Abbassare il colesterolo? Un reato contro l’umanità
Una potente letteratura ha finora forzosamente dimostrato la correttezza dell’assunto: “il meno possibile di colesterolo nel sangue, il meno possibile di incidenza della malattia cardiovascolare”. Purtroppo. Tuttavia, alcune ricerche confermerebbero che la riduzione dell’Acido Linoleico, e quindi del Colesterolo, siano una costante che accompagna la psicopatologia (Depressione Maggiore e Disordine Bipolare) e, ancor più, l’eventuale predisposizione suicidaria. Sarebbe perciò auspicabile una revisione prudenziale delle linee guida sulla riduzione forzata della colesterolemia
“Così la scienza parte dai problemi e non dalle osservazioni”
K.R. Popper, Conjectures and Refutations: The Growth of Scientific Knowledge, London: Routledge, 1963, 10, VI: 222
La scoperta che era possibile ridurre il Colesterolo come prevenzione della cardiopatia ischemica e dell’aterosclerosi, nonché le costanti indicazioni, fino ad assurgere a linee guida, di ridurre sempre più la colesterolemia ad evitare la “peste” biochimica del 20esimo secolo, ha prodotto la creazione di molecole naturali e di sintesi che operano sul blocco della sintesi del Colesterolo e che sono fra i farmaci più venduti nel mondo.
Tale evidenza, tuttavia, può essere ritenuta giusta per le persone che hanno livelli molto alti di colesterolemia, lo stesso vale per tanti altri parametri, ma non certo per i soggetti che sono costretti, anche dalle strutture sanitarie, ad assumere farmaci per ridurre il Colesterolo anche quando questo sia rilevato per concentrazioni molto al di sotto di quanto potrebbe presentare un vero rischio.
Purtroppo, una potente letteratura al servizio di certe multinazionali ha forzosamente e sempre dimostrato la correttezza dell’assunto,“il meno possibile di colesterolo nel sangue, il meno possibile di incidenza della malattia cardiovascolare”.
Ne fa fede l’articolo apparso su Lancet (Efficacy and safety of statin therapy in older people: a meta-analysis of individual participant data from 28 randomised controlled trials. Lancet 2019; 393: 407–15).
“Le statine hanno ridotto gli eventi vascolari indipendentemente dall’età, anche nelle persone di età superiore ai 75 anni. Nell’ambito della prevenzione primaria, tra le persone di età superiore ai 75 anni, c’è meno evidenza degli effetti della terapia con statine. Le prove in corso stanno indagando direttamente su questo gruppo”.
Di fronte a tale affermazione, sottoscritta da decine di autori di tutto il mondo, certamente si fatica a porsi in contrasto, tuttavia bisogna anche ricordare quello che disse Richard Horton, direttore di The Lancet:
«Gran parte della letteratura medica pubblicata è sbagliata… Qualcosa è andato fondamentalmente male in una fra le più grandi creazioni umane… Più della metà dei saggi scientifici di argomento medico potrebbe essere semplicemente falsa»
(R. Horton, «Offline: What is medicine’s 5 sigma?». The Lancet, 11 aprile 2015, 385, 1380).
O Marcia Angell, a capo per lungo tempo del New England Journal of Medicine:
«Non è più possibile credere alla gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata, o fare affidamento sul giudizio dei medici di fiducia o su linee guida mediche autorevoli. Non gioisco di questa conclusione, che ho raggiunto lentamente e con riluttanza dopo i miei due decenni come direttore della rivista».
(M. Angell, «Drug companies and doctors: A story of corruption». The New York Review of Books, 56, 15 gennaio 2009).
Nel 2016, tuttavia, e nonostante la non appartenenza alle potenti lobbie internazionali, il British Medical Journal pubblica una lettera (Massimo Cocchi, Lucio Tonello, Fabio Gabrielli. Cholesterol on Sunset Boulevard: the decline of a myth. BMJ Open published online June 29, 2016) in cui si conclude che:
… “il colesterolo e gli altri fattori di rischio di Framingham non sono fattori di rischio così clamorosi ma che, forse, è anche pericoloso ridurre, ad esempio, il colesterolo oltre certi limiti. La sua rimozione forzata ed eccessiva potrebbe compromettere la struttura delle membrane cellulari nell’espressione regolatrice delle loro funzioni. Siamo d’accordo con Ravnskov et al. (Ravnskov U, Diamond DM, Hama R et al. Lack of an association or an inverse association between low-density lipoprotein cholesterol and mortality in the elderly: a systematic review. BMJ Open 2016; 6: e010401) nell’affermare che è necessario rivalutare le linee guida dei fattori di rischio della cardiopatia ischemica e della terapia ipocolesterolemizzante” … e con Kristensen et al. che “Il trattamento con statine si traduce in un aumento medio sorprendentemente piccolo della sopravvivenza globale entro il tempo di esecuzione degli studi. Per i pazienti la cui aspettativa di vita è limitata o che hanno effetti avversi del trattamento, deve essere considerata la sospensione della terapia con statine” (Kristensen ML, Christensen PM, Hallas J. The effect of statins on average survival in randomised trials, an analysis of end point postponement. BMJ Open 2015; 5: e007118).
