Una visione strategica per tutelare i produttori d’alta quota
Le aree montane ricoprono un ruolo chiave nella transizione verde, contribuendo alla conservazione dell’ambiente così come della biodiversità. Secondo quanto affermato da Euromontana e Cia-Agricoltori italiani, è arrivato il momento di agire e mobilitarsi per offrire alle montagne europee programmi di sviluppo, restituendo alle imprese nuove opportunità da cogliere
La Convention Europea delle montagne ha affermato che innovazione e nuove tecnologie sono i due pilastri necessari per costruire le “smart mountains” del futuro. Si è evidenziato che solo orientando la bussola di investimenti e politiche in questa direzione, a partire da settori chiave come agricoltura e turismo, le aree montane Ue potranno diventare economicamente autosufficienti, resistenti ai cambiamenti climatici, e anche attrattive per le nuove generazioni.
Obiettivo dell’evento, che ogni due anni riunisce i più importanti stakeholder delle terre alte e in questa occasione si è tenuto in Italia, riportare le aree montane al centro dell’agenda politica comunitaria.
Questa missione appare sempre più urgente per tanti motivi connessi.
Intanto incombe il rischio spopolamento, visto che a livello Ue le zone montane rappresentano quasi il 30% di tutto il territorio, ma oggi ospitano solo il 16,9% della popolazione, con un progressivo invecchiamento che si ripercuote sullo sviluppo.
Poi c’è connesso il rischio desertificazione e perdita di biodiversità, ancora più accentuato come conseguenza del “Climate Change”, che fa traballare anche il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal.
Le montagne, infatti, hanno un ruolo strategico nella transizione verde, sia sul fronte della tutela ambientale e paesaggistica sia su quello della biodiversità naturale, essendo fonte principale di servizi ecosistemici di cui difetta il resto del territorio.
Basti pensare alla dotazione eccezionale di risorse come le acque correnti, il potenziale idroelettrico, i pascoli, le biomasse boschive.
Appare ora il momento giusto, secondo Euromontana e Cia, invertire la rotta e mobilitarsi per dare subito alle montagne europee strategie di sviluppo intelligente che aiutino l’innovazione nella produzione aumentando resilienza e opportunità.
Anche perché uno studio condotto proprio da Euromontana ha dimostrato che i giovani (66% degli intervistati) sono interessati a stabilirsi o restare nelle aree montane, tanto più dopo il Covid, a condizione che si presti maggiore attenzione agli investimenti, a cominciare dalla digitalizzazione, e alla crescita di politiche territoriali più integrate ed efficienti anche sul fronte occupazionale, alla qualità della vita.
Le risorse per questo obiettivo possono essere trovate nella politica di coesione Ue e nei relativi fondi, che affrontano le disparità economiche, sociali e territoriali a livello regionale.
Si tratta di circa 392 miliardi in totale, per il periodo 2021-2027, fondamentali a spingere ricerca e innovazione come “motori” per creare aree montane vivaci, sostenibili e attraenti.
Si devono stabilire infrastrutture adeguate e nuova mobilità, anche alternativa e pulita; miglioramento della connettività a beneficio delle imprese e delle famiglie ; servizi di qualità con la digitalizzazione dei punti rurali multiservizi; nuove tecnologie per il monitoraggio ambientale e la gestione sostenibile delle risorse naturali; agricoltura e allevamenti 4.0, con inserimento delle tecnologie robotiche in campo e nelle stalle, sistemi satellitari e sensoristica; nuove reti e coworking per piattaforme integrate di promozione turistica che uniscano sport, benessere e cucina tipica.
Tutte opportunità e soluzioni all’avanguardia per garantire la qualità della vita delle comunità e rendere i territori accoglienti e orientati al futuro, insomma per far nascere le “montagne intelligenti” di domani.
Il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, nel suo intervento ha richiamato l’attenzione la situazione per cui in Italia “il 48% circa della superficie è montana e qui si trova il 31% delle aziende agricole. Imprese e produttori spesso eroici, che si scontrano con terreni e climi difficili, ma che svolgono un ruolo primario nella conservazione del patrimonio forestale, nella prevenzione del dissesto idrogeologico e nella valorizzazione di prodotti tipici e attività tradizionali come la pastorizia. Ora è tempo di avere una visione strategica, di fare quadrato per affrontare gli ostacoli e portare investimenti e innovazione nelle zone montane, senza disperdere le risorse in mille rivoli burocratici. Bisogna lavorare tutti insieme per sensibilizzare politica e società sul ruolo chiave delle montagne per il futuro dell’Europa e implementare interventi più efficaci e mirati a risolvere l’annoso gap tra aree rurali e città, valorizzando l’unicità dei territori e mettendo tutti nelle stesse condizioni di cogliere le grandi sfide della transizione green e digitale”.
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Nell’ambito dell’undicesima edizione di Olio Officina Festival è stato dedicato ampio spazio agli olivicoltori eroici liguri. Hanno spiegato cosa significhi lavorare in contesti così difficili, raccontando di un interessante e bellissimo progetto, TreeDream, che porta con sé l’obiettivo di contribuire alla rinascita della olivicoltura d’alta quota. Per approfondire, è possibile leggere gli articolo La bellezza abita le nostre terre. Voce all’olivicoltura eroica e Gli eroi dell’olivicoltura estrema.
E se parliamo di olivicoltura eroica, inevitabilmente, parliamo di oliva Taggiasca. Simbolo di una regione, la Liguria, e di un luogo, quello del Ponente ligure. Nell’ultimo libro edito da Olio Officina Storia della Taggiasca. L’olivicoltura eroica ligure e l’identità di un territorio a partire da un’oliva questa varietà è la protagonista indiscussa, coltivata da secoli con impegno e sacrificio dai contadini liguri.
In apertura, illustrazione di Doriano Strologo. All’interno, foto di Olio Officina©
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