Salute

Il segreto dell’Ape Regina

Questa storia ha un po' il sapore della favola che si racconta a un bambino. Lui sta col fiato sospeso perché, alla fine, vuole sapere quale può mai essere il segreto dell’Ape Regina. Già, il segreto di questo piccolo animaletto che viaggia di fiore in fiore e rievoca immagini bucoliche di campagne incontaminate, senza il suo prezioso lavoro, cesserebbe la produzione cibo

Massimo Cocchi

Il segreto dell’Ape Regina

Questa storia comincia un giorno all’Accademia dei Georgofili in Firenze, quando dopo la cerimonia di investitura di nuovi membri, un collega mi chiede di portare a Bologna una scatola, nera con la clip dorata, sembrava contenesse un gioiello.

Giunto a casa, mi preoccupo di avvisare la persona cui era destinata la scatola e fisso un appuntamento al mitico bar Edelweiss, a Porta Santo Stefano, il bar ritrovo della mia gioventù, nel quale molto tempo veniva speso a giocare a biliardo nella sala del sotterraneo, non sapevo ancora, allora, che poi mi sarei messo a studiare.

Tuttavia, come è palese, non riesco a non guardare cosa c’è dentro a quella bella scatola, la apro e vedo file e file ben ordinate di piccoli insetti con il solito spillo infilzato nel piano che contiene quegli animaletti.

Incontro la persona cui è destinata la scatola, un collega di fama internazionale, esperto di api selvatiche, imparerò poi, e, appena lo vedo, gli dico che ero rimasto meravigliato da tutte quelle vespe, mal me ne incolga perché in realtà mi rimanda la battuta dicendomi che sono api.

Mentre sorseggiamo il caffè, un po’ vergognoso per quella gaffe micidiale, mi rammento di una discussione che ebbi molti anni fa sul mistero della longevità protratta dell’Ape Regina rispetto alla meno nobile ape operaia e, per tentare un recupero culturale, gli chiedo se ne conosce la ragione.

Bella domanda, mi rimanda.

Uno scambio di battute e ognuno va per la propria strada pensando, probabilmente, che non solo non ci saremmo mai più incontrati, ma anche che non si sarebbe mai più parlato di questo argomento.

La favola, tuttavia, evidentemente era destinata a non finire lì, con la fine del caffè.

Tornai a casa con il pensiero della longevità dell’Ape Regina, che si era fatto prepotente e, ricordando un particolare che l’amico mi aveva detto, cominciai a sfrugugliare in internet alla ricerca di qualche indizio che potesse rispondere ai miei interrogativi e alla mia curiosità.

Trovai eccome quegli indizi, un lavoro riportava, incredibilmente la composizione in acidi grassi delle principali parti dell’ape, sia regina sia operaia, pazzesco, concludendo che la maggiore longevità dell’Ape Regina poteva dipendere dall’essere meno sottoposta a fenomeni di ossidazione, è nota una famosa teoria dell’invecchiamento che fa, appunto, riferimento ai fenomeni ossidativi e alla presenza di eccesso di radicali liberi.

Studiavo da anni il fenomeno dell’Acido Linoleico e dai primordi della mia carriera avevo avuto come tema principale di ricerca quello della composizione in acidi grassi di membrane cellulari, tessuti ecc.

Quindi, la prima cosa che feci fu di vedere le percentuali di Acido Linoleico nelle due tipologie di api e, con mia grande sorpresa, scoprii che l’Ape Regina ne aveva pressoché nulla rispetto all’ape operaia.

Ecco, quindi, che si poteva spiegare come l’Ape Regina potesse essere avvantaggiata rispetto all’operaia nell’essere soggetta a minore fenomeno ossidativo, essendo l’Acido Linoleico, per ragioni di dimensione molecolare, il più aggredibile degli acidi grassi.

Poiché l’Acido Linoleico è essenziale e senza quello non c’è vita è evidente che cominciai a ragionare sul fenomeno senza potere fare a meno di coinvolgere gli amici di sempre, grandi chimici dei lipidi e l’amico delle api nella stesura di un lavoro che affrontasse questa curiosità, della quale, peraltro, neppure gli autori di quel lavoro rivelatore si erano accorti.

