Gea Terra

La bioeconomia italiana ai vertici dell’Europa

Un recente studio, aggiornato al 2018, riporta la stima della produzione e dell'occupazione della bioeconomia in Italia e nei principali Paesi europei. Tutte le attività connesse hanno generato da noi un fatturato pari a circa 345 miliardi di euro e un'occupazione di oltre due milioni di persone

Marcello Ortenzi

La bioeconomia italiana ai vertici dell’Europa

Il Rapporto, redatto da Intesa San Paolo insieme all’Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie (Assobiotec) e al Cluster Spring, ha lo scopo di esaminare le attività della bioeconomia connesse alle catene globali di valore con particolare attenzione al modello produttivo e di consumo, alla riduzione degli sprechi, alla valorizzazione degli scarti e all’innovazione tecnologica.

Nel 2018 in Italia l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia ha generato un fatturato pari a circa 345 miliardi di euro e un’occupazione di oltre due milioni di persone (8,1%), in crescita dell’1% rispetto all’anno precedente. Il valore della produzione della bioeconomia è cresciuto per 7 miliardi rispetto al 2017(+2,2%), passando dall’8,8% del 2008 all’attuale 10,2% con un contributo maggioritario del sistema agroalimentare. Il sistema agro-alimentare italiano, infatti, si pone ai primi posti in Europa, con un peso sul totale europeo del 12% in termini di valore aggiunto e del 9% in termini di occupazione.

La filiera agro-alimentare è pilastro fondamentale della bioeconomia, perchè ha un grande potenziale in economia bio-based e circolare, in termini di gestione efficiente delle risorse, protezione della biodiversità e del suolo, gestione sostenibile del territorio, produzione di servizi ecologici e sociali, valorizzazione e riutilizzo dei residui e rifiuti, produzione di bioenergie e prodotti biologici attraverso l’uso efficiente e sostenibile delle risorse rinnovabili. La filiera è fonte primaria di biomassa da valorizzare sia per produrre bio – elementi, che per sostituire le tradizionali fonti di energia nel settore energetico, dei trasporti e del riscaldamento. I rifiuti organici prodotti dalla filiera agro-alimentare ammontano a 87 milioni di tonnellate e sono pari a 171 kg pro-capite in Europa.

L’attuale pandemia ha rilevato la fragilità dell’attuale sistema economico e sociale, il legame fra l’uomo e la natura e il rapporto tra modi di produzione, gestione delle risorse e il territorio. La bioeconomia, sistema socio-economico associato alla valorizzazione delle risorse biologiche rinnovabili terrestri e acquatiche al fine di originare bio-prodotti, si pone come un pilastro essenziale in quanto è connessa al territorio, genera filiere multidisciplinari integrate alle aree locali e valorizza i residui delle suddette filiere in prodotti a valore aggiunto. Essa favorirà la transizione da un sistema produttivo economico basato sulle fonti fossili, non rinnovabili e in grado di generare effetti dannosi ambientali, a uno più sostenibile in grado di promuovere un’economia a basso impatto ambientale e capace di rigenerare gli ecosistemi naturali anziché impattarli.

L’Italia presenta un settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca al secondo posto per produzione (58 miliardi circa di €) e al primo posto, invece, per occupazione (912 mila unità) in Europa con un peso complessivo del 58,9%, di cui il contributo maggiore è fornito dal settore alimentare e delle bevande (41,3%). Inoltre, l’industria alimentare, delle bevande e del tabacco è di primaria importanza per il mercato della bioeconomia e, infatti, essa rappresenta il 41,3% del totale in termini di produzione, con un valore pari a 142 miliardi di euro. Se la filiera agro-alimentare può fornire un contributo rilevante per la prevenzione degli sprechi e la valorizzazione degli scarti organici, tuttavia si deve considerare che la chiusura del ciclo è strettamente connessa alla dotazione d’impianti adeguati in grado di trattare e valorizzare i rifiuti e residui sotto forma di compost, di biocarburanti e di biomateriali. La quantità di rifiuti organici in Italia è direttamente proporzionale alla diffusione della raccolta differenziata ma ancora oggi persistono significativi differenziali territoriali.

Il Rapporto rileva come la bioeconomia rappresenta una parte rilevante del prodotto interno lordo (PIL) nazionale e l’analisi dei dati dimostra che investire nella natura significa anche investire in occupazione e in opportunità imprenditoriali a livello locale come, ad esempio, nei settori del ripristino della natura, dell’agricoltura multifunzionale e delle biotecnologie.

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia