Salute

L’olio e l’Alzheimer

Esiste un nesso tra l’olio ricavato dalle olive e il temutissimo morbo che da’ luogo alla demenza senile? A quanto pare sì, un recente studio ci fa comprendere l’importante ruolo esercitato dall'idrossitirosolo e dall'oleuropeina aglicone contenuti negli oli extra vergini di oliva. I due polifenoli sarebbero in grado di ridurre la formazione delle placche extracellulari. Una buona notizia, ma per non farci idee inesatte su questioni così delicate abbiamo intervistato Manuela Leri, che della ricerca ne è autrice

Luigi Caricato

L’olio e l’Alzheimer

Una recente ricerca ci fa dunque comprendere quanto siano importanti gli elementi presenti in natura, e nel caso specifico alcuni biofenoli presenti nell’olio extra vergine di oliva, nel tentare di fronteggiare una malattia devastante e difficile da curare quale è il morbo di Alzheimer.

I risultati raggiunti dalla dottoressa Manuela Leri dopo circa due anni di esperimenti (per approfondire CLICCA QUI), si possono ritenere soddisfacenti, ma, a scanso di equivoci, dovranno comunque essere ulteriormente approfonditi. Quel che evidenziano questi studi lo constatiamo direttamente con la studiosa.

Manuela Leri, toscana di Montevarchi, in provincia di Arezzo, laurea magistrale in Biotecnologie mediche e farmaceutiche, con votazione di 110/110 con Lode nel 2011, ha conseguito il titolo di dottorato nel 2015 in Scienze biomediche: biochimica e biologia applicata, con una tesi dal titolo “Molecular insights into amyloid aggregation and cytotoxicity”. Durante i treni anni di dottorato si è concentrata sull’analisi del processo di ripiegamento proteico associato all’insorgenza di patologie neurodegenerative e/o sistemiche in presenza e in assenza di polifenoli di origine vegetale. Ha acquisito competenze ad ampio spettro nell’utilizzo di tecniche biofisiche, microscopia confocale, microscopia elettronica a trasmissione e culture cellulari. È stata nominata Cultore della Materia in Chimica presso l’Università degli studi di Firenze dal 2018. Ha partecipato a congressi nazionali e internazionali, vincendo vari Travel-Grant. Vincitrice di assegni di ricerca presso l’Università di Firenze, l’ultimo finanziato da Airalzh-Onlus, per condurre la ricerca focalizzata sullo studio degli effetti benefici di polifenoli di origine vegetale nel contrastare l’insorgenza della malattia di Alzheimer.

INTERVISTA A MANUELA LERI


Dottoressa Manuela Leri, il morbo di Alzheimer è una malattia invalidante molto insidiosa e temutissima, forse perché suona, a chi ne è affetto, come un punto di non ritorno e una condanna certa quanto definitiva. Dopo tanti anni di ricerca effettuata sul tema è possibile oggi essere più ottimisti rispetto al passato?

Sì, possiamo essere ottimisti, ma essendo una malattia molto complessa, servono ancora ulteriori studi. Purtroppo ci sono due ostacoli significativi, non scientifici: una carenza di finanziamenti e la legge sui brevetti. I governi delle nazioni industrializzate hanno riconosciuto che il finanziamento della ricerca per l’Alzheimer e le relative demenze è insufficiente.

Da una simile patologia non si può in alcun modo guarire. Non esistono infatti trattamenti in grado di arrestare l’avanzare della malattia, la si può solo rallentare, limitando i danni, ma solo fino a un certo punto, poi subentra l’irreversibilità del morbo. È possibile dunque solo curare i sintomi, ma nient’altro. È così?

Al momento purtroppo sì, possiamo solo curare i sintomi. Purtroppo l’Alzheimer è una malattia causata da più fattori. Essendo così complessa è difficile identificarne una sola causa e curare solo quella, per questo è fondamentale una linea di ricerca ad ampio spettro.

Quanto è utile la prevenzione? Serve a qualcosa prevenire un cervello destinato a non funzionare più correttamente?

La prevenzione è fondamentale come per tutte le patologie in genere. È importante lo stile di vita e mantenere un cervello sempre allenato. Un esempio sono i risultati pubblicati da Scientific Reports(Gruppo Nature), che dimostrano che un intervento non farmacologico con vari componenti migliora lo stato cognitivo e la salute del cervello in persone con MCI. Oppure, uno studio del 2017 dell’Università della West Virginia su 60 anziani con iniziale perdita di memoria, pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease, che ha dimostrato un effetto benefico dei cosiddetti interventi mind-body (mente-corpo), ossia basati sull’idea che la mente possa influenzare significativamente il corpo. I 60 anziani hanno partecipato a un programma di meditazione per principianti o di musica per dodici minuti al giorno per dodici mesi. Entrambi i gruppi hanno mostrato un miglioramento non solo della performance cognitiva ma anche nella qualità del sonno, umore, gestione dello stress e qualità di vita, con risultati più pronunciati nel gruppo dedicato alla meditazione.