Cominciammo a scrivere, a correggere, a riscrivere questo delicato lavoro e, tutti d’accordo, lo portammo alla pubblicazione (Massimo Cocchi, Giovanni Lercker, Natale Giuseppe Frega, Fabio Gabrielli, Marino Quaranta. Is a low concentration of Linoleic Acid related to the extended longevity of the Queen honeybee? Progress in Nutrition 2019; Vol.21, N. 4: 729-734).

La cosa strana, tuttavia, rimaneva che la presenza di quell’acido grasso così prezioso per la vita era, anche in sua assenza, altrettanto prezioso per la vita di altri “animaletti”.

Quando si dice delle circostanze, dopo un paio di anni, cioè ora, impegnato a realizzare una presentazione scientifica per una conferenza sul Colesterolo da tenersi, guarda caso, per la Sezione Centro-Est dell’Accademia dei Georgofili, mi imbatto nella figura che a suo tempo avevo realizzato per spiegare il fenomeno Linoleico nell’ape e mi sovviene il problema colesterolo.

Perché non ci avevo mai pensato mentre scrivevamo il lavoro cui ho fatto riferimento?

Così è la vita anche nella scienza, forse, non si pensa mai abbastanza, sta di fatto che mi riprende la curiosità di capire se nell’ape c’è e quanto ce n’è di colesterolo.

Questa curiosità nasce anche dal fatto che con altri colleghi avevamo dimostrato come Colesterolo e Linoleico siano direttamente proporzionali, nelle cellule, al fine di mantenere le membrane nel giusto grado di equilibrio, cioè, al diminuire del Linoleico deve diminuire il Colesterolo e viceversa come fenomeno di compensazione di quella che viene definita come mobilità della membrana, a dire, la viscosità e la fluidità.

Anche questa volta trovo il lavoro giusto e imparo che non solo il colesterolo è presente dal momento che l’ape depone uova ma che nell’Ape Regina è di gran lunga superiore a quello dell’ape operaia, quindi il meccanismo inequivocabile studiato nell’organismo dei mammiferi, non funziona allo stesso modo in altri organismi.

Non solo, ma verso la fine della vita l’Ape Regina riduce di molto la concentrazione del colesterolo.

È evidente che comincio a rincorrere la possibile spiegazione, oltre quella data dal lavoro scientifico in questione che afferma e conferma il problema dell’ossidabilità come fattore di controllo alla durata della vita delle due tipologie di api, molto colesterolo nell’Ape Regina e molto meno nell’ape operaia.

Beh, l’enigma è facilmente spiegabile, in parole semplici, l’aumentata presenza del Colesterolo riduce l’ingresso di ossigeno nella cellula quindi ne riduce la potenzialità ossidativa, il colesterolo ha anche funzione anti ossidante, ma già, perché niente Linoleico?

È altrettanto semplice la risposta, perché essendo il Linoleico molto ossidabile la natura ha pensato bene che, anziché farlo cooperare con il Colesterolo, era bene che non ce ne fosse, sarebbe stato uno spreco dei meccanismi biochimici regolatori e di difesa.

Ecco, quindi, che Colesterolo e Linoleico, due elementi che danno la vita e viaggiano sullo stesso binario, trovano un “animaletto” dove non è più il Linoleico a dare la vita ma è la sua assenza e il colesterolo, anziché diminuire per compiacere il Linoleico e riducendosi toglierebbe la vita, aumenta la sua concentrazione per allungarla.

A questo punto la favola giunge al termine senza, tuttavia, ricordare che purtroppo, e come è confermato dai dati sperimentali, nell’uomo, quando Colesterolo e Linoleico sono molto bassi, possono realizzarsi condizioni molecolari critiche caratteristiche della cardiopatia ischemica e della psicopatologia, e che, in presenza e sotto l’influenza di fattori esterni, possono indurre anche al suicidio.

Come in tutte le favole ci deve essere una morale: bisogna fare molta attenzione alle sostanze che possono dare e togliere la vita, pertanto più si lascia fare alla natura, meno si sbaglia, inoltre che nella ricerca scientifica le risposte arrivano se trovi i tasselli del puzzle che combaciano per dare la giusta soluzione e non bisogna mai smettere di cercarli.

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