Il caso Covid 19
Dalla complessità clinica alla complessità molecolare. La difficoltà a ricondurre il virus alle categorie cogenti in possesso della scienza, la sua pervasività, il suo impatto subitaneo e concentrato sul sistema sanitario hanno prodotto una crisi assistenziale e nei dispositivi terapeutici. Tutto ciò mette in evidenza il valore della scienza, un patrimonio comune in cui è fondamentale sbagliare in fretta, correggersi subito, valutare ogni pista che possa essere euristica
L’alta complessità dei sistemi viventi, in cui imprevedibilità, fragilità e incertezze costituiscono variabili sempre presenti, si è manifestata in modo paradigmatico in occasione del covid-19.
La difficoltà a ricondurre il virus alle categorie cogenti in possesso della scienza, la sua pervasività, il suo impatto subitaneo e concentrato sul sistema sanitario hanno prodotto una crisi assistenziale e nei dispositivi terapeutici.
Da qui, la necessità di calibrare con abilità sartoriale ricerche, esperimenti, ipotesi di studio, nel segno di una condivisione dei saperi, delle competenze specifiche, dei risultati raggiunti, ma anche di punti di vista innovativi che possano contribuire a circoscrivere il fenomeno.
La scienza, infatti, è un patrimonio comune, in cui è fondamentale sbagliare in fretta, correggersi subito, valutare ogni pista che possa essere euristica.
L’approccio iniziale al controllo del coronavirus, messo in atto, forse, con giustificabile fretta e in assenza di considerazioni biologiche e cliniche accurate, ha certamente lasciato spazio a errate interpretazioni di alcuni aspetti della corretta dinamica patogenetica sviluppata dallo stesso virus.
Le caratteristiche sintomatologie presentate dai pazienti affetti dalla patologia hanno indotto a ritenere che fossimo in presenza di una “polmonite con componente interstiziale”, per questo motivo si è tralasciata l’esplorazione approfondita del fenomeno, non si è sufficientemente pensato al problema infiammazione.
L’infiammazione è un fenomeno complesso e multifattoriale che coinvolge diversi meccanismi di innesco.
Essendo noto che un paziente in età avanzata, ma anche no, subisce una doppia condizione stressogena, sia quella legata all’azione del virus sia quella riconducibile alla consapevolezza della patologia, non si è pensato al coinvolgimento, ad esempio del microbiota intestinale, cioè al distretto da cui, verosimilmente, ha origine il fenomeno, o, quantomeno ne è coinvolto in modo dominante: tale fenomeno è noto come disbiosi.
Una serie di cellule derivanti dal midollo osseo e denominate monociti sono responsabilidell’innesco del fenomeno infiammatorio, in quantoagiscono esse stesse come potenziale tipo di cellula pro infiammatoria chiave,e non solo come precursore dei macrofagi infiammatori (Desalegn, G. & Pabst O. Inflammation triggers immediate rather than progressive changes in monocyte differentiation in the small intestine. NATURE COMMUNICATIONS | (2019) 10:3229). A ciò si aggiunge anche l’aspetto nutrizionale del consumo di proteine (una quantità eccessiva di proteine nella dieta può comportare un aumento della produzione intestinale di metaboliti batterici potenzialmente deleteri. Ciò potrebbe influire sulla riparazione epiteliale poiché molti di questi metaboliti batterici sono noti per inibire la respirazione delle cellule epiteliali del colon, la proliferazione cellulare e / o influenzare la funzione di barriera. La quantità di proteine nella dieta e aminoacidi supplementari può influenzare l’insorgenza e la progressione dell’infiammazione come ad esempio nell’infiammazione intestinale con particolare attenzione agli effetti riportati nel colon) [Kamada, N., Seo, S.-U., Chen, G. Y. & Núñez, G. Role of the gut microbiota in immunity and inflammatory disease. Nat. Rev. Immunol. 13, 321–335 (2013); Vidal-Lletjós, S. et al. Dietary protein and amino acid supplementation in inflammatory bowel disease course: what impact on the colonic mucosa? Nutrients 9, 310 (2017); Scott, N. A. et al. Antibiotics induce sustained dysregulation of intestinal T cell immunity by perturbing macrophage homeostasis. Sci. Transl. Med. 10, eaao4755 (2018)].
