Salute

L’olio da olive può davvero bloccare il Covid?

La notizia è stata urlata ai quattro venti, spacciata per qualcosa di certo e di già definito, ma la scoperta di una sostanza naturale capace di bloccare il Covid per ora è solo un’aspirazione. Dicono che questa sostanza sarebbe già presente nel corpo umano. Dicono pure che alimenti come l’olio e la liquirizia agiscano con lo stesso meccanismo. Alt! Prudenza. Massima attenzione. Evitate di cadere nella trappola di chi cerca protagonismo e visibilità. Non rilanciate notizie affrettate e discutibili

Olio Officina

L’olio da olive può davvero bloccare il Covid?

A questo così lusinghiero risultato sono giunti i ricercatori dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Perugia. Fate finta di non aver letto nulla. Non cedete alle facili lusinghe. Diffidate sempre. Diffidate anche quando le comunicazioni vengono fornite dagli atenei.

In questo periodo storico di grande decadenza c’è un morboso eccesso di protagonismo che nuoce alla verità scientifica.

I giornali di grande tiratura, e immaginiamo anche tv e radio, hanno ripreso la notizia in maniera diciamo pure “imprudente”, per non dire avventata. Non c’è più un giornalismo attendibile, ormai. Non ci sono nemmeno ricercatori affidabili. Si è affidabili quando uno studio è stato validato, non quando nuota ancora nella sfera delle ipotesi.

La notizia è la seguente. Sarebbe stata individuata una sostanza naturale presente nei nostri corpi che può bloccare Sars-Cov2

Noi che siamo diffidenti per natura, specialmente su questioni così delicate, abbiamo scritto “sarebbe”, non “è”.

Inutile evidenziare il fatto che gli altri media – tutti gli altri -abbiano invece scritto – nero su bianco – “è stata individuata”.

È stata individuata?

Ne siamo proprio certi?

Come al solito la voglia di protagonismo vince sempre sul valore scientifico delle ricerche. E anche la voglia di stupire i propri lettori e catturarne l’attenzione sacrifica ogni verità. Ma ha senso tutto ciò?

Si legge sempre – e citiamo testualmente in modo da attribuire ad altri qualcosa di imprudente e di scientificamente non provato – che “a questo risultato sono giunti i ricercatori dell’Università Federico II di Napoli e dell’Università di Perugia che hanno identificato molecole endogene in grado di impedire l’ingresso del virus nelle cellule umane”.

E ancora, si legge che “le molecole sono di natura steroidea e alcune di esse sono degli acidi biliari, ovvero sostanze prodotte nel fegato e nell’intestino dal metabolismo del colesterolo ed è in grado di fermare l’infezione quando la carica virale non è elevatissima”.

Si cita anche un nome: Angela Zampella, direttore del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Napoli Federico II: “È una sostanza già presente nell’organismo a bloccare l’entrata del virus nelle cellule”.

Si legge pure che tale sostanza è del tutto naturale ed è presente anche in alimenti come liquirizia e olio di oliva, i quali alimenti “agiscono con lo stesso meccanismo”.

La dottoressa Zampella sostiene che questa sostanza “funziona quando la carica del virus non è elevatissima”.

Lo studio – si avverte – è solo il primo passo per la stesura di un protocollo terapeutico che verrà proposto all’attenzione di Aifa.

E ancora, si legge che lo studio è in fase di pre-print sul sito BioRxiv.

Oltre ad Angela Zampella si citano i nomi di Bruno Catalanotti, Adriana Carino e di Stefano Fiorucci.

Ci siamo informati, e una pluralità di studiosi ha sostenuto che questo preprint risulta piuttosto debole. Va verificato. Non è un dato assodato. Darne notizia non è una scelta saggia.

Ci siamo opportunamente informati e abbiamo letto per esempio che Stefano Fiorucci è stato costretto a ritrattare suoi lavori e non vanterebbe nemmeno piacevoli esperienze in passato, seppure sia stato assolto in tribunale.

Intorno a questa notizia lanciata e rilanciata con un eccesso di euforia e che a noi suona invece quanto mai improvvida e imprudente, chiediamo lumi a Enrico Bucci, adjunct professor presso la Temple Università di Filadelfia, in Pennsylvania. “I dati – afferma lo studioso – non sono pubblicati. Si tratta infatti di un preprint. L’attività delle molecole in questione, tra l’altro nelle parole degli stessi autori, è molto bassa. Inoltre – aggiunge sempre Bucci – non sappiamo ancora quanto sia specifica questa sostanza. Insomma, è una montatura giornalistica su qualcosa che ancora deve passare la peer-review”.

A chi giova lanciare notizie simili?

È giornalismo che possiamo definire credibile e autorevole quello di chi pubblica senza verificare l’attendibilità della notizia?

Non ultimo, una domanda: perché tutta questa ossessione ad apparire da parte di tanti ricercatori? Perché tanta fretta?

È giusto che tutto ciò accada? A chi giova?

La foto di apertura è di Olio Officina

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