Sotto la lente

Sotto la lente mettiamo il Bombino Bianco Delia a.C.

Madri Leone è un’azienda al femminile dedita alla valorizzazione dei vitigni pugliesi e al mantenere viva la memoria di donne del passato che si sono distinte per coraggio, spirito d’iniziativa o amore verso il prossimo. L’etichetta richiama l’abbraccio indissolubile che per millenni ha legato Delia e suo figlio con l’immagine di una mamma amorevole nell’atto di proteggere la sua creatura

Antonello Maietta

Sotto la lente mettiamo il Bombino Bianco Delia a.C.

L’azienda di Marilia e Linda Leone, Madri Leone, è una piccola realtà produttiva di recente costituzione, che vanta tuttavia una lunghissima tradizione familiare nel settore vitivinicolo. La sede si trova nel comune di Trinitapoli, in prossimità della riserva naturale delle Saline di Margherita di Savoia e del fiume Ofanto, nell’areale della Bassa Daunia passato nel 2004 dalla provincia di Foggia a quella di Barletta-Andria-Trani.

Fin dall’esordio le due sorelle hanno adottato uno stile produttivo molto nitido: i vini devono trovare il loro denominatore comune nell’utilizzo esclusivo di vitigni tradizionali del territorio, vinificati in purezza e senza l’apporto del legno per rispettare l’identità di ciascuna varietà, attraverso i preziosi suggerimenti del rinomato enologo Leonardo Palumbo. La loro attenzione non si è concentrata solo sull’aspetto produttivo: per assegnare a ogni vino un nome e un tratto specifico hanno svolto accurate ricerche volte a individuare donne del passato distintesi per coraggio, spirito d’iniziativa o amore verso il prossimo.

Infatti, i primi due vini, usciti nel 2020 con la presentazione ufficiale dell’azienda, sono stati il Primitivo Busa e il Nero di Troia Valla 1936. Il primo, “il vino della donna protettrice”, è dedicato a Paolina Busa, nobile romana vissuta a Canosa di Puglia nel III secolo a.C., che prestò soccorso ai soldati romani feriti e messi in fuga dai Cartaginesi dopo la sconfitta nella battaglia di Canne del 216 a.C. Una sorta di anticipatrice della Croce Rossa duemila anni prima della battaglia di Solferino e San Martino.

Per il Nero di Troia è stata coniata la definizione “il vino della donna sportiva”, nel ricordo della straordinaria impresa di Ondina Valla, prima donna italiana a vincere una medaglia d’oro, alle Olimpiadi di Berlino del 1936, stabilendo al contempo il record del mondo nella specialità degli 80 metri a ostacoli, ma snobbata dai suoi stessi compagni di squadra.

Nel 2021 sono usciti gli altri due vini che completano la gamma dedicata alle figure femminili della storia: il Nero di Troia Rosato Sanna Sulis, “il vino della donna imprenditrice”, e il Bombino Bianco Delia a.C., ossia “il vino della donna madre”.

Il rosato è un tributo a Francesca Sanna Sulis, stilista e imprenditrice sarda del Settecento, nota per la sua abilità e intraprendenza nella lavorazione dei tessuti pregiati. Dai laboratori di Quartuccio, nei pressi di Cagliari, dove numerose donne ebbero la possibilità di emanciparsi attraverso il lavoro specializzato, le sue creazioni varcarono i confini dell’isola per essere indossate dalle nobildonne dell’epoca, tra cui le principesse di Casa Savoia e la zarina Caterina di Russia.

Sotto la lente mettiamo il Bombino Bianco Delia a.C. Delia può essere considerata la mamma più antica della storia: i resti della donna, all’ottavo mese di gravidanza, sono databili al Paleolitico Superiore (circa 28 mila anni fa). Fu scoperta nel 1991 nella grotta carsica di Santa Maria d’Agnano, nei dintorni di Ostuni, dal professor Donato Coppola: era rannicchiata sul fianco sinistro, un braccio piegato sotto la testa e una mano appoggiata sul ventre, come a proteggere il bimbo mai nato. L’etichetta richiama l’abbraccio indissolubile che per millenni ha legato Delia e suo figlio con l’immagine di una mamma amorevole nell’atto di proteggere la sua creatura, simbolo allo stesso tempo del connubio tra il vitigno e il territorio pugliese.

Il bombino bianco, tipico dell’areale pugliese e definito anche con l’appellativo “stracciacambiali” per la sua vigoria produttiva e la forte resistenza alle avversità climatiche, che consentiva il raccolto anche nelle annate meno felici, prese la strada per diverse regioni del Centro-Sud. Attualmente il suo limite settentrionale è situato in Romagna, dove con il nome Pagadebit (facile intuirne il motivo) trova spazio nell’omonima Doc. La selezione clonale operata in anni recenti e la drastica diminuzione delle rese per ettaro ne fanno oggi un vitigno in grande considerazione per la sua spiccata eleganza.

Per preservarne il corredo aromatico e l’acidità, le uve sono raccolte nelle ore più fresche della giornata e subito vinificate in acciaio a temperatura controllata. Terminata la fermentazione il vino riposa per almeno tre mesi sulle fecce fini.

Si presenta con un vivido colore paglierino, con bagliori verdolini. Sfoggia sentori di pesca bianca, mela renetta e succo di pompelmo, con cenni floreali legati da un refolo di erba cedrina. Il sorso, snello, lineare e dalla beva equilibrata, termina con una deliziosa scia sapida.

Servito a una temperatura di circa 10 °C, accompagna egregiamente i piatti della cucina di mare, come i troccoli alla pescatora o la frittura di paranza. Perfetto con la classica burrata di Andria.

 

Puglia Igt Bombino Bianco Delia a.C. 2022 – Madri Leone

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