Il fenomeno virale, inoltre, sembra avere colpito la popolazione più anziana, rappresentando, questo fatto, un’ulteriore aggravante del problema infiammatorio in quanto l’infiammazione associata all’età guida la disfunzione dei macrofagi e dei danni ai tessuti [Thevaranjan et al., 2017, Age-Associated Microbial Dysbiosis Promotes Intestinal Permeability, Systemic Inflammation, and Macrophage Dysfunction. Cell Host & Microbe 21, 455–466). Studi condotti sulla Drosophila dimostrano che modificazioni del microbiota legate all’età aumentano la permeabilità intestinale (Clark, R.I., Salazar, A., Yamada, R., Fitz-Gibbon, S., Morselli, M., Alcaraz, J., Rana, A., Rera, M., Pellegrini, M., Ja, W.W., and Walker, D.W. (2015). Distinct Shifts in Microbiota Composition during Drosophila Aging Impair Intestinal Function and Drive Mortality. Cell Rep. 12, 1656–1667] e pilotano l’infiammazione e la mortalità [Rera, M., Clark, R.I., and Walker, D.W. (2012). Intestinal barrier dysfunction links metabolic and inflammatory markers of aging to death in Drosophila. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 109, 21528–21533]. Sebbene sia stato dimostrato che la composizione microbica dell’intestino è correlata ai livelli di citochine circolanti negli anziani delle case di cura [Claesson, M.J., Jeffery, I.B., Conde, S., Power, S.E., O’Connor, E.M., Cusack, S., Harris, H.M., Coakley, M., Lakshminarayanan, B., O’Sullivan, O., et al.(2012). Gut microbiota composition correlates with diet and health in the elderly. Nature 488, 178–184], non è noto se questa associazione sia correlativa o se il microbiota intestinale sia un fattore dell’infiammazione associato all’età. Se quest’ultimo aspetto fosse vero, indicherebbe che i cambiamenti nella composizione del microbiota, legati all’età, sono una forma di disbiosi microbica.
Il microbiota intestinale può anche influenzare l’infiammazione sistemica (cioè il polmone) e il danno tissutale. È stato dimostrato che un aumento delle tossine batteriche circolanti provoca un’espressione genica ridotta delle giunzioni serrate e un danno polmonare letale dopo trapianto fecale [Ji, Y., Sun, S., Goodrich, J.K., Kim, H., Poole, A.C., Duhamel, G.E., Ley, R.E., and Qi, L. (2014). Diet-induced alterations in gut microflora contribute to lethal pulmonary damage in TLR2/TLR4-deficient mice. Cell Rep. 8, 137–149].
Il paziente affetto da coronavirus manifesta alcune importanti quadri:
1) improvviso deterioramento della malattia circa 1-2 settimane dopo l’insorgenza;
2) livello molto più basso di linfociti, in particolare delle cellule natural killer (NK) nel sangue periferico;
3) parametri infiammatori estremamente elevati, tra cui la proteina C reattiva (CRP) e le citochine pro-infiammatorie (IL-6, TNFα, IL-8, et al);
4) sistema immunitario distrutto rivelato dall’atrofia della milza e dei linfonodi, insieme a linfociti ridotti negli organi linfoidi;
5) la maggior parte delle cellule immunitarie infiltrate nella lesione polmonare sono monociti e macrofagi, ma infiltrazione minima di linfociti;
6) mimetismo di vasculite, ipercoagulabilità e danno di più organi [W. Zhang.et al. The use of anti-inflammatory drugs in the treatment of people with severe coronavirus disease 2019 (COVID-19): The Perspectives of clinicalimmunologists from China. Clinical Immunology 214 (2020) 108393].
Un evento, probabilmente sottovalutato, nelle dinamiche infiammatorie che hanno accompagnato l’azione del coronavirus è stata la condizione che riconduce l’effetto delle citochine infiammatorie alle piastrine, alle Mast Cellule (MC-mastociti) e agli Astrociti.
Effetti delle sostanze pro infiammatorie sulle Piastrine:
Esistono interazioni complesse tra citochine, e la famiglia delle interleuchine svolge un ruolo fondamentale nell’infiammazione. IL-1β, IL-6 e IL-8 in particolare quelle circolanti non sono regolate in condizioni infiammatorie sistemiche e croniche. L’iper coagulabilità è un importante segno dell’infiammazione e queste citochine sono criticamente coinvolte nella formazione di coaguli anormali, nella patologia eritrocitaria e nell’iper attivazione piastrinica, e queste tre citochine hanno recettori noti sulle piastrine. I cambiamenti più pronunciati sono stati notati laddove tutte e tre le citochine hanno causato iper attivazione e diffusione piastrinica con danno ai vasi e effetti trombogenici [Bester, J. and Pretorius, E. Effects of IL-1β, IL-6 and IL-8 on erythrocytes, platelets and clot viscoelasticity. Sci. Rep. 6, 32188].
Effetti delle sostanze pro infiammatorie sulle Mast Cells e sugli Astrociti:
I mastociti sono classicamente noti come “cellule allergiche”, per il loro coinvolgimento nelle reazioni allergiche attraverso la degranulazione e il rilascio di mediatori vasoattivi, infiammatori e nocicettivi [Traina, G. Mast cells in the brain- Old cells, new target. J. Integr. Neurosci., 2017, 16, S69-S83; Traina, G. Mast cells in gut and brain and their potential role as an emerging therapeutic target for neural diseases. Front. Cell. Neurosci., 2019, 13, 345]. Tuttavia, le MC svolgono anche un ruolo cruciale in varie condizioni patofisiologiche, in cui la condizione di infiammazione silente cronica è il mediatore comune. In particolare, a bassi livelli fisiologici, IL-1β, IL-6 e IL-8 sono rappresentativi dell’infiammazione cronica e gli MC sono produttori ed effettori di queste citochine. Sia gli astrociti che i mastociti rilasciano acido arachidonico (AA), di cui è ampiamente nota la produzione di sostanze pro infiammatorie, durante l’infiammazione silente.
