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L’olio giusto per la pizza

A Piacenza l’Apes, la più antica e prestigiosa associazione di pizzaioli, rilancia l’importanza delle materie prime. La selezione serve a fare la differenza. Puntare su una scelta accurata degli ingredienti è fondamentale per conseguire i migliori risultati. La pizza del terzo millennio assumerà sempre nuove identità. Anche l’olio deve essere protagonista.La materia prima olio extra vergine di oliva fa la fortuna di una buona pizza, soprattutto appena sfornata, mentre si versa l’olio a crudo

Maria Carla Squeo

L’olio giusto per la pizza

È tutto in prospettiva futura il lavoro portato avanti con determinazione da Apes, la più antica e prestigiosa associazione di pizzaioli. Evidenzio la parola “antica” per dare il giusto peso a chi ha saputo formare in oltre trent’anni tante generazioni di pizzaioli creando una professionalità che mette la pizza non più ai margini ma al centro di ogni locale, tant’è che oggi anche i grandi ristoranti stelati non vi rinunciano.

A Piacenza si è svolto un importante convegno che ha posto le basi per intraprendere un nuovo percorso, con l’olio protagonista. E non solo l’olio, perché tutti gli ingredienti sono importanti.

L’Apes, dunque, acronimo di Associazione piazzaioli e similari, si è riunita a Piacenza dal 26 al 28 ottobre nell’ambito della seconda edizione di “Street Food Tecnology”, dove peraltro si sono svolte molte occasioni di formazione e di introduzione alla cultura della pizza, come ben si evince dal nutrito programma che potete consultare QUI.

Tralasciando la cronaca delle dimostrazioni effettuate in fiera, ci concentriamo invece sui contenuti emersi dal convegno che ha visto protagonista anche l’olio extra vergine di oliva, alla presenza del direttore di Olio Officina Luigi Caricato. Un momento importante di riflessione nell’ambito del congresso nazionale di Apes di cui qui riportiamo i passaggi essenziali.

CRISTIAN LERTORA

Tra i relatori vi era anche il responsabile FIPE di Piacenza Cristian Lertora, che si è giustamente soffermato sulla importanza della materia prima: “è importante – ha detto – perché non si può pensare di risparmiare pochi centesimi per ogni coperto e commettere l’errore di prendere alimenti di scarsa qualità. Ci si illude di risparmiare, ma non è così. Si possono soltanto perdere clienti, non certo guadagnarne”.

Sono state riflessioni preziose, e anche coraggiose, che evidentemente tutti coloro che operano nel settore dovrebbero tenere in gran conto.

MARIA TERESA BANDERA

“All’esordio non c’era niente di niente”. Esordisce in questo modo Maria Teresa Bandera, un punto di riferimento per tutti i soci Apes. “All’inizio – ha proseguito – al pizzaiolo mancava tutto. Mancavano i prodotti specifici che oggi invece dominano il mercato. Non c’era la farina per la pizza, tanto per dirne una. Si acquistava la farina e basta, e si cercava di adattarla alle esigenze. Così pure la mozzarella, anche questa mancava, ovvero non era disponibile quella più adatta e più funzionale per la preparazione delle pizze. Lo stesso valeva anche per i pomodori. Anche i forni oggi – ha precisato la responsabile comunicazione di Apes Maria Teresa Bandera – sono studiati per essere adatti allo scopo, ma un tempo non c’erano tutte queste facilitazioni”.

Si dà tutto per scontato, ma non è così. Tutto è il frutto di una attenzione costanze alla pizza intesa come valore. Ecco dunque il ruolo esercitato dall’Apes in tanti anni di attività.

“Abbiamo avuto una grossa fortuna – ha chiarito Maria Teresa Bandera – ovvero di aver avuto aziende che hanno captato l’opportunità di modernizzare la pizza”.

Nulla è stato lasciato al caso: “Anche i pomodori sono stati pensati per valorizzare la pizza, scegliendo le formulazioni più idonee.

È cambiata negli anni anche la pizzeria come attività di ristoro. “Da una parte c’è ancora la versione tradizionale della pizzeria, gestita in modo familiare e allegro, con una sorta di accoglienza che si apre anche alla cucina. E poi – ha aggiunto la Bandera – c’è la versione nuova, con i locali che oggi fanno tendenza e che si chiamano in modo insolito: puccia, per esempio; pizzarium… Ci sono anche catene che gestiscono la pizza. Così oggi il pizzaiolo non è più il pizzaiolo come lo era un tempo. Oggi questi professionisti realizzano un prodotto pensato come nuovo, con la pizza che diventa anche preziosa e diversa da come veniva comunemente intesa”.