La vasta famiglia dei biofenoli contenuta in vari alimenti, tra cui l’olio da olive, sembra essere molto utile, per via dell’effetto protettivo che queste molecole esercitano a livello neuronale. Ma può davvero bastare una sana e corretta alimentazione per risolvere l’insorgere della malattia?

Dobbiamo fare una precisazione. Io studio le molecole presenti nell’olio extra vergine di oliva, ma non a livello di alimentazione. Vengono studiate per poterle usare come farmaci, come composti puri e più concentrati rispetto a ciò che troviamo a livello degli alimenti. Per esempio l’artemisina,è un potente farmaco antimalarico di origine vegetale ottenuto da Artemisia annua, che è valso il Premio Nobel per la Medicina 2015, ma non è che ci mangiamo la pianta, viene usata la molecola pura estratta dalla pianta. Un’alimentazione sana e corretta fa bene alla salute in generale, ma la quantità di biofenoli presenti nel cibo non è sufficiente a esercitare un’azione preventiva nello sviluppo di determinate patologie. Inoltre, è da considerare quanti effettivamente ne assorbiamo e quanti ne digeriamo. Noi lavoriamo per capire il meccanismo di azione di queste molecole per poi utilizzarle come farmaci, ma non si tratta di usare più o meno olio. Qui stiamo parlando di poter usare prodotti di origine vegetale al posto di farmaci, riducendo così quelli che sono gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche attualmente utilizzate.

La sua ricerca mette in evidenza come l’idrossitirosolo e l’oleuropeina aglicone, contenuti in misura notevole nell’olio extra vergine di oliva, siano particolarmente efficaci nel fronteggiare alcune tra le alterazioni cellulari e tissutali del cervello. In che modo ciò avviene?

I due polifenoli risultano essere in grado di ridurre la formazione delle placche extracellulari, che determinano un danneggiamento del funzionamento neuronale. Inoltre sono in grado di ridurre l’ancoraggio di tali placche sulle membrane cellulari dei neuroni, e la riduzione di questa interazione previene il danno cellulare. Inoltre hanno dimostrato essere in grado di attivare un processo di difesa cellulare che degrada queste placche.

La sua ricerca è avvenuta solo in vitro. Quindi, non essendo state effettuate prove di tale evidenza in vivo quanto è scientificamente valida e incontrovertibile l’affermazione che i polifenoli dell’olio extra vergine di oliva possano di fatto prevenire la formazione di proteine tossiche responsabili dello sviluppo del morbo di Alzheimer?

La mia ricerca è avvenuta in vitro, ma basandomi su dati precedenti ottenuti in vivo, su modelli animali, che dimostrano come l’aggiunta di questi polifenoli alla dieta determini un miglioramento cognitivo dell’animale e una riduzione delle placche, tipiche dei pazienti affetti da Alzheimer. La mia ricerca, anche se in vitro, è scientificamente valida in quanto si focalizza sul comprendere quali siano i meccanismi molecolari alla base degli effetti positivi precedentemente evidenziati sull’utilizzo di queste molecole.

Lei lavora presso il Dipartimento di Scienze biomediche sperimentali e cliniche “Mario Serio” dell’Università degli Studi di Firenze. Esiste, immagino, uno continuo confronto con gli altri istituti di ricerca italiani ed esteri che affrontano il morbo di Alzheimer. Esiste un coordinamento internazionale o ciascuno va per proprio conto?

Ogni laboratorio lavora per conto suo, poi a congressi internazionali o nazionali ci confrontiamo in modo da creare collaborazioni o comunque discutere dei risultati ottenuti.

Un’ultima domanda: lei crede che vi sia differenza tra i tanti oli extravergini di oliva in commercio rispetto alla loro efficacia preventiva? Ovvero, dal momento che vi sono tante differenti produzioni, che sono a loro volta l’espressione di diverse varietà di olive, o di diverse provenienze geografiche, lei pensa che queste diversità possano influire sugli esiti della prevenzione?

Sì, c’è differenza tra tipo di oliva e da olio a olio, in quanto la concentrazione dei polifenoli nell’olio dipende dal luogo di coltivazione, dalle cultivar, dal grado di maturazione delle olive al momento della raccolta, dal clima e dal processo di estrazione. Ovviamente qui non si tratta di quale tipo di olio, non stiamo parlando di questo. Sì, usiamo molecole provenienti da olio extra vergine di oliva, ma le usiamo pure e vengono usate come base per poter poi sviluppare farmaci. Non è un olio rispetto a un altro che previene, ma le molecole presenti, che devono essere estratte, purificate e concentrate. Motivo per cui è stata approvata dall’UE la vendita di oli arricchiti di Oleuropeina e Idrossitirosolo, perché sono le molecole presenti nell’olio che fanno la differenza e la loro concentrazione al suo interno. Ovviamente aumentandone la concentrazione nell’olio si va ad aumentare quella che è la loro biodisponibilità, anche se ad oggi purtroppo non ci sono molti dati in merito.

LEGGI ANCHE

L’olio extra vergine di oliva alleato nella lotta contro l’Alzheimer

La foto di apertura è di Olio Officina / Gianfranco Maggio

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia