Un olio da olive Canino firmato Archibusacci vince la prova sushi
Saggio assaggio. Chi l'ha detto che un extra vergine così caratterizzato, dal fruttato intenso e fresco, erbaceo, non possa andare in sintonia con una specialità gastronomica così esotica ma così d'uso frequente da non essere più tale, visto che ormai è diventata a tutti gli effetti familiare?

La cucina si evolve, e soprattutto non è statica. E così, a dimostrazione di tale enunciato, ecco la prova, abilmente superata, del sushi. Ebbene sì, tutti fermi all’idea che si debba utilizzare solo la salsa di soia, in simili circostanze, ma niente in realtà è ferreo, tutto è relativo. Lo dimostra ampiamente l’olio extra vergine di oliva Jò, una primizia prodotta dall’azienda laziale – meglio ancora, per essere più precisi: caninese – di Arturo e Giovanni Archibusacci, padre e figlio.
Ho avuto modo di apprezzare quest’olio dell’olivagione 2024 ricavandone una percezione davvero entusiasmante, cosa che non è sempre scontata. Quante volte si degustano oli appena franti, ma poi, trascorsi alcuni giorni, si rivelano deludenti, perché perdono tutta la freschezza e quella esplosione di profumi originaria. Non è certo il caso dell’olio Jò, da olive Canino, un extra vergine di grande personalità.
I profumi sono indicativi di una oliva verde in partenza, e lo si percepisce molto chiaramente al naso, come pure nelle sensazioni retro-olfattive. Anche lo stesso colore dell’olio è verde brillante. Il fruttato è verde. Al palato è la nota verde erbacea che dal naso passa per coerenza anche al gusto, e la stessa sensazione tattile e chinestetica, ne è la prova schiacciante. La lingua sente tutta questa potenza, per un tocco piacevole di astringenza che rende l’olio vellutato e avvolgente. Il piacere della spremitura non lascia spazio a incertezze: quando l’oliva è sana, ed è raccolta al momento giusto, la lunga vita dell’olio è assicurata.
Ciò che apprezzo molto di Arturo Archibusacci è il suo essere così fortemente radicato al proprio territorio, il suo costante esserci e testimoniare quanto accade non soltanto nella sua azienda, ma intorno a lui. Ricevo costantemente delle notizie fresche sul fronte olivagione. Il 3 ottobre mi scrive, via whatsapp, “produzione ferma per maltempo, rese effettive della zona del Viterbrse:
Costa, Tarquinia e Montalto di Castro, intorno al 9,5 al kg./qle olive;
zona Vetralla, intorno al 9 kg/qle olive; zona Canino, intorno all’8,5 kg./qle olive”.
Nel frattempo ho avuto modo di apprezzare l’olio, ho conservato una bottiglia da parte per degustarlo a distanza di mesi.
Nel frattempo, altro aggiornamento: “notizie rese: basse, sempre con una media intorno all’8,5, massimo 9 (raro)”.
Cosa volete di più? Anche il piacere di essere al corrente di quel che accade in una delle aree produttive più rinomate d’Italia. La cultivar Canino è qualcosa di eccezionale. Non è soltanto un apprezzamento olfattivo e gustativo, non è soltanto la carica aromatica e la percezione amara e piccante che attraggono, c’è anche il colore verde così brillante ed energico a infondere ottimismo e fiducia nel futuro. Quando si provano certe gioie, posso ben capire la costanza di chi l’olio lo produce, e nonostante il condizionamento climatico, nonostante le basse rese, nonostante la maledetta burocrazia che distrae dal lavoro e sottrae serenità ed energie, basta un assaggio, anzi un saggio assaggio come questo di Jò, a tirare su il morale. Buona olivagione a tutti coloro che vivono questi giorni come fossero i giorni più belli e intensi dell’anno.
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