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L’ostrica al bicchiere

Un cappuccino di funghi, un piatto da toccare e da metterci le mani. Un paradosso perfetto, per certi versi. L’esatta dizione del piatto è: zuppa di funghi, ostrica sul fondo, schiuma di latte, olio sale e polvere di caffè

Nicola Dal Falco

L’ostrica al bicchiere

Ragusa Ibla – Un giorno mi farò dare il calco in gesso della mani di Ciccio Sultano. Valgono più di una foto, più di un pensiero scritto. Dal disegno dei polpastrelli e del palmo, si potrebbe risalire alla formazione dei suoi piatti. Perché di fronte al cappuccino di funghi, la giusta reazione è di chiudere gli occhi e continuare a tentoni l’assaggio.

Il bicchiere aiuta, ma la questione resta aperta: come mi muovo al buio, se non c’è la luce o quando ho chiuso volontariamente gli occhi?

Utilizzo il tatto, allungo le mani e la punta dei piedi. Tutto questo per dire che il cappuccino di funghi alias l’ostrica al bicchiere, come mi permetto di soprannominarlo, è un piatto da toccare, da metterci le mani. Un paradosso perfetto.
Sopra la schiuma di latte, spruzzata di polvere di caffè, occhieggiano quattro soli d’olio in goccia del Frantoio Sallemi.

In quella vacua densità (avete presente un cappuccino) il sapore dei funghi vi riempie la bocca come un fungo, dolcemente carnale.
Con uno sguardo che è tutto un programma, Sultano vi intima di non girare col cucchiaio, ma di usarlo solo alla fine.
Al che mi torna in mente, come un flash, una scena comune della mia giovinezza, quando nei bar, i signori che bevevano il caffè o il cappuccino, prima ancora che apparissero all’orizzonte le bustine, pescavano da una zuccheriera ovale in larghe cucchiaiate.
Finito di bere, non ci si allontanava dal banco, prima di aver raschiato giudiziosamente il fondo della tazzina. Un gesto plateale che poteva finire anche con lo schiocco della lingua e che alludeva a tristi ricordi di guerra.

Sorbito, quindi, il fungo, tocca riaprire gli occhi, ma solo per un attimo e, fattosi di nuovo buio attorno, raccogliere l’ostrica che aspetta sul fondo al bicchiere.
Forse, questa è una cartolina sensoriale, un m(e)assaggio, postato dall’isola della grande Nasconditrice, di Calipso. Aroma di bosco, di muschio e poi di mare. Un’isola, senz’altro, da cercare appena avete voglia di chiudere gli occhi e di affidarvi al tatto.

L’esatta dizione del piatto è: zuppa di funghi, ostrica sul fondo, schiuma di latte, olio sale e polvere di caffè.

La foto di apertura è di Altissimo Ceto

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