Una ciliegia chiamata Ferrovia
Qualcosa di più che semplici ipotesi. Leggendo quanto ha scritto per noi uno tra i massimi, e più apprezzati, studiosi mondiali di arboricoltura, vi introduciamo in questo breve saggio - alquanto originale, ricco di molti spunti di riflessione e che si legge come un racconto - scritto intorno a una varietà di ciliegia che molti apprezzano, ignorandone tuttavia l'origine

Dedicato al Prof. Giorgio Bargioni,
Maestro di cerasicoltura, collega e Amico
e a Gino Fabbri, Suo allievo
SU ORIGINE E COMPARSA DELLA CILIEGIA ‘FERROVIA’:
QUALCOSA DI PIÙ CHE SEMPLICI IPOTESI
Due ipotesi sull’origine “barese” della varietà di ciliegio dolce ‘Ferrovia’ furono avanzate negli anni ‘90 del secolo scorso, quando s’intensificarono iniziative locali per chiedere il riconoscimento della denominazione IGP di quella ciliegia, per il quale era indispensabile “dimostrare” il suo legame storico con il territorio richiedente. Le voci si erano poi affievolite, perché si era affievolita la spinta alla richiesta del riconoscimento. La cosa mi convinse a soprassedere dal completare il presente scritto.
Entrambe le ipotesi sono poi comparse sull’enciclopedia on-line “Wikipedia”, alla voce “Ciliegia Ferrovia”. In entrambe si riportano supposizioni circa l’origine barese e si spiega il perché del nome col quale la varietà è stata così battezzata.
La prima ipotesi, suggestiva ma assai improbabile come spiegherò più avanti, vorrebbe la varietà nata spontaneamente nel 1935 da un semenzale spontaneo nato in agro di Sammichele di Bari lungo la strada ferrata Bari-Putignano nei pressi della Masseria Sciuscio e colà curato dal casellante ferroviario Rocco Giorgio.
La seconda ipotesi, più verosimile ma incompleta, parla di misteriosi, bellissimi frutti senza nome e senza genealogia portati un bel giorno dal Sig. Matteo Di Venere al mercato ortofrutticolo di Turi, tra la fine degli anni ‘40 e gli inizi ‘50 e ne magnifica la resistenza al trasporto su rotaia. Inoltre, di recente mi è giunto all’orecchio che qualcuno in Emilia-Romagna avrebbe avanzato una terza ipotesi e cioè che ‘Ferrovia’ sia originaria di quella regione (A. Ottanelli, comunicazione personale).
Tutto ciò mi ha convinto a riprendere e completare l’articolo che segue per dare il mio contributo e cercare di spiegare in modo diverso e – spero – convincente l’origine di ‘Ferrovia’ e il come della sua comparsa in provincia di Bari.
Introduzione
Ritengo utile ricordare al lettore che le provincie pugliesi di Bari e BAT (Barletta, Andria, Trani) insieme destinano oltre 17.000 ettari alla coltivazione del ciliegio. Quella parte di Puglia è la prima d’Italia quanto a produzione di ciliegie (circa 50.000 t) e ad incidenza (37 %) sul totale della produzione nazionale. Il successo della coltura in Puglia si è consolidato negli ultimi quarant’anni principalmente per la concomitanza di due felici fattori.
Un primo fattore è stato il ridotto sviluppo degli alberi (Figura 1), indotto dall’ambiente e dal portainnesto Prunus mahaleb Mill. (Ciliegio di S. Lucia, Magaleppo o Anera), che rende più agevole, meno rischiosa e molto meno costosa la raccolta rispetto agli impianti tradizionali di altre regioni, dove quel modello di coltura è in regresso proprio per i costi e i rischi connessi (Figura 2).
L’altro fattore è stata la concomitante presenza di due varietà dalle eccellenti caratteristiche, ‘Ferrovia’ e ‘Burlat’ in ordine di apparizione. ‘Ferrovia’, è varietà a maturazione tardiva, con origini e genealogia in discussione nel presente scritto, ‘Burlat’, è varietà a maturazione precoce, dall’origine francese e genealogia ignota. ‘Ferrovia’, da sola, concorre con circa il 50% alla produzione pugliese di ciliegie.