È cambiato lo scenario: “I pizzaioli oggi si incontrano tra loro per fare due chiacchiere, non chiudono il locale per andare subito a casa, a letto, a riposare”. È cambiato il profilo del pizzaiolo: “I pizzaioli – ha aggiunto la Bandera – sanno anche comprare bene”.

Se c’è qualcosa che devono ancora compiere per migliorare ulteriormente? Non ha avuto dubbi in merito Maria Teresa Bandera: “Occorre – ha detto – far imparare il pizzaiolo a comunicare e soprattutto a come comunicare”.

Essere pronti per questa nuova sfida incentrata sula comunicazione è un passaggio non meno importante dei risultati finora acquisiti: “Oggi ci preoccupiamo di preparare il pizzaiolo a comunicare al cliente nel modo più efficace possibile. Per questo i nostri corsi sono molto frequentati. La formazione, prima di tutto”, ha concluso l responsabile comunicazione di Apes.

SILVIO POLETTO

La pizza non è mai un prodotto chiuso in se stesso, ma negli anni si è continuamente evoluta. È quanto ha tenuto a precisare il segretario generale di Apes Silvio Poletto. “È stata determinante, in tutti questi anni, la collaborazione dei molini al fine di ottenere una farina adatta a ogni esigenza. Allo stesso tempo, va anche considerato il grande lavoro svolto per avere le materie prime adatte a soddisfare la clientela che manifesta le proprie intolleranze ad alcuni ingredienti”.

La pizza dunque si evolve in continuazione, ma Poletto confida che in cuor suo resta molto sul tradizionale: “amo molto la pizza Margherita: pomodoro e mozzarella, due ingredienti essenziali. E l’olio extra vergine di oliva quale complemento finale. Molti studiano nuove formulazioni, per una clientela nuova. Al di là di ogni prospettiva, la qualità delle materie prime resta determinante”.

Partire da una buona pizza margherita significa conoscere l’abc. La margherita è il punto di partenza e di arrivo. “Sono circa 75 mila pizzerie in tutta Italia – ha precisato Poletto – senza in questo numero considerare i ristoranti, o le pizzerie di asporto, o lo street food”.

“Anche l’olio è importante, come pure tutti gli ingredienti, che vanno valorizzati puntando sul fresco, cercando di mettere in disparte il confezionato. Rinnovare il prodotto è fondamentale. Occorre però insistere su questo aspetto. Manca – ha tenuto a precisare Poletto – l’educazione, quella informazione necessaria ai gestori dei locali per capire cosa devono prendere e cosa proporre, e manca – ha aggiunto Poletto – ai pizzaioli quell’intuito che serve per capire cosa vogliano oggi i clienti da loro”.

Quello che è certo, ha concluso Silvio Poletto – è che “la pizzeria è da concepire come un luogo che deve essere famiglia”.

Il segretario generale di Apes Silvio Poletto (a sinistra) e il presidente Walter Botrugno

GIULIA ALFIERI

L’impasto è importante. Lo abbiamo compreso quando abbiamo ascoltato la voce in rappresentanza dei molini. “Ci sono tanti impasti – ha detto Giulia Alfieri, di Molino Dallagiovanna –

e spesso le tipologie di questi impasti sono riportati anche nel menu”. Un bel passo in avanti, perché serve a comunicare al cliente il valore delle materie prime.

“Noi – ha precisato l’Alfieri – abbiamo predisposto anche una utile Carta degli Impasti, una vera e propria carta girevole, a forma di pizza, dove ogni spicchio rappresenta un impasto diverso: si va da quello tradizionale a quello napoletano, dalla pizza gourmet ad altri impasti ancora. Questo disco Gira Impasto viene dato direttamente al cliente che decide quale pizza mangiare, con quale impasto a sua preferenza. Si può pertanto scegliere l’impasto che si ritiene più opportuno”.

La Molino Dallagiovanna fornisce ai pizzaioli una confezione dove ogni busta contiene cinque Gira Impasto. “Questo disco nel quale sono riportati i vari impasti – ha precisato Giulia Alfieri – si può anche integrare o modificare a scelta, in base alle esigenze del pizzaiolo, riportando in tal modo altre informazioni che non vengono trasmesse al cliente, un po’ per mancanza di tempo e un po’ per mancanza di informazioni che si hanno da trasmettere”.

