Un fuoco invisibile ha decimato gli olivi
A dieci anni di distanza da quando si è registrato il devastante fenomeno patogeno nel Salento, un libro di Daniele Rielli ripercorre la vicenda punto per punto, raccontando di un disastro naturale, quello causato dalla Xylella, che si poteva certamente contenere. Un intreccio inestricabile di scelte politiche discutibili, ritardi mostruosi, impianti accusatori imbarazzanti e privi di fondamento, pseudoscienza e pensiero magico hanno portato alla distruzione del paesaggio e dell’economia di un vasto territorio
Simone Raho
Tra i libri usciti in questo periodo aspettavo con particolare curiosità Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale, di Daniele Rielli, vuoi perché ho seguito a suo tempo l’intera vicenda di Xylella fin dalle sue origini (soprattutto negli aspetti scientifici), vuoi perché, da salentino, mi sentivo particolarmente coinvolto in quella che può essere definita, senza ombra di dubbio, come la più grande emergenza fitosanitaria dei giorni nostri.
L’autore è stato in grado di realizzare contemporaneamente sia un formidabile affresco di una parte della società salentina e dei principali protagonisti della vicenda (positivi o meno), sia una ricostruzione fedele e veritiera degli aspetti scientifici di questa emergenza.
Proprio in virtù di ciò, il libro, edito da Rizzoli, per tanti aspetti sembra non essere né un saggio né un romanzo, e forse è proprio questo uno dei suoi punti di forza: paradossalmente pare essere entrambe le cose.
La vicenda Xylella si è rivelata come un intreccio inestricabile di scelte politiche discutibili, ritardi mostruosi, impianti accusatori imbarazzanti e privi di fondamento, pseudoscienza e pensiero magico. Pensiero magico che si è messo in luce sotto tanti aspetti spesso in contraddizione tra di loro: dalla negazione dell’emergenza in toto all’inesistenza della stessa Xylella, alla riproposizione di “cure” inconsistenti e/o di “prove” che gli olivi si riprendono dai disseccamenti: persino oggi, dopo tutto quello che è stato dimostrato inequivocabilmente, c’è ancora qualcuno che pretende di dimostrare la scientificità di una cura postando delle foto su Facebook, evidenziando solamente di non aver compreso come funziona il metodo scientifico.
Eppure la scienza, quella vera, lentamente ma inesorabilmente aveva conseguito risultati robusti e concreti, dimostrando tra le altre cose l’associazione tra Xylella e i disseccamenti degli ulivi e sconfessando le decine di teorie quantomeno fantasiose, come quelle che vedevano coinvolti fantomatici ulivi OGM, multinazionali e società dal nome palindromo (ricordate la buffonata di Allelyx, alias Xylella al contrario?), o addirittura il coinvolgimento del gasdotto TAP.
Scienza che è stata maltrattata, più volte derisa e persino indagata in quei ricercatori che invece per primi avevano lanciato l’allarme. D’altronde né la questione deve sorprenderci, in quanto l’equivalenza scienziati uguale untori non è nuova nel Bel Paese, se ricordiamo ad esempio le recenti vicende riguardanti la scienziata Capua e quella del terremoto dell’Aquila. E difatti, anche con Xylella, la stessa indagine portata avanti dalla Procura di Lecce si è dimostrata un enorme castello di carte dalle evidenze inconsistenti, concludendosi con l’archiviazione per tutti i ricercatori indagati.
Il Libro di Rielli ricostruisce l’intera vicenda ormai decennale in maniera eccellente: dal punto di vista scientifico certo, giuridico sicuramente, ma anche dal punto di vista umano. La tragedia degli ulivi salentini è ben più di un’enorme emergenza fitosanitaria, il che già basterebbe: essa tocca il profondo del cuore della gente di questa terra.
Questo è un libro che ogni salentino dovrebbe leggere, perché coinvolge, direttamente o indirettamente, ogni abitante di questa regione.
Ma è un libro che dovrebbero leggere anche tutti gli altri, per tanti altri motivi che vanno dal rapporto tra scienza e giustizia, tra scienza e pseudoscienza, tra paure immotivate o legittime e pensiero magico.
Ad oggi almeno 21 milioni di ulivi sono morti, quasi come fosse bruciata l’intera provincia di Lecce.
Mi piace concludere questo mio lungo intervento con una citazione di Nicolás Gómez Dávila, che lo stesso Rielli pone all’inizio della sua opera: “Il tempo è temibile non tanto perché uccide, quanto perché smaschera”.
In apertura, foto di Olio Officina
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