La vecchia cerasicoltura barese
I fatti che sto per narrare cominciano nella prima metà del secolo scorso, quando due ricercatori dell’allora Stazione Agraria Sperimentale di Bari (oggi CRA), del Ministero dell’Agricoltura, descrivono le seguenti varietà di ciliegio diffuse in provincia di Bari:
Varietà del nord-ovest descritte da F. S. La Notte (1930):‘Cicalona’,‘Dura del Reddito’, ‘Fuciletta’, ‘Laffiona nostrale’, ‘Palombara primizia’ o ‘Primitiva’, ‘Tosta’ o ‘Durona’, ‘Zuccaro’;
Varietà del sud-est descritte da L. Fanelli (1938):‘Bianca’ o di ‘Acquaviva’,‘Capo di serpe’, ‘Comune’ o ‘Cerasella’ o ‘Ciliegia rossa’, ‘Donnalella’, ‘Donnaluisa’ o ‘Napoletana’, ‘Forlì’, ‘Francia’, ‘Laffiona’, ‘Limone’, ‘Molfettese’, ‘Montagnola’, ‘Terlizzi’, ‘Tosta’ o ‘Durona’, ‘Zuccaro’.
Tra i due s’inserisce, nel 1936, E. Pantanelli, Direttore della stessa Stazione Agraria Sperimentale, che però si limita al solo elenco di un più vasto numero di varietà di ciliegio presenti in provincia di Bari, incluse quelle descritte da La Notte e da Fanelli, ma senza specificazione zonale: ‘Acquaviva’, ‘Bianca’, ‘Capo di serpe’, ‘Cerasuola’, ‘Cicalona’, ‘Cirasella’, ‘Comune’, ‘Donnalella’, ‘Dura del reddito’, ‘Francia’, ‘Fuciletta’ o ‘Precoce di Molfetta’, ‘Laffia’ o ‘Nera’, ‘Laffia tosta’, ‘Laffiona nostrale’, ‘Limona’, ‘Molfettese’, ‘Montagnola’, ‘Paiera’, ‘Palombara piccola’ o ‘Primitiva’, ‘Pisciacchiara’, ‘Pizzuta rossa’, ‘Romana’ o ‘Palombara durona’, ‘Simona’, ‘Terlizzese’, ‘Tosta’, ‘Tosta’ o ‘Durona di Bisceglie’, ‘Zuccaro’ o ‘Durona zuccherina’.
In nessuno dei tre elenchi figura una varietà chiamata ‘Ferrovia’ ma, soprattutto, nessuna delle varietà descritte da Fanelli e La Notte si avvicina minimamente a ‘Ferrovia’, per caratteri come dimensioni, forma e colore del frutto; consistenza, colore e sapore della polpa.
Per avere il primo riferimento scritto a ‘Ferrovia’ bisogna attendere G. Donno (1966), che riporta la versione della sua origine da Turi e ne sintetizza alcuni caratteri. Chi scrive, nel 1965 giovane assistente, per incarico del Prof. G. Donno affronta uno studio organico sulla cerasicoltura barese con accertamento e descrizione dei caratteri fenologici, biologici e pomologici delle principali varietà allora coltivate nel nord-ovest e nel sud-est della provincia di Bari. Il lavoro vede la luce nel 1968 e riporta la descrizione dei caratteri di undici varietà, cinque del nord-ovest (studiate a Bisceglie) e sei del sud-est (studiate a Conversano).
Tra le varietà presenti solo nel sud-est c’era ‘Ferrovia’, ma con incidenza allora tutt’altro che rilevante. Preciso che, quando scrivevo il mio lavoro, la produzione del nord-ovest barese era orientata prevalentemente su ciliegie per il consumo fresco e quella del sud-est su ciliegie da industria. Dico anche che, negli anni ‘60, di tutte le varietà coltivate,‘Ferrovia’ era l’unica degna di ben figurare in assoluto sui mercati nazionale ed esteri per il fresco. Come poi è avvenuto. Oggi, quasi tutta la produzione cerasicola pugliese è stata riconvertita e orientata per il mercato del fresco.
In quello studio, di ‘Ferrovia’ accerto l’autosterilità e individuo come impollinatori ‘Forli’ e ‘Limone’. ‘Forlì’ sarà in pratica il suo impollinatore quasi esclusivo per circa vent’anni. Nel descrivere la varietà mi limito a riportare le voci raccolte e cioè essere «probabilmente originaria di Turi e dall’origine piuttosto recente» (Godini, 1968).
