Gea Terra

Torneranno il sole e il sorriso dopo la devastante invasione del fango

Badalucco - nella valle Argentina, in Liguria - per molti è un luogo dell’anima, e ha in Rossella e Franco Boeri, di Olio Roi, un solido punto di riferimento. In questo luogo dove si respira un senso di comunità straordinario e dove la solidarietà è vita quotidiana, di fronte al disastro del torrente impazzito che esondando ha coperto tutto di fango, nessuno si è tirato indietro. Tutti si sono messi a spalare. Sono stati enormi i danni, ma in questo borgo non ci si lascia piegare neanche dalla peggiore catastrofe

Sergio Farinelli

Torneranno il sole e il sorriso dopo la devastante invasione del fango

Loro, nella foto, sono Rossella e Franco. Abitano a Badalucco. Di cognome fanno entrambi Boeri. Come tante altre persone del ponente ligure in queste ore sono dentro un incubo.

Franco, un hippie nell’anima con un gran bel fiuto per gli affari, un autentico personaggio alfa in valle Argentina, ha preso il vecchio frantoio di famiglia e lo ha trasformato, col tempo, le idee e molta fatica, in un brand dell’eccellenza gastronomica conosciuto dai grandi chef di tutto il mondo.

Rossella ha sempre lavorato con Franco, ma da qualche anno dedica gran parte delle sue energie all’Adagio, che sulle guide si trova alla voce “agriturismo” ma che in realtà è un concentrato di bellezza.

L’amore per il loro territorio e per le loro radici li ha portati a ripulire e a tirare a lucido il primo, antico frantoio di famiglia, che è diventato un museo dell’olio meta di studenti e curiosi, e fa parte insieme al nuovo frantoio di un percorso didattico in cui si formano, ad esempio, i giovani dell’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo.

Soprattutto, però, Rossella e Franco sono sostanzialmente belli come il sole. Hanno un senso dell’amicizia, della comunità e della condivisione che è una magnifica bestemmia in questi tempi di egoismo e apparenza.

Clamorosamente riescono a coniugare il cuore con la concretezza. Una decina di anni fa hanno avuto l’idea di ricostruire, in estate e sotto gli ulivi, l’atmosfera magica dei mitologici dopo Tenco, serate (e nottate) all’insegna dell’amicizia, della musica e della poesia (e anche di svariate bocce). Ovviamente ce l’hanno fatta.

È nato il Bistrot dell’Ulivo, ai vecchi amici del Tenco se ne sono aggiunti altri. Al piacere della convivialità si sono aggiunti riconoscimenti ai giovani che tornano a lavorare la terra. Intanto Badalucco è diventato un luogo dell’anima per un nutrito gruppo di amici, molti dei quali sono personaggi di rilievo nei settori più diversi. Per esempio, Carlin Petrini, Stefano Boeri, Antonio Ricci, Gigi Garanzini, Michele Serra, Sergio Staino, Oscar Farinetti, Mauro Pagani, Silvio Soldini, Omar Pedrini, Antonio Silva, Stefano Senardi, Cecilia Strada, Francesco Rubino, Pietro Galeotti, l’indimenticabile Gianmaria Testa, Lella Costa, Walter Vacchino, Vittorio De Scalzi e tanti altri. E succede, ad esempio, che il superarchistar Stefano Boeri, in una intervistona al Corriere della Sera, citi Badalucco come esempio anche urbanistico di comunità e che il nome di questo borgo di un migliaio di anime della valle Argentina giri veloce di bocca in bocca in tutto il mondo: un esempio clamoroso di marketing territoriale che incredibilmente non nasce dai calcoli di un project manager, ma dal cuore di un frantoiano (frantoiano, esattamente: se l’è fatto mettere anche sulla carta d’identità) a cui piacciono la musica, l’amicizia e la fiesta.