Si tratta di un progetto campione, questo Gira Impasto. È un progetto che può essere migliorato, ma è già un bel passo in avanti. Serve a creare consapevolezza, utile sia per il pizzaiolo, sia per il cliente finale.

PINO LONGO

Quando parla uno dei fondatori storici di Apes occorre prestare la massima attenzione. Tutti lo hanno ascoltato con grande rispetto, i giovani pizzaioli venuti da varie parti d’Italia seduti nelle prime file della sala congressi di Piacenza Expo. Pino Longo è andato dritto alla questione degli impasti, molto importante. “Ho usato tutte le farine e ho voluto provarle per verificare. Sperimentare sempre, perché non è possibile migliorare se non si sperimenta. Apes – ha detto Longo – era nata nell’80, mentre nell’81 si è formalizzata l’associazione. A quel tempo le farine si mescolavano. Gli impasti erano fatti in modo sperimentale, provando e riprovando. Da qui si è cercato di impegnarsi come associazione nel proporre e organizzare corsi, sin dal 1983. Si è cercato di conoscere le farine, per capire e sbagliare di meno. Si sapeva che mettendo acqua e farina si otteneva l’impasto, ma si trattava di capire anche quale farina era più utile e funzionale. Abbiamo cercato di dare valore al prodotto, e ora non ci fermiamo e si cerca di evolverci sempre”.

“Per conoscere l’impasto – ha tenuto a ribadire Pino Longo – io lo faccio fare a mano ai miei giovani pizzaioli, in modo che predano confidenza. La farina – ha detto – deve essere un prodotto completo, e anche chi non è molto esperto trovando una farina mirata allo scopo ha la strada più facile e più semplificata”.

Tanti impasti, ha detto. “È importante far capire la complessità della pizza. La base è acqua e farina, ma dietro c’è tutto uno studio da fare. Tante soluzioni: la pizza fritta, il panzerotto.

“Tanto olio, per il panzerotto” ha concluso Longo, guardando Luigi Caricato, al tavolo dei relatori, mentre gli si illuminavano gli occhi per l’emozione. “L’olio è fondamentale. Non bisogna mai commettere l’errore di sottovalutare l’olio.”

LUIGI CARICATO

Il direttore di Olio Officina, Luigi Caricato, gioca in casa ogniqualvolta collabora con Apes. L’associazione dei pizzaioli è sempre presente nei vari eventi che la nostra rivista organizza, in rimo luogo Olio Officina festival, ma anche il Forum Olio & Ristorazione. “L’olio al centro del mondo”, ha detto Caricato. “Può sembrare assurdo, eppure una pizza senza olio è come un volto senza sorriso. La materia prima olio extra vergine di oliva fa la fortuna di una buona pizza. Appena sfornata, mentre si versa l’olio sopra, si evidenziano subito le note olfattive di ogni ingrediente, perché l’olio ha questa duplice funzione, contribuire a conferire i propri profumi e sapori, ma anche quella di amplificare i profumi e i sapori degli altri ingredienti. Pensate al dramma di chi versa un olio ossidato o, peggio, rancido, su una pizza: si comprometterebbe tutto il buono della pizza”.

Luigi Caricato consiglia di mettere una selezione di oli in base alle tipologie di fruttato, leggero, medio o intenso, e magari di inserire gli oli utilizzati sul menu, accanto a ogni voce, e integrare specificando quale olio deve essere versato, in modo da fornire maggiori informazioni e rendere il cliente più consapevole del valore di ciascun ingrediente.

“L’olio sulla pizza è un classico, ma va scelto con cura. Non si può pensare di risparmiare optando per oli meno costosi: è un errore imperdonabile. Anche perché è uno stratagemma inutile: la quantità di olio extra vergine di oliva da versare è minima e versare l’olio sbagliato comprometterebbe sensibilmente il risultato finale. A che pro? Inoltre, anche il giusto dosaggio è importante. Non occorre mai esagerare nella quantità d’olio da utilizzare, perché un olio di qualità ha un elevato effetto condente”.