Per quanto scritto per primo da Donno nel 1966, la comparsa di ‘Ferrovia’ sulla scena sarebbe avvenuta successivamente agli scritti di La Notte (1930) e Fanelli (1938) e ciò spiega la mancanza di qualsiasi riferimento alla “nostra” varietà da parte di quei due attenti studiosi.
Il Centro per la cerasicoltura e il Progetto “Liste varietali”
Nel 1980, la Provincia di Bari incarica me, come direttore dell’Istituto di Coltivazioni Arboree dell’Università di Bari, di realizzare un campo collezione a Conversano nel quale provvedo a fare ospitare, tra antiche e nuove, circa 100 varietà di ciliegio provenienti dalle collezioni di aree cerasicole non solo d’Italia (Campania, Emilia Romagna, Veneto), ma di altri distretti europei ed extraeuropei. L’iniziativa prenderà il nome di “Centro per la valorizzazione della cerasicoltura”. Contributi fondamentali alla costituzione della collezione vengono dall’Istituto di Frutticoltura della Provincia di Verona, allora diretto dal Prof. Giorgio Bargioni e dall’Istituto Sperimentale di Frutticoltura del MiPAAF, sede di Pergine Valsugana (TN), allora diretto dal Prof. Carlo Fideghelli. Poco meno di dieci anni più tardi, a quello seguirà un secondo campo collezione a Valenzano, nell’azienda della Facoltà di Agraria di Bari. La realizzazione delle collezioni aveva come obiettivo quello di valutare la possibilità di allargare l’allora ristretta gamma varietale di una coltura in rapida espansione in provincia attraverso l’osservazione del comportamento nell’ambiente barese di numerose varietà di ciliegio per il fresco, purché a frutto grosso (> 7,0 g), polpa preferibilmente soda, buccia rossa, sapide, resistenti a manipolazioni e trasporto e, dopo l’introduzione del carattere nel genoma della specie, possibilmente anche autofertili.
Tra le tante introdotte, una varietà dal nome inequivocabilmente tedesco comincia ad attirare l’attenzione per il tipo di frutto molto somigliante a ‘Ferrovia’. Si tratta di ‘Germersdorfer’ e questa intuizione è avanzata nel 1993 a Budapest, in occasione dell’International Cherry Symposium (Godini A., de Palma L., Palasciano M., 1996), quando scriviamo: «Sulla base delle similarità tra i principali caratteri fenologici e morfologici, ci sono buone basi per supporre che ‘Ferrovia’ e ‘Germersdorfer’ siano sinonimi. Ricerche sono state programmate per verificare questa nostra ipotesi». ‘Germersdorfer’ o ‘Grosse Germersdorfer’ è indicata da Fideghelli e Albertini (1981) avere in Germania un sinonimo,‘Schneiders röte Späte Knorpelkirsche’ (in italiano:‘Ciliegia rossa tardiva duracina di Schneider’), che d’ora in avanti chiamerò per brevità ‘Schneiders’, anch’essa introdotta in collezione.
Nel 1994 viene costituito il Gruppo di lavoro del sottoprogetto “Ciliegio” nell’ambito del Progetto “Formulazione di liste di orientamento varietale dei fruttiferi e dei portainnesti” finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; ne vengo nominato coordinatore nazionale, incarico che conserverò fino al mio collocamento a riposo, nel 2010. Tra le varietà tradizionali da valutare da parte delle unità operative dislocate in 11 regioni d’Italia faccio inserire anche ‘Ferrovia’, all’epoca nota a pochi membri del Gruppo. Col passare degli anni,‘Ferrovia’ diventerà una delle varietà di pregio inamovibili dalla lista che, per tutta la durata del progetto, è stata annualmente proposta a tecnici e operatori del settore.
