Condimenti

A proposito di aceto di oliva

A Bari, nel corso del Congresso SISSG che si è svolto in ottobre, ha destato molta curiosità la relazione di Antonella De Leonardis, la quale - insieme con Vincenzo Macciola e Emanuele Marconi e per conto del Dipartimento di Agricoltura, Ambiente e Alimenti dell'Università degli Studi del Molise Campobasso - ha affrontato il tema dei prodotti a uso alimentare a partire dagli scarti oleari. L’aceto di oliva, comparato con altri aceti commerciali, si caratterizza per un elevato contenuto di sostanze minerali e fenoli totali, tra cui soprattutto idrossitirosolo. Si presenta con una nota amara e pare essere un fattibile e promettente prodotto nutraceutico

Olio Officina

A proposito di aceto di oliva

“Prodotti a uso alimentare dagli scarti oleari: ipotesi di produzione di un aceto di oliva dalle acque di vegetazione”. È questo il titolo della relazione tenuta da Antonella De Leonardis a Bari. Le attenzioni, come era prevedibile, sono state notevoli, da parte del pubblico, ma la stessa studiosa ha messo in guardia tutti dall’idea che ciò sia possibile nell’immediato futuro. Occorrerà prima verificare la qualità merceologica del nuovo alimento. Per ora si tratta di ipotesi sulle quali si sta lavorando. Le parole chiave sono acque di vegetazione, acido acetico, idrossitirosolo e nuovi alimenti

Gli scarti di lavorazione delle industrie olearie, ovvero: acque reflue, foglie e sansa – si prestano a varie forme di riciclaggio. “Numerosi e recenti studi – si evidenziano tra gli obiettivi della ricerca – hanno riguardato il possibile riutilizzo dei sottoprodotti oleari per scopi alimentari, come, per esempio, produzione di pasta o paté di olive, polvere di olive, bevande a base di foglie, integratori e additivi antiossidanti a base di estratti fenolici. In questo studio, è stata indagata la possibilità di produrre dalle acque di vegetazione (AV) una soluzione simile-aceto, denominata “aceto di oliva”, da poter consumare direttamente o come ingrediente in salse e condimenti agro-dolci”.

Metodi

“La ricerca – si legge nell’abstract – è stata condotta in scala di laboratorio, in annate successive, su volumi di 5-10 litri di acqua di vegetazione prelevate da impianti oleari tradizionali a presse. Tali acque sono state utilizzate tal quale o diluite. Fermentazione alcolica e acetificazione sono state condotte in condizioni variabili di temperatura, inoculo e zuccheraggio. Raggiunto un significativo livello di acidità totale (≥ 4% in acido acetico), l’aceto di oliva è stato filtrato su carta, imbottigliato e caratterizzato da un profilo chimico-microbiologico”.

Risultati

“L’aceto di oliva prodotto – come è stato sostenuto da Antonella De Leonardis – si presenta limpido e stabile nel tempo. Il soddisfacente grado di acetificazione è stato ottenuto attraverso due differenti percorsi. Nelle tesi inoculate con lieviti starter, la formazione di acido acetico seguiva la fermentazione alcolica per ossidazione biologica dell’etanolo. Nelle tesi senza inoculo, la produzione di acido acetico era dovuta a ceppi microbici indigeni, apparentemente incapaci di metabolizzare il saccarosio aggiunto. Alla fine del processo, a parità di acido acetico formato, i prodotti avevano diversa composizione, soprattutto riguardo gli zuccheri residui. In entrambi i casi, l’aceto di oliva, comparato con altri aceti commerciali, si caratterizzava per un elevato contenuto di sostanze minerali (ceneri ≥ 2%) e fenoli totali (≥ 3 g/L), tra cui soprattutto idrossitirosolo (1,0 g/L). In conclusione, l’aceto di oliva dalle acque di vegetazione pare essere un fattibile e promettente prodotto nutraceutico”.

La foto di apertura è di Olio Officina

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