Rischio acroleina e acrilammide con gli extra vergini
Il pericolo - sostengono alcuni - è nell'utilizzo negli impasti di pane e pizza, ma non è così. Tranquilli, è solo terrorismo alimentare. Non prendete in considerazione quel che si legge in giro. A rassicurarci una nota tecnologa alimentare, esperta in materia di arte bianca
Il “terrorismo alimentare giornalistico”, come lo chiamo io contro l’alimento di turno, sembra essere diventato una moda, e come tale è sempre una hot news. Non entro in merito alle motivazioni che spingono a scrivere certe “imperfezioni”, né tanto meno mi permetterei di giudicare, ma da tecnologo alimentare, nonché panificatore, mi sento obbligata a fare qualche semplice precisazione/correzione, in nome della corretta informazione scientifica e della tutela del consumatore invaso da simili “imprecisioni”, scritte apposta per l’occasione, e qualche volta solo per interessi economici.
In questo caso l’allarme del momento interessa l’impiego dell’olio extra vergine di oliva e la formazione sia dell’acrilammide sia dell’acroleina durante la cottura nei prodotti che lo contengono.
Tutti i cibi, pizza e pane compresi, che subiscono una cottura a calore diretto, sono molto pericolosi, cancerogeni e tossici perché si sviluppa acrilammide. L’affermazione è di per se veritiera, ma a mio parere va giustamente interpretata, specificato che l’acrilammide si forma sempre, in ogni caso solo sulla crosta, e in quantità crescenti man mano che quest’ultima assume colorazioni che vanno dalla ottimale doratura chiaro scura fino al nero della carbonizzazione (dose massima di acrilammide riscontrata).
Per quanto riguarda l’implicazione e la responsabilità unica e diretta dell’olio EVO nella formazione dell’acrilammide è ancora tutto scientificamente da dimostrare, e attualmente non ci sono pubblicazioni scientifiche o report universitari che avvalorino tali assolute affermazioni. Premesso questo, diciamo che a grandi linee, l’ACRILAMMIDE si forma da una reazione tra un particolare aminoacido, nonché ammide dell’acido aspartico, l’asparagina, e gli zuccheri riducenti naturalmente presenti nei cereali sia sotto forma di amido sia come disaccaridi o monosaccaridi che da esso derivano sia aggiunti come ingredienti in particolari ricettazioni dolci o salate dei prodotti dell’arte bianca.
In particolari condizioni produttive di un alimento, tale aminoacido può reagire con altre molecole, in particolare proprio con monosaccaridi e avviare il complesso di reazioni che portano allo sviluppo dell’acrilammide cancerogena. Tale sequenza di reazioni è innescata proprio dalla presenza di particolari proteine, la cui composizione aminoacidica comprenda l’asparagina.
Il fenomeno è notevolmente amplificato se intervengono in sinergia altri parametri tra cui: temperatura di cottura tra i 120 e 170°C, tempi lunghi di cottura, contenuto di acqua, pH basico, conservazione in atmosfera modificata per 10 – 15 gg a +4°C di alimenti precotti, presenza di acidi grassi insaturi che sembra (ma è ancora tutto da dimostrare!) aumentino la probabilità d’innesto delle reazioni, ma soprattutto da ingredienti che, per loro naturale composizione aminoacidica, presentino elevati quantitativi di asparagina. Tra questi: le patate (quantitativo 100 volte maggiore rispetto la farina di frumento tenero), orzo, segale, farina integrale, eccetera.
Stabilito questo, occorre ancora una volta affidarsi a una varia e sana alimentazione. Non va demonizzato nessun alimento, né tanto meno una tecnica di lavorazione rispetto a un’altra, come per esempio la frittura, ma prestare attenzione, a come si conduce il processo, al tipo di alimento, temperatura e tipologia di sostanza grassa utilizzata. Personalmente ritengo prive di fondamento scientifico – logico, per non dire leggermente assurde ed erronee, certe affermazioni che leggo nei forum, in post su FB, in articoli, convegni eccetera, di coloro i quali emettono sentenze del tipo “Per paura dell’acrilammide, io non utilizzo più l’olio extra vergine di oliva nell’impasto per pizza, ma solo olio di semi”. Affermazioni come questa, a mio parere, denotano un pochino di confusione sulle reazioni chimiche che sono alla base sia del cosiddetto “punto di fumo” (temperatura oltre la quale un grasso alimentare comincia a idrolizzarsi alterando la propria struttura molecolare formando ACROLEINA non ACRILAMMIDE!) sia della formazione di acrilammide, confondendo molto spesso l’uno con l’altro processo.
A questo proposito, proprio sul prodotto pizza/focaccia salata/pane, vorrei porre l’accento su alcuni aspetti di corretta prassi tecnologica o di “buona norma” di produzione che quotidianamente sono adottati dai professionisti, proprio per evitare eventualmente sia l’uno sia l’altro problema.
L’ingrediente olio extravergine d’oliva, nella formulazione dell’impasto, a mio parere, non ha mai creato e mai creerà problemi, né di punto di fumo, né di acrilammide perché “protetto” dalla struttura glutinica (temperatura a cuore del prodotto circa 90 – 100°C) salvo che si decida di carbonizzare appositamente la crosta sia friggendo sia cuocendo nel forno. L’olio EVO è utilizzato tal quale solo dopo la cottura sul prodotto caldo per apprezzare al meglio il suo fruttato, le sfumature sensoriali e armonizzare gli aromi con la farcitura, mentre su un classico impasto di focaccia crudo prima dell’infornamento, si utilizza non l’olio tal quale, ma la salamoia. Tale emulsione è costituita da olio EVO e acqua in pari quantità e sale in percentuale variabile in base ai gusti ed esigenze.
Il motivo è principalmente chimico: in primis i cristalli di sale si devono sciogliere (si sciolgono nell’acqua e non nell’olio) per evitare le classiche e antiestetiche macchie brune sulla crosta come conseguenza dell’implicazione diretta del sale nelle reazioni di Maillard e in secundis, aggiungendo acqua all’olio extra vergine di oliva, si evita l’eventuale remoto rischio di surriscaldamento eccessivo dell’olio posto sulla superficie, soprattutto se la cottura avviene direttamente a platea nei forni la cui temperatura interna è superiore ai 350 – 400°C (485°C circa di platea nei forni a legna per la pizza napoletana STG).
In ogni caso, il tempo per la normale e ottimale doratura della crosta/cornicione, (entro i 3 min per la pizza classica, 60 – 90 secondi per la napoletana STG e circa 4 min per la focaccia in pala a metro) non è tale né da carbonizzare la superficie né tanto meno da far raggiungere il punto di fumo all’olio extra vergine di oliva (210 – 220°C).
Come dicevo prima, personalmente ritengo che si stia cercando di demonizzare l’ennesimo prodotto alimentare di turno, con lo scopo di offendere i professionisti seri, minare l’autenticità dell’olio EVO, della pizza napoletana, della pizza in generale, della focaccia, o fugassa, del pane, della nostra storia e tradizioni culinarie secolari. Pizza, pane, focaccia, pasta, pomodoro, olio extra vergine di oliva eccetera, sono i vanti italiani nel mondo da secoli e nessuno mai ci ha accusato di… crimini contro l’umanità, anzi…
(Leggi anche QUI)
Foto di Simona Lauri
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui
Commenta la notizia
Devi essere connesso per inviare un commento.