Il Convegno Nazionale del Ciliegio del 1997
L’impegno preso nel 1993 viene mantenuto nel 1997 al Convegno Nazionale del Ciliegio di Valenzano. L’Istituto di Coltivazioni Arboree dell’Università di Bari, organizzatore, presenta una serie di studi, tra i quali quello annunciato 4 anni prima a Budapest e avente per oggetto il confronto tra caratterizzazioni enzimatiche di ‘Ferrovia’ e ‘Germersdorfer’ (Sonnante G., Perrino P., Palasciano M., Godini A., 1998). Le conclusioni dello studio dicono che: «La perfetta corrispondenza di 9 profili isoenzimatici suggerisce l’ipotesi che ‘Ferrovia’ e ‘Germersdorfer’ siano molto simili non solo morfologicamente e biologicamente, ma anche geneticamente». Un altro studio riguarda l’individuazione di possibili, nuovi impollinatori di ‘Ferrovia’, tra i quali le due varietà tedesche, ‘Germersdorfer’ e ‘Schneiders’, perché a fioritura contemporanea (Godini A., Cozzi G., Palasciano M., Di Pierro A., Petruzzi G., Logoluso V., 1998). Dallo studio emergono singolari punti in comune tra le tre varietà, oltre la somiglianza tra i frutti, come: 1) la singolare, comune bassa vitalità del polline; 2) l’assoluta incapacità di produrre frutti in seguito ad impollinazione incrociata (interincompatibilità). Per inciso, tra i nuovi impollinatori viene individuata ‘Giorgia’, varietà a maturazione precoce costituita dal Prof. G. Bargioni, introdotta da chi scrive nei campi di Conversano e Valenzano che, grazie ai suoi pregi, oggi ha trovato meritoria diffusione in Puglia e non solo come impollinatore di ‘Ferrovia’, ma anche per la produzione diretta di frutti.
Dall’insieme delle ricerche,‘Ferrovia’, ‘Schneiders’ e ‘Germersdorfer’ risultano avere caratteri fenologici e biologici, oltre che pomologici tanto simili da fare dubitare che essi possano essere posseduti in comune e tutti insieme da tre diverse varietà. Per l’accertata interincompatibilità concludiamo che tutte e tre le varietà devono possedere quanto meno gli stessi alleli di sterilità. L’ipotesi di partenza avanzata nel 1993 prende dunque consistenza e arriva a comprendere ‘Schneiders’.
Caratterizzazione molecolare e identificazione degli alleli di sterilità
L’accertamento dei casi di sinonimia nell’ambito delle più disparate specie di fruttiferi diventa tematica di ricerca internazionale che si sviluppa ed evolve a partire dagli anni ‘90. Si moltiplicano così studi interdisciplinari mirati alla caratterizzazione molecolare delle varietà, così come quelli al raggruppamento delle varietà affette da sterilità gametofitica in base all’identificazione degli alleli di sterilità. All’interessante filone di ricerca non sfugge il ciliegio e il nostro Istituto vi partecipa avvalendosi della collaborazione di colleghi genetisti operanti a Bari, con cui concorda cosa cercare e il materiale genetico su cui lavorare.
Al già citato Convegno del Ciliegio di Valenzano del 1997 viene presentato anche uno studio dell’analisi del DNA amplificato (RAPD) di quindici varietà di ciliegio della nostra collezione: i risultati ottenuti permettono di concludere che: «L’analisi a grappolo ha evidenziato correttamente relazioni di parentela ed ha permesso di ipotizzare una stretta relazione tra ‘Ferrovia’, ‘Germersdorfer’, ‘Belge’ e ‘Schneiders’» (Corona M.G., Resta P., Fanizza G., Palasciano M., Godini A., 1998). ‘Belge’, anch’essa introdotta in provincia di Bari, di genealogia ignota, era stata da noi aggiunta al gruppo di varietà da indagare per i frutti altrettanto somiglianti a ‘Ferrovia’ di ‘Germersdorfer’ e ‘Schneiders’. Gli apparenti sinonimi diventano così 4.
Alcuni anni più tardi, l’argomento viene ripreso e, attraverso l’applicazione di metodologie nel frattempo evolutesi (AFLP), le varietà diventano 5 perché le strette relazioni di cui sopra arrivano a comprendere anche ‘Badacsony’ ( Palasciano M. A., Godini A., Fanizza G., Palasciano M., Resta P., 2006), varietà ritenuta originaria dall’omonima città ungherese. Infine, in un lavoro sui polimorfismi AFLP (Palasciano M. A., Fanizza G., Resta P., 2009), viene sviluppato un interessante dendrogramma con similarità tutte assai prossime all’unità tra ‘Badacsony, ‘Belge’, ‘Ferrovia’, ‘Germersdorfer’, ‘Giapponese’, ‘Noire de Meched’, ‘Schneiders’. Dalle due iniziali, ‘Ferrovia’ e ‘Germersdorfer’, siamo dunque arrivati a sette varietà, che possono essere tutte considerate sinonimo l’una dell’altra. Quanto a ‘Giapponese’, marze di quella varietà erano state prelevate da chi scrive dalla collezione del MiPAAF di Pergine Valsugana (Trento) ed innestate a Conversano e Valenzano. Di essa viene scritto essere di origine e genealogia sconosciute (Albertini e Della Strada, 1996).