Infine, una raccomandazione per i pizzaioli: “visto che il pizzaiolo virtuoso sceglie le materie prime di alta qualità, per trarre il massimo vantaggio anche sul piano del ritorno di immagine, perché allora non evidenziare i propri fornitori, elencando le materie prime e ponendole in una lavagna o in un quadro esposto in bella vista all’ingresso del locale, ma anche mettendo in coda al menu per ciascun ingrediente – là dove è possibile – l’origine del prodotto e il nome del fornitore? Più marketing e più qualità per un consumatore più informato e consapevole”, ha chiarito con grande chiarezza Luigi Caricato, concludendo il suo intervento.

ALESSANDRO SQUERI

Specializzarsi solo sulla polpa, è quello che ha fatto Alessandro Squeri, titolare con il padre della Steriltom, azienda leader del settore polpa di pomodoro. Abbiamo fatto un nome: Steriltom. Non è un nome a caso: rappresenta il 50% della polpa in scatola nel food service. “Siamo stati anche i primi a introdurre il formato del bag in box”, ha chiarito Squeri.

“Con la tecnologia noi oggi possiamo controllare la produzione ogni secondo, un controllo che prima, quando eravamo piccoli, non potevamo fare. L’80% della nostra produzione viene controllato da una macchina minuto per minuto. Possiamo controllare tutto, il ph e altro. La polpa di pomodoro è di grandissima qualità anche se viene fatta da una industria. Il prodotto è anzi più sicuro di un prodotto fatto in casa. Si cerca una qualità sempre più alta. Il pomodoro dedicato alla pizza è diverso dal pomodoro destinato alle paste asciutte: molto denso, 8 brix, 25% di pomodoro fresco in più; molto fine, più facile da spargere sulla pizza, e in più non perde acqua. Per noi – ha concluso Alessandro Squeri – venire qui al congresso Apes è la nostra formazione”.

Lo chef Emiliano Arcelloni nel corso del suo intervento, insieme con il presidente Apes Walter Botrugno

EMILIANO ARCELLONI

Anche uno chef era presente al congresso Apes. Si tratta dello chef di Corte Biffi, Emiliano Arcelloni: “l’evoluzione dello chef sulla cucina ha avuto il suo iter”, ha detto; “fino a quindici anni fa veniva ritenuto un cuciniere, lo stesso il pizzaiolo veniva considerato un esecutore. Nell’ultimo decennio è cambiato qualcosa. La cucina è esplosa e gli chef sono diventati delle superstar. Gli chef si stanno attrezzando per fare anche loro le pizze. Non solo per interpretare le pizze a loro modo, ma anche per proporre, con costi differenti, un prodotto gourmet: una proposta veloce e a prezzo contenuto, in modo da arricchire la propria posizione lavorativa. La tendenza, oggi, è di infilarsi nell’ambito pizza. C’è chi lo fa bene e chi in modo pessimo”, ha detto Arcelloni.

“Essere più comunicativi e più autocelebrativi, ecco cosa debbono fare i pizzaioli”, ha detto lo chef Arcelloni. “Devono essere come gli chef. Oggi hanno successo quelli che si definiscono cuochi e artisti della pizza”.

La pizza gourmet?” È una tendenza che va cavalcata, anche se sarà destinata ad affievolirsi. Questa tendenza – ha concluso lo chef Emiliano Arcelloni – porterà ad avere un ruolo importante nell’ambito della ristorazione”.

WALTER BOTRUGNO

Infine, c’è stato l’intervento di Walter Botrugno, presidente di Apes. “Ci hanno sempre visto con la puzza sotto il naso”, ha detto. “C’è sempre stato un distacco tra cuoco di cucina e pizzaiolo, ma non è più così ormai. Abbiamo lavorato tanto e i risultati si sono visti. I pizzaioli oggi hanno un ruolo centrale, ma non possono fermarsi nel loro percorso formativo. È una sfida continua a miglioramento, è un cercare di andare sempre avanti e innovare, non ci si può sedere sugli allori. La formazione deve essere una costante di tutti i pizzaioli. Per questo Apes fornisce gli strumenti necessari per compiere autorevolmente questo percorso virtuoso. Non ci si può fermare”, ha concluso Botrugno. “Nella pizzeria – ha ribadito, tutti hanno un compito da svolgere: imparare a comunicare. Anche il cameriere, anzi, soprattutto chi serve la pizza, deve saper spiegare la pizza”.

L’immagine di apertura è una foto di Olio Officina ricavato da un murales apparso a Castelfranco Veneto

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