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Lo strano caso della rettrice della Sapienza alla corte di Gesmundo

Antonella Polimeni non è semplicemente una docente universitaria, ma è alla guida di uno dei più importanti atenei del paese, dove svolge funzioni di rappresentanza, nonché di indirizzo, iniziativa e coordinamento delle attività scientifiche e didattiche dell’ente che appunto presiede. Le sue sono funzioni pubbliche che, ai sensi dell’articolo 54 della Costituzione, vanno adempiute “con disciplina ed onore”. Significa che vanno esercitate non soltanto in conformità alle leggi (“con disciplina”), ma anche con onestà, lealtà, altruismo, sincerità e solidarietà (“con onore”). Può dunque far parte degli organismi dirigenti della Coldiretti?

Alfonso Pascale

Lo strano caso della rettrice della Sapienza alla corte di Gesmundo

La nomina di Antonella Polimeni, rettrice dell’Università “La Sapienza”, negli organismi dirigenti della Coldiretti va bloccata. Se la professoressa fosse semplicemente una docente universitaria non ci sarebbe nulla da eccepire. È già accaduto in passato che professori ordinari assumessero ruoli apicali nelle organizzazioni di categoria del settore agroalimentare. Basti ricordare Luigi Costato, maestro del diritto agrario, alimentare e comunitario presso l’Università di Ferrara, accademico dei Georgofili. Mentre era alla guida dell’azienda di famiglia (divenuta “Grandi Mulini Italiani”), per nove anni fu presidente dell’Associazione mugnai e pastai d’Italia, per sei anni vicepresidente di Federalimentare e per tre anni presidente dell’Association international de la meunerie. Oppure Antonio Piccinini, docente di Economia all’Università “La Sapienza”, che, in qualità di imprenditore agricolo, fu presidente dell’Unione agricoltori di Modena.

Polimeni è invece alla guida di uno dei più importanti atenei del paese. Svolge funzioni di rappresentanza, nonché di indirizzo, iniziativa e coordinamento delle attività scientifiche e didattiche dell’ente che presiede. Si tratta di funzioni pubbliche che, ai sensi dell’articolo 54 della Costituzione, vanno adempiute “con disciplina ed onore”. Significa che vanno esercitate non soltanto in conformità alle leggi (“con disciplina”), ma anche con onestà, lealtà, altruismo, sincerità e solidarietà (“con onore”).

Un rettore di università, per la sua funzione di rappresentanza, ha rapporti di collaborazione con una molteplicità di organizzazioni di categoria. In base all’articolo 97 della Costituzione, è dunque tenuto al rispetto del principio di imparzialità che vieta privilegi, favoritismi, particolarismi, clientelismi e zone franche. In base all’articolo 98 della Costituzione, un rettore è “al servizio esclusivo della Nazione” e deve perseguire soltanto il “bene comune”.

Sono tutte considerazioni di cui Polimeni e il senato accademico della “Sapienza” dovrebbero tener conto per tornare indietro dal passo falso che hanno compiuto.

Ci sono poi ulteriori elementi che vanno valutati.

Il modo come l’Unione europea ha gestito finora la strategia “Green Deal” ha creato un forte disagio nelle campagne. Disagio che si è manifestato con le “proteste dei trattori”. A tale malessere si è risposto finora con decisioni estemporanee e di chiaro sapore elettoralistico che ha lasciato tutti insoddisfatti. È evidente che, senza una svolta, nei prossimi mesi le proteste riprenderanno.

Ursula von der Leyen, nel suo discorso al Parlamento europeo, ha confermato solo gli obiettivi della transizione ecologica per il 2030 e il 2050. Ma poi ha chiarito, con dovizia di argomentazioni, che nella legislatura che si è aperta cambierà profondamente l’approccio implementativo per raggiungerli. Un approccio che sarà basato su ingenti finanziamenti pubblici e privati e limitate regolamentazioni. Cosa significherà questo per l’agricoltura sarà tutto da definire.

In un siffatto quadro di profonde incertezze, le organizzazioni agricole italiane, anziché unificare le proprie strategie, si sono ancora una volta divise.

Da una parte c’è Filiera Italia, la fondazione presieduta dall’ex europarlamentare Paolo De Castro (il vicepresidente vicario è Ettore Prandini, presidente di Coldiretti) e gestita dal consigliere delegato Luigi Scordamaglia (il consigliere delegato ai rapporti con le grandi imprese è Vincenzo Gesmundo, segretario generale di Coldiretti).

Dall’altra, c’è Mediterranea, un accordo tra Confagricoltura e UnionFood, che rappresenta la gran parte dell’industria agroalimentare italiana: oltre 500 aziende e 900 marchi di ogni dimensione, tra cui anche alcune estere, che operano in Italia. L’accordo nasce come sviluppo di un protocollo sulla filiera del grano duro, siglato diversi anni fa da Confagricoltura e UnionFood con la collaborazione dell’Università della Tuscia, che ha consentito di aumentare la produzione e migliorare la qualità del grano italiano che serve all’industria della pasta. L’obiettivo di Mediterranea è di estendere questo protocollo di successo ad altre filiere come quella del pomodoro e del grano tenero e di rendere strutturale l’interlocuzione tra agricoltori e industria.

È giocoforza che in tale conflitto, le collaborazioni con le università e la ricerca pubblica rischiano di essere strumentalizzate dai diversi soggetti in campo.

Ancora una volta si ripercorrono strade che in passato hanno fortemente indebolito l’agricoltura. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, la Coldiretti di Paolo Bonomi eresse il suo impero nelle campagne costruendo un rapporto perverso con la Dc e con lo Stato. In tal modo s’impossessò della Federconsorzi portandola alla distruzione. Solo il liberaldemocratico Luigi Sturzo levò gli scudi e, quando nel 1953 nacque l’Eni di Enrico Mattei, il vecchio fondatore del Ppi chiese e ottenne per Mattei e Bonomi (entrambi parlamentari) l’approvazione e l’immediata applicazione di una legge sul conflitto d’interessi. Ma non fu sufficiente a scongiurare il disastro. Bonomi lasciò la presidenza della Federconsorzi per metterci un suo uomo. E Mattei optò per la presidenza dell’Eni, rinunciando al seggio parlamentare. Ma continuò a finanziare le correnti Dc.

Oggi rischiamo di vedere lo stesso film. La Coldiretti di Gesmundo vuole erigere il suo piccolo impero costruendo un rapporto perverso con Fratelli d’Italia e con lo Stato. Si vuole impossessare di quello che rimane della ricerca pubblica, già ampiamente smantellata negli ultimi vent’anni. E lo fa spudoratamente, addirittura cooptando i rettori delle università negli organismi dirigenti dell’organizzazione.

Intervenga immediatamente la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini per fermare questa deriva. E istituisca una sede permanente di consultazione tra il Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) e le organizzazioni agricole, tutte le organizzazioni agricole nessuna esclusa.

In apertura, foto di Olio Officina

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