A proposito degli alleli di sterilità, numerosi contributi vengono dagli studi condotti soprattutto all’estero e mirati alla loro individuazione per poi suddividere le varietà di ciliegio dolce in gruppi. Beninteso, se due varietà hanno gli stessi alleli di sterilità non per questo devono per forza essere considerate sinonimi e tuttavia il fatto può essere inteso come coadiuvante, insieme con altre prove, per raggiungere la ragionevole certezza a sostegno della loro identità. In base a questo secondo filone di ricerca, secondo Charlot (2003), ‘Badacsony’, ‘Belge’, e ‘Noire de Meched’ (conosciuta in Iran come ‘Machad’, dall’omonima città) sarebbero sinonimi. Con questo significato può dunque essere interpretata anche la review (Bekefi, 2006), dalla cui lettura si ricava che del gruppo XXII (alleli S3 S12) farebbero parte ‘Belge’,‘Badacsony’,‘Ferrovia’, ‘Germersdorfer’,‘Noire del Meched’ e ‘Schneiders’. Infine, in altro lavoro (Ipek A., Gulen H., Akcay M.E., Ipek M., Ergin S., Eris A., 2011), si scrive che «‘0900 Ziraat’ (varietà turca ritenuta originaria dell’Anatolia ndr) e ‘Schneiders’ «sono un unico genotipo in quanto possiedono caratteristiche morfologiche similari e gli stessi rari S-alleli (S3 S12)».
Un inatteso, illuminante contributo dalla Spagna
Sull’autorevole rivista scientifica ‘Heredity’ compare un articolo (Wünsch e Hormaza, 2002), avente per oggetto la caratterizzazione molecolare di numerosi genotipi di ciliegio in collezione in Spagna, a Saragozza, di cui 23 di antica e tradizionale coltivazione in Europa, tra i quali anche due presenti nelle nostre collezioni:‘Belge’ e ‘Ferrovia’. Nel lavoro si scrive che: «Il dendrogramma ha permesso di raggruppare i 23 genotipi in due principali sottogruppi, secondo la loro origine geografica e l’areale di coltivazione, come probabile risultato della selezione locale di genotipi naturali (selvatici) di eccezionale valore». Secondo gli Autori, un primo sottogruppo conterrebbe genotipi originari dell’Europa settentrionale e centrale, un secondo sottogruppo genotipi originari dell’Europa meridionale. Tra i genotipi originari dell’Europa settentrionale e centrale figura, com’era logico attendersi, ‘Belge’. La cosa invece interessante è che ‘Ferrovia’, ritenuta originaria di ambiente meridionale, nel dendrogramma si trova invece inclusa, come ‘Belge’, tra le varietà del sottogruppo dell’Europa settentrionale e centrale. Il fatto disorienta i due Autori che non riescono a spiegarsi quella collocazione di ‘Ferrovia’. Evidentemente,‘Ferrovia’ era arrivata a Saragozza dalla Puglia con l’indicazione d’essere la principale varietà di ciliegio della provincia di Bari, di dove era stato fatto credere ai due Autori spagnoli che fosse anche originaria. Lo stesso concetto di ‘Ferrovia’ come varietà originaria di ambienti diversi dalla Puglia sarà poi ripreso in Italia (Palasciano M. A., Fanizza G., Resta P., 2009).
