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L’uomo e la pietra

I muretti a secco, rappresentando "una relazione armoniosa fra l'uomo e la natura", sono stati dichiarati patrimonio dell’Unesco. Un riconoscimento importante e determinante, utile per comprendere l’interazione tra l’uomo e l’ambiente. Sono uno dei primi esempi di manifattura umana. In alcuni contesti e areali, viti, olivi, alberi da frutto, piante officinali vivono perché ci sono i muretti

Marcello Ortenzi

L’uomo e la pietra

Per l’Unesco sono uno dei primi esempi di manifattura umana, il simbolo di una relazione armoniosa fra uomo e natura e custodiscono il DNA del paesaggio rurale italiano. Quelle pietre una sopra l’altra, poste con eccezionale ingegno e capacità artistiche oltre che artigianali, sono la montagna viva, come affermato dall’Uncem.

Molte regioni italiane hanno manufatti a secco, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia, Campania, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Lazio. Una caratteristica essenziale è che sono in grado di combattere fragilità dei versanti, fermare le frane, rallentare le valanghe, ridurre l’erosione, ma poi esiste la consapevolezza che su quei terrazzamenti fatti in pietra vi sono imprese e imprenditori che resistono strappando porzioni di ettari all’invasione del bosco.

Viti, olivi, alberi da frutto, piante officinali vivono perché ci sono quei muretti che rendono i versanti alpini e appenninici economicamente validi. Naturalmente vanno scomparendo le ditte e i privati cittadini capaci di costruire quei muretti. Alcuni piccoli comuni hanno voluto coinvolgere nell’apprendimento delle tecniche per la realizzazione di muri a secco sia i giovani, anche stranieri richiedenti asilo, con progetti nelle scuole. Infatti, so no un bel tema per aiutare l’integrazione che si fa anche conoscendo il valore del patrimonio materiale, la sua storia e la sua dignità, oggi pienamente sancite dall’Unesco.

La Scuola trentina della pietra a secco, istituita nel 2013 all’interno dell’Accademia della montagna, è composta da un gruppo di lavoro che include diverse figure professionali – dal maestro artigiano al geometra, dall’architetto all’ingegnere.

La montagna è una delle aree che più sono interessate dai muretti e l’Uncem ha invitato le Regioni, il Ministero dell’Ambiente e quello delle Politiche agricole e forestali, a investire risorse da destinare ai territori tramite gli Enti locali montani, per la valorizzazione, la manutenzione, la costruzione e il rifacimento dei muretti a secco presenti sui versanti.

Un’attività fondamentale per la prevenzione del dissesto idrogeologico: investire su quelle pietre fa risparmiare in protezione civile e nelle fasi post-emergenze, sempre più ricorrenti. L’associazione degli enti montani assicura che l’investimento non appare oneroso, poiché per un metro quadrato di muretto a secco possono bastare 80 euro per la manutenzione, visto che le pietre sono già presenti.

La montagna potrebbe così festeggiare il riconoscimento dell’Unesco con interventi concreti e misurabili, a vantaggio delle comunità alpine e appenniniche, ma anche delle realtà urbane. C’è poi una vera e propria arte edilizia “a secco” in Puglia per la costruzione di abitazioni, come i trulli della Valle d’Itria tra Bari, Brindisi e Taranto, o le pajare nel Salento, eredi probabilmente di costruzioni più antiche chiamate specchie. La stessa tecnica costruttiva si osserva anche nelle mura megalitiche di Altamura e, fuori dalla Puglia, nei nuraghi sardi, risalenti al II millennio a.C.

I muretti a secco rappresentano oggi delle zone d’importante concentrazione di biodiversità: l’umidità dell’aria, anche quando fa molto caldo, condensa negli interstizi tra le pietre, rendendo il muretto umido anche in piena estate, quando fa molto caldo. Gli interstizi quindi offrono rifugio a molti animali che sfruttano il particolare microclima tra le pietre per sopravvivere in estate e ripararsi in inverno: lucertole, serpenti, gechi, anfibi e molti invertebrati, in Italia Meridionale e nelle Isole, hanno imparato a usare i muri a secco come un nuovo habitat, continuando a sopravvivere anche in assenza della macchia mediterranea.

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