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La Xylella Fastidiosa non uccide solo gli ulivi

Si guardino in faccia gli effetti del terribile batterio e si prenda una posizione netta. Gli olivicoltori e i frantoiani sono a un passo dalla disperazione, nell’indifferenza generale, soprattutto da parte degli organi istituzionali. Un imprenditore salentino di Morciano di Leuca, Cosimo Negro, si è tolto la vita per una situazione che da anni stava divenendo sempre più complicata e insostenibile. Lo Stato ha avuto gravissime responsabilità nella gestione dell’emergenza, e così la cosiddetta società civile (così poco civile, in realtà). Non ci si può ignorare un gesto così estremo

Chiara Di Modugno

La Xylella Fastidiosa non uccide solo gli ulivi

Chi non ha mai visto, se non attraverso fotografie, gli effetti della Xylella, potrebbe avere più difficoltà a comprendere cosa significhi per un imprenditore, ma non solo, assistere alla devastazione irreversibile di interi uliveti.

Il patogeno non dà scampo alla pianta, né agli olivicoltori: l’unica soluzione è estirpare gli alberi, sia perché ormai privi di vita, sia per impedire alla Xylella di espandersi ulteriormente.

In Puglia, principalmente nella zona del Salento, ma gradualmente sta raggiungendo anche le provincie più a nord della regione, questo fenomeno ha causato la morte di milioni di piante.

Sempre in Puglia, a Morciano di Leuca, agli inizi di settembre, Cosimo Negro, conosciuto come Cosimino, si è tolto la vita: i danni della Xylella, sommati al caro energia e agli elevati prezzi dei concimi, non erano più sostenibili.

E lo Stato non può ignorare un gesto estremo come questo, perché è un chiaro allarme di un comparto in sofferenza, di agricoltori sfiniti, lasciati soli a combattere con fenomeni incapaci di gestire senza un aiuto concreto da parte delle istituzioni, racconta la figlia Fedora.

Cosimo Negro si addossava colpe che non aveva mentre provava a fronteggiare una crisi di immensa portata, cadendo in una forte e lunga depressione, come emerge dal servizio televisivo di Telerama.

Da otto a due è il numero dei dipendenti che era riuscito a tenere con sé presso l’oleificio, e non riusciva a perdonarselo. Eppure, anche chi negli ultimi anni non faceva più parte dell’azienda ha ricordi piacevoli di quel titolare, pronto ad aiutare chi avesse bisogno.

Una figura fraterna, un amico, un giovane uomo di cinquantacinque anni sempre sorridente e disponibile che a un certo punto ha perso la gioia che lo accompagnava quotidianamente, portandolo al punto di odiare tutto quello che fin dall’adolescenza seguiva con cura e passione.

Fedora, però, non vuole arrendersi e pensa già alla stagione di raccolta del prossimo anno con una promessa speciale: dedicare il nome dell’attività al proprio padre.

Si deve andare avanti, anche quando la situazione non è facile e ha ripercussioni di una certa portata, ma non si può ignorare l’accaduto. Non lo può ignorare chi governa e non lo possono ignorare i singoli: serve consapevolezza del momento e di quello che quotidianamente viene affrontato da tutti gli attori di un settore in estrema difficoltà.

 

In apertura, foto di Olio Officina©

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