Circa l’origine di ‘Ferrovia’
Che ‘0900 Ziraat’,‘Badacsony’, ‘Belge’ ‘Ferrovia’, ‘Germersdorfer’, ‘Giapponese’, ‘Noire de Meched’ e ‘Schneiders’ siano tutti nomi con i quali la stessa varietà di ciliegio è diffusa e conosciuta tra Asia e Europa è indubbiamente acquisizione recente e ragionevolmente certa. Per quanto mi riguarda, non ritengo questa la sede per discutere quale delle otto varietà sia l’originale e quali invece le “copie”. Mi chiedo piuttosto come abbia fatto l’una, oppure l’altra, oppure l’altra ancora di quelle varietà ad arrivare in provincia di Bari. Scrivo ciò perché escludo nella maniera più categorica che si possa accettare il percorso inverso e cioè quella dell’origine barese di ‘Ferrovia’ e della sua rapidissima e folgorante diffusione all’estero, tra Asia e Europa, dall’Iran alla Francia. Cerco di spiegare: secondo la più particolareggiata, ma anche più “ingenua” delle due ipotesi locali, dall’incrocio spontaneo tra genitori ignoti di varietà di ciliegio diffuse nel sud-est barese sarebbe derivato un frutto, caduto sul terreno nel territorio di Sammichele di Bari. Dal seme di quel frutto sarebbe nata una piantina, che non sarebbe andata distrutta, ma – chissà perché – miracolosamente e gelosamente conservata in attesa di vederla lentamente entrare in fruttificazione. Dopodiché ci si sarebbe accorti che quell’alberello da seme produceva frutti con caratteristiche eccellenti. Come commento, io dico che quei caratteri erano da ritenere assolutamente improbabili come generati in loco, considerato il pool genico delle varietà “locali” di ciliegio (in prevalenza a polpa tenera e a frutto piccolo) che costituivano la piattaforma varietale di ciliegio del sud-est barese.
Come e quando ‘Ferrovia’ può essere arrivata in provincia di Bari
Per i motivi che illustrerò più avanti, preferisco limitare il discorso al trinomio ‘Ferrovia’,‘Germerdorfer’ e ‘Schneiders’, le prime tre sulle quali si è concentrata l’attenzione mia e dei miei collaboratori e dei cui frutti fornisco documentazione fotografica. È stato scritto che ‘Germersdorfer’ e ‘Schneiders’ sono diffuse in Germania, qualcuno dice da almeno 150 anni, qualcun altro da oltre 300 anni (Bargioni, 1991). ‘Germersdorfer’ o ‘Grosse Germersdorfer’ prende il nome da Germersdorf, villaggio nei pressi di Guben, città della Slesia tedesca, della quale anche ‘Schneiders’ sarebbe originaria (Fonte: Arche Noah). Per inciso, in Ungheria, nazione relativamente piccola, la stessa varietà di ciliegio sarebbe diffusa con due nomi: la già citata ‘Badacsony’ e ‘Germersdorfi orias’ (ovvero ‘Germersdorfer gigante’). Tutto ciò rivela la grande attrazione degli ambienti cerasicoli internazionali per la stessa varietà di ciliegio, sebbene chiamata con i nomi illustrati. È probabile che i diversi nomi coi quali la nostra ‘Ferrovia’ è conosciuta e diffusa siano stati dovuti al tentativo di rivendicare altrove, come in Puglia, la paternità di quella varietà. Un fatto comunque è certo: dovunque sia stata introdotta, ‘Ferrovia’ o chi per essa, ha destato sempre interesse per i pregi intrinseci dei suoi frutti, anche se ciò ha poi portato all’attuale confusione nella sua nomenclatura internazionale.
La ferrea determinazione di volere “documentare” l’origine locale di ‘Ferrovia’ per ottenere il riconoscimento del marchio IGP ha molto probabilmente portato alla creazione delle due ipotesi più o meno fantasiose della sua origine nel barese riportate all’inizio del presente scritto. Tutto ciò oggi non serve più perché per l’UE è sufficiente comprovare la presenza storica di una qualsiasi varietà di una qualsiasi specie in un dato territorio da almeno 25 anni. Siamo nell’anno 2017 ed é grazie ai 51 anni trascorsi dalla prima segnalazione di Donno (1966) che la presenza di ‘Ferrovia’ in provincia di Bari è un fatto accertato. Se poi il discorso lo volessimo allargare dalla varietà ‘Ferrovia’ alla specie ciliegio e alla sua presenza in provincia di Bari, è bene sapere che esistono documenti che parlano della presenza della specie tanto nel sud est quanto nel nord ovest barese risalenti al secolo XVII.