Rossella e Franco hanno due figli, Daria e Paolo, a loro volta belli come il sole, perché se respiri bellezza e valori veri da quando sei nato diventi così. Daria è una autentica, magnifica roccia, e questo basti. Paolo, il baffo, è Franco 2.0. Stessa voglia d’avventura (si è girato il Vietnam da solo in vespa, per dire), stesso spirito d’iniziativa. Aneddoto. Un pomeriggio sei lì nello scagno dei Roi, tra telefonate intercontinentali e casse di olive, e senti Paolo parlare dell’idea di un distillato che abbia a che fare con l’ulivo. L’extravergine di qualità va bene, pensi, ma il gin…. Non è che con i professionisti (e gli squali) che ci sono nel settore ti improvvisi distillatore da un giorno all’altro. Passa qualche mese e una sera dopo cena sei a casa e vibra lo smartphone, guardi e c’è un filmato inviato da Franco. Apri e ti ritrovi Paolo sul palco di un mega centro congressi di Parigi in mezzo a coriandoli e musiche trionfali e scopri che ha vinto il più ambito riconoscimento internazionale per l’innovazione nel settore con il suo gin alla taggiasca. Voilà.

Questa splendida famiglia ha radici profonde a Badalucco, il paese dei balocchi (e dello stoccafisso), un posto dove si respira un senso di comunità straordinario, un posto che nega lo stereotipo ligure della torta di riso, dove la solidarietà è vita quotidiana e dove i ragazzi si mettono insieme e fanno cultura viva, con musica, arte, scambi, e dove c’è sempre un’occasione per fare fiesta e tirare tardissimo.

Adesso il paese dei balocchi è coperto di fango. Il torrente Argentina è impazzito e ha fatto strage, sarà per i cambiamenti climatici, sarà perché questo 2020 di merda non vuole smettere di stupire e di stordire. Sono devastate le strade, le case, è devastato il bar Pradio, uno dei nuclei dell’ecosistema Badalucco, un locale dove, guardando le etichette delle bottiglie, ti chiedi se sei in valle Argentina o nella Quinta strada a New York. È devastato Ca’ Mea, il ristorante annunciato da un fungo gigantesco sulla strada, meta di torpedoni di buongustai. Ed è devastato l’Adagio, la bomboniera che negli anni Rossella, Daria e tutta la famiglia hanno creato e fatto crescere con cura maniacale. Il fango si è mangiato il primo piano del frantoio, con il magazzino. E immagino che anche il museo, più basso dell’agriturismo, sia ridotto malissimo. E non oso pensare alle condizioni degli ulivi. Pochi giorni fa Franco annunciava l’inizio della campagna di raccolta annuale orgoglioso e pieno di speranza per una stagione che appariva finalmente all’insegna della qualità e della quantità. Un’ora di tormenta, tutto perso.

Sono bastonate che ammazzerebbero un orso, ma non Franco e i suoi. I loro avi, uomini e donne, quando uscivano di casa per andare nei campi, ogni santo giorno raccoglievano una grossa pietra nel greto dell’Argentina e se la portavano dietro: sarebbe servita a tirare su i muretti a secco sulle fasce più lontane. Gente che ha nel DNA questa lungimiranza, questo spirito di sacrificio, questo amore per la terra, non si fa piegare neanche dalla peggiore catastrofe.

Non c’è dubbio: si rialzeranno, e tornerà il tempo per fare fiesta, per cantare, ridere e tirarsi il belino come si fa tra chi si vuole bene.

Io vorrei soltanto che Rossella, Franco, Daria e Paolo, in questo momento avvertissero fisicamente l’amore e la vicinanza di tutti quelli (e sono tanti) che gli vogliono bene. Che una parte, anche minima, della bellezza che hanno dispensato e condiviso in tutti questi anni gli ritornasse addosso, riempisse le loro anime e li rendesse, se possibile, ancora più forti di quello che sono, e li rivogliamo al più presto con quel sorriso lì, come da foto.

In apertura, Rossella e Franco Boeri, nella foto di Sergio Farinelli ©

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