scomparsa di Giuliano Ghiglione Bianco

Sabato 9 ottobre 2021 ci ha lasciati Giuliano “Ghiglione” Bianco. Tanto era partecipe della vita della famiglia che da tutti era conosciuto come Ghiglione, dell’omonimo frantoio in via Cianciergo 25 a Dolcedo.

In realtà Giuliano era piemontese e aveva spostato Anna Maria Ghiglione, diventando parte integrante della vita del Frantoio di proprietà dei fratelli Gian Franco e Anna Maria Ghiglione, i quali hanno portato avanti l’eredità lasciata da Giuseppe, il fondatore, nel 1920, del frantoio.

Nel mio ricordo personale posso sostenere che Giuliano era uno straordinario conoscitore della situazione olivicola a tutto tondo, curioso ed eclettico, con una personalità affabile e, intuitivamente, un “accordatore”, infatti riusciva a trovare sempre una soluzione positiva e propositiva, anche nelle situazioni più spinose.

Fine gourmand e appassionato della buona tavola senza eccessi, sportivo di montagna, dello sci alpino e delle ciaspole, senza scordare il semplice trekking.

Partecipava con entusiasmo, grande passione e slancio alle principali fiere del settore – Anuga, Tutto Food, Cibus – ma pure con dedizione e altrettanta passione alle fiere minori, e in tutte metteva al centro la passione nella divulgazione della cultura olearia.

Come me “straniero” in terra ligure, aveva una conoscenza non solo della olivicoltura territoriale, quanto, sempre con il suo fare accogliente e aperto, aveva una conoscenza che spaziava andando dalla Spagna alla Croazia, da dove riceveva informazioni sullo stato dell’olivicoltura, dell’olivagione, dello stato delle cose nel campo, a dimostrazione di quanto avesse a cuore la materia olivicola e olearia.

A testimoniarlo un aneddoto di un paio di settimane or sono, quando, incontrandolo, gli chiesi come fosse la stagione olivicola e lui con grande semplicità e il suo sorriso disarmante, bonariamente un po’ canzonatorio, mi ha fatto un quadro generale dello stato della stagione olearia in apertura, dicendomi: “ho telefonato a degli amici in giro”; e di amici Giuliano ne aveva effettivamente in quantità, e infatti sabato 9 ottobre si trovava proprio a Courmayeur, con gli amici commilitoni del corso ufficiali che aveva frequentato, con i quali festeggiare il quarantennale del loro servizio militare in qualità di ufficiale di complemento, commilitoni con i quali manteneva da sempre rapporti di amicizia e sincera condivisione.

Flavio Lenardon (a sinistra), con Giuliano Bianco

Il movimento Treedream per lui era la naturale evoluzione delle sue idee, perché da sempre nel suo animo vi era, in accordo con Gian Franco Ghiglione, il cognato, una inclinazione alla tutela del patrimonio colturale olivicolo d’alta quota, una attenzione al ripristino dei muretti a secco e la perseveranza nella loro salvaguardia, tant’è che negli ultimi dieci anni l’azienda è riuscita a trasformare la sua produzione da convenzionale a biologica e, da circa tre anni, anche in parte in biodinamica, dimostrando come tradizione e storia possano essere affiancate da tecniche all’avanguardia e persino futuriste.

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