Non intendo lasciare in sospeso la spiegazione del possibile modo col quale ‘Germersdorfer’ e/o ‘Schneiders’ e/o ‘Eccetera’ potrebbe essere arrivata in provincia di Bari mutando il nome in quello di ‘Ferrovia’. Lo devo non solo alla mia curiosità di studioso, ma anche per mettere sull’avviso coloro che, un domani, volessero provarsi a diffondere in coltura uno qualsiasi dei 7 sinonimi, spacciandola come una nuova, interessante alternativa a ‘Ferrovia’, oppure come impollinatore di questa, con risultati assolutamente fallimentari, per la intersterilità all’interno del gruppo. Non mi nascondo che quanto segue tenderebbe a bloccare sul nascere intenzioni miranti a far redigere altrove e da altri nuovi certificati di nascita di ‘Ferrovia’. A questo punto è necessario tornare a Donno (1966), quando scrive che ‘Ferrovia’ «è stata introdotta nell’agro di Turi e si è rapidamente diffusa in quelli di Conversano e di Castellana Grotte da circa 15 anni, cioè dopo l’ultima guerra mondiale». Viene da chiedersi: introdotta da dove? Introdotta da chi? È proprio alle due domande che io intendo rispondere nel modo seguente. In Europa, la seconda guerra mondiale finisce a maggio del 1945 ed è noto che molti italiani, tra militari e non, furono deportati in Germania anche per lavorare nell’industria e in agricoltura, per sostituire i cittadini tedeschi mandati a combattere sui diversi fronti di guerra. L’idea che mi sono fatta e che continua a piacermi è quella che, tra le migliaia d’italiani ci sia stato qualcuno, di estrazione contadina, proveniente – diciamo – dal sud est barese e addetto alla cura dei campi in qualche azienda agricola in qualche dove in Germania. Perché escludere che costui, avendo osservato e gustato i frutti di ‘Germersdorfer’ e/o ‘Schneiders’, ne sia rimasto tanto colpito da decidere, al momento del rimpatrio, di portare con sé marze di quella varietà, che ha poi innestato in un appezzamento di terreno di proprietà sua o di altri, in provincia di Bari, lungo i binari della Ferrovia Sud-Est?
Ma poi, se anche non si fosse trattato di un prigioniero di guerra, perché escludere che un semplice, attento cittadino del sud-est barese, trovatosi per i più vari motivi in uno dei Paesi europei dove ‘Ferrovia’ era presente con uno dei suoi sinonimi, possa avere avuto la brillante e meritoria idea d’introdurre, tra il 1935 e il 1945, in provincia di Bari marze di quella varietà, poi ribattezzata ‘Ferrovia’? Però, perché chiamarla ‘Ferrovia’ e non invece ‘Germersdorfer’ e/o ‘Schneiders’ o con qualunque altro dei suoi sinonimi? Anche su questo un’idea me la sono fatta ed è quella della difficoltà di pronuncia di quelli e di quasi tutti gli altri nomi, non facili da memorizzare soprattutto per uno a corto di conoscenze di lingue straniere e sempre ammesso che il “responsabile” dell’introduzione della varietà nel barese si sia mai preoccupato di chiederlo. Le marze vengono dunque innestate e attecchiscono, dando origine alla pianta madre. Visto il successo, qualcuno decise che quella varietà aveva bisogno di un nome e il nome divenne quello ormai noto e per il motivo spiegato e che non ho difficoltà ad accettare. Coinciderebbero anche i tempi biologici, giacché l’intervallo dall’introduzione (1935 o 1945) alla prima segnalazione (1966) sarebbero un periodo adeguato. Personalmente propendo per l’ipotesi dell’“origine turese” di ‘Ferrovia’ nel senso che dico molto semplicemente che sarebbe bastato che il cerasicoltore di Turi (il Sig. Matteo Di Venere?), che per primo si dice che abbia portato i frutti di ‘Ferrovia’ al mercato di quella città, avesse spiegato in quale modo era venuto in possesso di marze di quella varietà, magari anche senza indicarne il nome, perché impronunciabile o a lui ignoto.
Conclusioni
Due sono le versioni della comparsa di ‘Ferrovia’ in Puglia. Le letture e gli studi condotti mi hanno portato ad escludere che ‘Ferrovia’, vecchia varietà diffusa da secoli un po’ dappertutto tra Asia e Europa con altri nomi, abbia avuto origine in provincia di Bari, ma ad accettare che vi sia stata introdotta mediante innesto. Mi sta bene lungo i binari delle Ferrovie Sud-Est anche perché, se a Sammichele oppure a Turi, per me non fa differenza. Ora, tra scoperta mirabolante e fortuita da un lato e introduzione mirata dall’altro io sposo decisamente questa, perché frutto non di un fatto assolutamente casuale e scientificamente indimostrabile, ma di intelligente intuizione di un uomo.