Anche microglia e astrociti possono rilasciare AA. Gli astrociti rilasciano AA in conseguenza degli stimoli lipopolisaccaridici infiammatori [16]. Pertanto, gli astrociti rilasciano DHA e AA in condizioni basali e stimolate tra cui glutammato, bradichinina, ATP. Inoltre, IL-1 aumenta il rilascio di AA indotto da ATP negli astrociti di topo [Stella, N.; Estelles, A.; Siciliano, J.; Tencé, M.; Desagher, S.; Piomelli, D.; Glowinski, J.; Prémont, J. Interleukin-1 enhances the ATP-evoked release of arachidonic acid from mouse astrocytes. J. Neurosci., 1997, 17(9), 2939-2946].
Nel cervello la microglia e gli astrociti dialogano in modo incrociato con le MC attraverso un circuito di feedback positivo, tanto quanto le MC, una volta attivati, sono propensi a perpetuare lo stato infiammatorio.
“In modo allarmante, dopo la dimissione dall’ospedale, alcuni pazienti rimangono/ritornano positivi al virus e altri addirittura ricadono. Ciò indica che una risposta immunitaria che elimina i virus alla SARS-CoV-2 può essere difficile da indurre almeno in alcuni pazienti e che i vaccini potrebbero non funzionare in questi individui.
Quelli recuperati dallo stadio non grave devono essere monitorati per il virus insieme alle risposte delle cellule T/B. Questi scenari dovrebbero essere considerati nel determinare le strategie di sviluppo del vaccino. Inoltre, ci sono molti tipi o sottotipi di coronavirus. Pertanto, se i vaccini diretti contro la SARS-CoV-2 risultano difficili da sviluppare, dovrebbe essere preso in considerazione l’approccio di Edward Jenner” [Yufang Shi, Wang, Changshun Shao, Jianan Huang, Jianhe Gan, Xiaoping Huang, Enrico Bucci, Mauro Piacentini, Giuseppe Ippolito, Gerry Melino. COVID-19 infection: the perspectives on immune responses. Cell Death & Differentiation., Springer Nature, 2020].
La produzione di citochine indotta da un microbiota disbiotico, l’effetto attivatore che gli stimoli infiammatori esercitano sulle Piastrine, le MC, e gli Astrociti consentendo di liberare, a loro volta, altre sostanze pro coagulanti e pro infiammatorie, tutto ciò, certamente, risulta in una moltiplicazione dell’effetto danno: micro trombi e, considerata la posizione ubiquitaria delle MC attorno ai nervi, eventuali danni di tipo neurologico e cerebrale, fino a condizioni psicopatologiche.
La sindrome da rilascio di citochine (CRS) sembra interessare in modo particolare i pazienti con sensibile compromissione immunitaria.
Research Institute for Quantitative and Quantum Dynamics of Living Organisms
Center for Medicine, Mathematics & Philosophy Studies
QPP Members
Gustav Bernroider, Neurosignaling Unit University of Salzburg, Austria; Peter Bruza, Professor of Information Technology Queensland University of Technology Australia; Francesco Cappello, Anatomist, University of Palermo; Massimo Cocchi, OnoraryPresident of the Italian Society of Experimental Biology, University of Bologna; Travis Craddock,Assistant Professor, Psychology & Neuroscience, Computer Science and Clinical Immunology; Ted Dinan, Professor of Psychiatry University College Cork; Natale G. Frega, Professor of Food Sciences University of Ancona; Fabio Gabrielli, Professor of Philosophical Anthropology Theological Faculty of Northern Italy; Enrico Garlaschelli, Professor of Philosophy Theological Faculty of Northern Italy; Aldo Gerbino, Professor of Histology University of Palermo; Gordon Globus, Professor Emeritus of Psychiatry and Philosophy University of California Irvine; Giovanni Lercker Professor of Food Sciences University of Bologna; Mansoor Malik, Associate Professor of Psychiatry Howard University Hospital; Donald Mender, Founder, QPP’s Scientific Program Committee; Paavo Pylkkanen, Professor of Theoretical Philosophy University of Skövde University of Helsinki; Roman Poznanski, Laboratory of Artificial Consciousness The Rockefeller University, New York City; Massimo Pregnolato, Associate Professor Pharmaceutical Chemistry University of Pavia; Mark Rasenick, Distinguished Professor of physiology & biophysics and psychiatry University of Chicago; Lucio Tonello, Professor of bioengineering QPP Institute; Giovanna Traina, Department of Pharmaceutical Sciences University of Perugia; Jack Tuszynski, Professor of Physics University of Alberta, Canada; Giuseppe Vitiello, Professor of Theoretical Physics University of Salerno
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