Claudio Cipressi e la Tintilia riscoperta
Intorno a questo vitigno con il grappolo spargolo e l’acino piccolo, ricco di vinaccioli, regnava molta incertezza, a cominciare dalla sua stessa identità. Il lavoro di ricerca e la lunga sperimentazione condotta in tanti anni hanno salvato dall’oblio questo vitigno a bacca nera tipico del Molise

In provincia di Campobasso, il piccolo comune di San Felice del Molise, insieme a Montemitro e Acquaviva Collecroce, rivendica orgogliosamente radici slavo-croate. Numerosi abitanti del comprensorio discendono infatti dalle popolazioni provenienti dalla Dalmazia, che fin dal XV secolo attraversarono l’Adriatico, incalzati dall’espansione dell’Impero ottomano verso occidente. Qui si insediarono tra i fiumi Trigno e Biferno, ripopolando l’areale devastato dai disastrosi eventi simici del 1456 e dalle pestilenze che ne seguirono. Nel corso dei secoli questa comunità si è integrata perfettamente, mantenendo una propria identità culturale che ancora si coglie nella lingua, nei costumi tradizionali e in alcune feste popolari.
Il fascino di questi luoghi ha ispirato Claudio Cipressi, che proprio a San Felice del Molise ha avviato fin dai primi anni Novanta la ricerca e la sperimentazione sulla Tintilia, una varietà pressoché scomparsa dal panorama vitivinicolo, seguendo i suggerimenti dell’agronomo Michele Tanno.
Intorno a questa varietà regnava molta incertezza, a cominciare dalla sua identità: a lungo fu assimilata al Bovale sardo e al Bovale grande. Il ritrovamento di un manoscritto dell’agronomo Raffaele Pepe di Civitacampomarano, datato al 1810, contribuì a fare un po’ di chiarezza. Nel documento si chiedeva al Ministro per gli Affari agricoli del Regno di Napoli – di cui il Molise faceva parte – l’invio di vitigni di altri luoghi per migliorare la viticoltura locale. Tra questi compariva una varietà chiamata teinturier d’Espagne, e già nel nome si coglie un’evidente collocazione nel novero delle uve tintorie.
Con buona probabilità, nel tempo la Tintilia è mutata geneticamente rispetto alla pianta originaria, forse estintasi o debellata dalla fillossera; si è così accreditata come un vitigno dotato di una sua spiccata originalità, con il grappolo spargolo e l’acino piccolo, ricco di vinaccioli. Anche l’analisi molecolare ha confermato la diversità genetica con le altre varietà apparentemente simili.
Tuttavia, a causa della scarsa produttività, a partire dagli anni Sessanta si è registrata una tendenza all’espianto a favore di altre cultivar, come gli internazionali Cabernet e Merlot e i già diffusi Montepulciano e Aglianico, in grado di assicurare ai vignaioli margini più elevati di remunerazione. L’iscrizione nel Registro Nazionale delle varietà di vite, avvenuta solo nel 2002, e l’attribuzione di una Doc specifica, riconosciuta nel 2011, non ne hanno favorito un’adeguata notorietà.
Fortunatamente, nessuna di queste circostanze ha impensierito Claudio Cipressi che, dopo le opportune selezioni in vigna e le relative prove di microvinificazione, già nel 1996 ha iniziato la propagazione della vite, seguita due anni dopo dall’impianto dei primi cinque ettari a titolo di sperimentazione, con le piante da lui selezionate.
Con la costruzione della cantina di vinificazione nel 2003 prende avvio l’attività produttiva e nel 2005 si procede con i primi imbottigliamenti.
La Tintilia è la regina in casa Cipressi: occupa 12 ettari vitati dei 15 complessivi, mentre la parte restante è coltivata a Montepulciano, Falanghina e Trebbiano.
La versatilità del vitigno, come pure l’impegno profuso nella sperimentazione, risalta nella gamma produttiva, dove figurano diverse tipologie ottenute dalla sua vinificazione in purezza, tra cui un rosato e un passito. Dalla vendemmia 2016 si producono anche due spumanti Metodo Classico, un blanc de noir e un rosé, entrambi senza dosaggio.
Sotto la lente mettiamo la Tintilia del Molise {66}, dal numero della parcella vitata, che curiosamente coincide con la data di nascita di Claudio Cipressi.
La vigna, situata a oltre 500 metri di altezza, è allevata a cordone speronato, con bassissime rese per ettaro, nell’ordine di 35/40 quintali. La vendemmia si effettua nella prima metà di ottobre, con raccolta manuale in cassetta. Dopo un’accurata cernita delle uve e la pigiatura, si procede con la macerazione sulle bucce per 12 giorni, senza mai superare i 26 °C per preservare intatto il corredo aromatico. La fase di maturazione si protrae per 36 mesi fra tonneau e botti grandi di rovere, cui segue un affinamento di 6 mesi in bottiglia.
Carminio cupo e impenetrabile, dotato di viva luminosità. L’olfatto è generoso, con decisi sentori di viola appassita, confettura di mirtilli e amarena candita, intercalati da richiami di liquirizia, pepe nero, rabarbaro e refoli balsamici in chiusura. Il sorso è energico e avvolgente, mitigato da un tannino perfettamente integrato.
Servito a una temperatura di 18 °C accompagna molto bene le carni rosse alla brace e i formaggi a pasta dura lungamente stagionati.
Tintilia del Molise Dop {66} 2017 – Claudio Cipressi
Tintilia 100% – 14,5% vol.
In apertura, foto di Ilaria Santomanco
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