A consolazione degli irriducibili sostenitori della sua origine in terra di Puglia, dico che ‘Ferrovia’ non sarebbe né la prima né l’unica varietà di ciliegio importata da altrove: per restare nell’ambito della specie ciliegio, ricordo il nome di alcune delle varietà citate in apertura, con chiari riferimenti alla probabile zona di provenienza, come ‘Francia’,‘Forlì’, ‘Napoletana’, ‘Palombara’, ‘Romana’. Nomi facili da memorizzare, a differenza di quelli – come scritto – con cui ‘Ferrovia’ era nota nei paesi di più antica coltivazione. Una breve digressione: ‘Palombara’, a maturazione extra precoce, tenera e a frutto molto piccolo, rapidamente deperibile è varietà ormai quasi scomparsa. Essa è (o era) coltivata col nome di ‘Palombara piccola’ nel nord-ovest della provincia di Bari, col nome di ‘San Nicola’ nel sud-est. In realtà,‘Palombara piccola’ non sarebbe altro che una antichissima varietà di ciliegio tedesca, dal nome altrettanto impronunciabile, ‘Früeste der Mark’, introdotta in tempi ignoti nel territorio del comune di Palombara sabina, in provincia di Roma, da cui ha preso il nome e come tale poi innestata nel nord-ovest barese e quindi anche nel sud-est, ma qui ribattezzata col nome del Santo che si festeggia ai primi di maggio, quasi in coincidenza con l’epoca di maturazione dei suoi frutti.
Per meri motivi di campanile tra i comuni nei quali la cerasicoltura si è affermata nel barese, primo distretto produttore di ciliegie d’Italia, non si è ancora riusciti a mettersi d’accordo per portare a termine l’iter per il riconoscimento comunitario del marchio IGP, avviato nel lontano1994 dalla Provincia di Bari. C’è chi tira l’origine di ‘Ferrovia’ da un lato, chi dall’altro, chi vuole vincolare il nome del marchio alla varietà, con indicazione del comune di “nascita”, chi invece lo vuole allargare alla specie ciliegio e all’intera provincia/regione. Come risultato, dopo 23 anni tutto è fermo al punto di partenza. Nel frattempo, l’elenco dei prodotti IGP italiani è salito a 122, tre dei quali riguardano il ciliegio. Sono gli IGP Ciliegia dell’Etna, Ciliegia di Marostica e Ciliegia di Vignola. Non risulta nemmeno che un disciplinare di produzione riguardante la cerasicoltura barese, ripeto la più importante d’Italia, sia a tutt’oggi tra quelli sottoposti all’esame dell’UE per l’approvazione.
Mi permetto chiudere questo lavoro sperando che la spiegazione da me fornita sull’arrivo (non sulla nascita) di ‘Ferrovia’ in provincia di Bari possa contribuire a rasserenare gli animi, ad allentare rivalità campanilistiche e a mettere d’accordo un po’ tutte le parti in causa per perseguire, sempre che lo si voglia ancora, il riconoscimento comunitario, come testimonianza dell’adattamento all’ambiente pugliese (e non di un solo comune) di una coltura, il ciliegio dolce, e di molte varietà, soprattutto nuove, la più importante delle quali rimane tuttavia quella conosciuta in loco col felice (questo si) nome di ‘Ferrovia’. Sarebbe infine bello se almeno una delle municipalità al centro della coltivazione di ‘Ferrovia’ nel sud-est della provincia di Bari operasse per erigere, in grato ricordo, un monumento oppure dedicare una targa al cerasicoltore ignoto (oppure M. Di Venere?) che innestò in un certo anno e in un certo dove marze di una varietà di ciliegio provenienti da un luogo qualsiasi d’Europa, poi localmente ribattezzata in terra di Bari come ‘Ferrovia’ e della cui intelligente intuizione ancora oggi beneficia l’economia di tutti i comuni di Puglia nei quali il ciliegio dolce ha trovato diffusione.
Ringraziamenti
Per le ricerche bibliografiche e la parte iconografica, ha collaborato il Dott. Marino Palasciano.
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