Certamente nessuno nega che le statine siano in grado di ridurre la colesterolemia, tuttavia, nella dinamica di questo processo biochimico si è dimenticato un piccolo particolare: quali sono gli effetti avversi della riduzione progressiva del colesterolo rispetto alla psicopatologia e, in particolare rispetto all’ideazione suicidaria.
Negli anni ‘80-‘90 e 2000, compaiono inquietanti lavori che legano le drastiche riduzioni del colesterolo alla riduzione del contenuto piastrinico di serotonina e al rischio suicidario (Jean Claude Alvarez et al. Low Blood Cholesterol and Low Platelet Serotonin Levels in Violent Suicide Attempters. BIOL PSYCHIATRY. 1999; 45:1066–1069; Teresa Plana et al. Total serum cholesterol levels and suicide attempts in child and adolescent psychiatric inpatients. Eur Child Adolesc Psychiatry (2010) 19:615–619).
Alcuni anni dopo una serie di ricerche confermerà non solo questa evenienza ma spiegherà anche, confermando il fenomeno, come l’Acido Linoleico, nelle sue ridottissime concentrazioni a livello piastrinico, rilevate nei tentativi di suicidio in soggetti psichiatrici, vada di pari passo con l’andamento del Colesterolo.
Al calare dell’Acido Linoleico si riduce anche il Colesterolo, per consentire l’omeostasi della membrana piastrinica, nella sua affinità con il neurone (Cocchi M, Tonello L, Gabrielli F. The Suicide Attempt in an Artificial Neural Network (Self Organizing Map). J Neurol Psychol. 2016; 4(2): 7; Massimo Cocchi, Lucio Tonello, Fabio Gabrielli. Considerations on Blood Platelets: A Neuron’s Mirror for Mood Disorders? Open Journal of Blood Diseases, 2012, 2, 22-29; Cocchi, M. Minuto, C. Linoleic Acid: A Milestone in Brain Evolution? HUMAN EVOLUTION. Vol. 30 n.3-4 (245-257) – 2015; Massimo Cocchi, Chiara Minuto, Lucio Tonello, Fabio Gabrielli, Gustav Bernroider, Jack A. Tuszynski, Francesco Cappello, and Mark Rasenick. Linoleic acid: Is this the key that unlocks the quantum brain? Insights linking broken symmetries in molecular biology, mood disorders and personalistic emergentism. BMC Neurosci (2017) 18:38; Cocchi M. and Traina G. Tryptophan and Membrane Mobility as Conditioners and Brokers of Gut–Brain Axis in Depression. Appl. Sci. 2020, 10, 4933).
Alla luce delle ricerche svolte, pertanto, sarebbe confermato che la riduzione dell’Acido Linoleico e, quindi anche del Colesterolo sono una costante che accompagna la psicopatologia (Depressione Maggiore e Disordine Bipolare) e, ancor più, nella sua eventuale associazione alla predisposizione suicidaria.
L’estrema sintesi di questo articolo è voluta al fine di non tediare il lettore con complesse e articolate motivazioni relative alla riduzione del Colesterolo oltre limiti che appaiono francamente eccessivi e, per queste, si rimanda, per chi lo volesse, alla lettura dei lavori.
In definitiva è auspicabile che da parte delle istituzioni venga fatta una revisione prudenziale delle linee guida sulla riduzione forzata della colesterolemia e che ai medici, che esercitano in ambito istituzionale, sia lasciata libertà di prescrivere o meno farmaci ipocolesterolemizzanti, in totale autonomia decisionale, conseguentemente alla valutazione della clinica del soggetto-paziente e di eventuali segnali che lo predispongono alla psicopatologia.
In apertura, un’opera di Cesare Inzerillo [Palermo, 1971] esposta al Museo della follia, a Lucca; mostra a cura di Vittorio Sgarbi. Titolo dell’opera: “U. S. L. – Unione Calcistica Lucchese”, [E ci rivedevamo in quei pupazzi. / Come noi erano prigionieri, / come noi erano consumati, / e come noi rimangono solo divise e numeri”]; 2019, collezione privata; foto di Olio Officina
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