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A Tipico Osteria dei Sensi la nuova carta interattiva degli oli

Si trova a Montone, in Umbria, ed è la dimostrazione di come si possa fare cultura di prodotto al ristorante. Oggi non basta più la qualità, perché gli extra vergini vanno esplorati in una dimensione ben più ampia e omnicomprensiva. Il patron del locale, Paolo Morbidoni, insieme con lo chef Giancarlo Polito, ha trasformato una semplice selezione di oli regionali in un’esperienza di narrazione multimediale

Olio Officina

A Tipico Osteria dei Sensi la nuova carta interattiva degli oli

Si chiama “Carta degli oli artigianali e dei produttori” e la novità di questa proposta è che non si tratta di una semplice e comune “Carta degli oli”, ma di una evoluzione che la rende – giusto per ricorrere alle parole esatte, precise, puntuali e chiarificatrici del patron di Tipico Osteria dei Sensi, Paolo Morbidoni – un “prodotto culturale e narrativo che racconta territori, storie e tradizioni”.

Morbidoni non è un semplice oste. Dal suo punto di vista professionale ha sempre fortemente creduto al valore dell’accoglienza, al punto da ricoprire il ruolo di presidente della Strada dell’olio Dop Umbria, carica che svolge con estrema meticolosità, oltre che in modo creativo e con tanta determinazione. Si vedono d’altra parte gli ottimi risultati di questa Strada, l’unica a nostro parere in Italia a dare spazio e voce all’olio in modo autorevole ed efficiente. Segno, tutto ciò, che sono sempre le persone a fare la differenza. Se si hanno idee e tanta volontà di fare i riscontri arrivano. E così, dinanzi alla carenza di attenzioni verso gli oli da olive da parte dei titolari dei pubblici esercizi, Morbidoni ha pensato bene non soltanto di insistere sul valore e sull’utilità di una “carta degli oli” da presentare agli ospiti di un ristorante, ma addirittura ne ha previsto e programmato un suo perfezionamento. Ecco allora l’idea di allestire la “Carta degli oli artigianali e dei produttori”, dove, aspetto davvero innovativo, accanto al prodotto olio sono valorizzati anche coloro che l’olio lo producono, perché, sì, in fondo, sono proprio loro a fare la differenza. Chiunque può estrarre olio dalle olive, ma farlo nel migliore dei modi porta a ottenere extra vergini non soltanto di gran qualità, ma anche unici e così peculiari da risultare ben differenti da tanti altri oli in circolazione.

Nel suo ristorante a Montone – collocato nell’alta Valle del Tevere, in provincia di Perugia – Morbidoni insieme con lo chef Giancarlo Polito ha trasformato una semplice selezione di oli regionali in un’esperienza interattiva. Non soltanto si illustrano le caratteristiche degli oli presenti, ma viene dato il giusto risalto anche al produttore e alla sua storia. Morbidoni parla di “una narrazione multimediale”, per l’esattezza. Già, perché l’olio non può essere relegato al marginale ruolo di condimento. Valorizzarne la qualità significa anche iniziare a considerare gli extra vergini ingrediente.

Quando ci si siede ai tavoli di Tipico Osteria dei Sensi, a Montone, è sufficiente inquadrare un QR code per accedere a una serie di contenuti multimediali e prendere visione di video racconti in cui gli olivicoltori e i frantoiani ci introducono nella loro azienda al processo che porta alla creazione dell’olio che si intende scegliere per i propri pasti.

Ecco cosa ha dichiarato Paolo Morbidoni il 28 dicembre nelle sale di Tipico Osteria dei Sensi, presentando alla Stampa il suo nuovo progetto: “la carta interattiva degli oli e dei produttori artigiani sarà una bussola per esplorare l’eccellenza e il fattore umano che la rende possibile. Ogni olio racconta una storia, quella di chi ha dedicato passione, impegno e competenza alla cura delle proprie terre e alla produzione di un prodotto che non è solo nutrimento, ma cultura e tradizione. Questa carta interattiva – ha aggiunto Morbidoni – offre gli strumenti per approcciare questo mondo dell’olio e rappresenta un vero e proprio viaggio nell’Umbria dell’olio, rivolta non solo ad appassionati o a professionisti della materia, ma soprattutto ai clienti del ristorante che potranno fare una esperienza consapevole”.

I concetti che Morbidoni ha espresso, non soltanto in questa occasione dell’incontro con i giornalisti, ma che ha costantemente comunicato in tante occasioni pubbliche e private, è che la qualità dell’olio da sola non basta. Occorre che l’olio diventi “chiave interpretativa del territorio”, così da dare nel contempo un valore aggiunto allo stesso ristorante. L’invito è dunque rivolto indirettamente (ma nemmeno tanto indirettamente) agli operatori del food&beverage e consiste in un messaggio chiaro e inequivoco: puntare sull’olio, quello di alto profilo qualitativo, senza mai trascurare le produzioni del territorio.

“L’iniziativa – chiarisce – riflette una filosofia che considera il fattore umano importante nella stessa misura di quello tecnologico, valorizzando il lavoro e la progettualità che sono dietro ogni bottiglia d’olio extra vergine di oliva”. Tipico Osteria dei Sensi – in questa nuova visione identitaria – è già apprezzata dai suoi fruitori, tanto da essere riconosciuta per i suoi meriti anche oltre regione. È una tappa da non mancare, se si parla di turismo dell’olio significa proprio questo, andare alla ricerca dei luoghi in cui l’olio lo si valorizza.

E ora, giusto per avere idea dei produttori coinvolti in questa iniziativa virtuosa, eccone i nomi: Eugenio Ranchino (Frantoio Ranchino, Orvieto), Claudia Pompjli (Oro di Giano, Giano dell’Umbria), Gianni e Giuliana Batta (Frantoio Batta, Perugia), Dante Sambuchi (Olio Sambuchi, Città di Castello), Graziano Decimi (Frantoio Decimi, Bettona), Silvano Di Murro (Olio dei Monti Gubbio e Consorzio C.B.O.O.), Andrea Lucarelli (Olio Stoica, Perugia) e Luca Mencaglia (Frantoio Marfuga, Campello sul Clitunno).

Cosa aggiungere altro? Tipico Osteria dei Sensi deve diventare lo stimolo, per altri ristoratori, per guardare all’olio con occhi nuovi, innovando e prestando la massima attenzione alla qualità.  L’idea di una carta degli oli è fondamentale, non solo internamente al locale, ma anche per contribuire a creare cultura che coinvolga territorio e utenti, perché non si va più al ristorante solo per mangiare, ma anche per acquisire un sapere. Il ristorante come luogo di cultura, non solo come luogo in cui si ingurgita cibo.

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