Sotto la lente

Umberto Ceratti e il Greco di Bianco

Introdotto in Italia dagli antichi Greci, il vitigno, appartenente alla famiglia delle Malvasie, si adatta facilmente nelle aree mediterranee, assumendo la fama di vitigno “navigante”. La leggenda ne fa risalire l’esordio al VII secolo a.C., quando un colono greco sbarcò nei pressi dell’odierno Capo Bruzzano, nel comune di Bianco, portando con sé i primi tralci

Antonello Maietta

Umberto Ceratti e il Greco di Bianco

Percorrendo la Strada Statale 106 Ionica, lungo l’incantevole Costa dei Gelsomini in provincia di Reggio Calabria, una manciata di chilometri dopo l’abitato di Bianco si incontra l’area archeologica della Villa Romana di Casignana. Il sito, esteso su circa 15 ettari, rappresenta uno dei complessi di epoca romana più importanti del Sud Italia e racchiude il più vasto repertorio di mosaici finora noto in Calabria.

Oltre a questa perla archeologica, i comuni di Bianco e Casignana condividono l’areale di produzione del Greco di Bianco, riconosciuto vino Doc nel 1980.

La leggenda fa risalire la nascita di questo nettare al VII secolo a.C., quando un colono greco sbarcò nei pressi dell’odierno Capo Bruzzano, nel comune di Bianco, portando con sé i primi tralci di questo vitigno. Erano stati proprio i Greci, un secolo prima, a individuare sui litorali dell’Enotria, la “terra del vino”, le zone più vocate all’impianto della vite, introducendo nuove varietà e tecniche di produzione.

A differenza delle numerose uve omonime presenti soprattutto nel Meridione, il Greco di Bianco appartiene alla famiglia delle Malvasie. Le affinità genetiche con la Malvasia di Lipari, la Malvasia di Sardegna e quella di Dubrovnik, in Croazia, confermano la sua capacità di adattamento ai diversi areali del Mediterraneo e la fama di vitigno “navigante”.

L’areale di Bianco è punteggiato da colline calcaree e di argilla bianca, che da lontano appaiono come una candida superficie affacciata sul mare, e da cui deriva quasi certamente il nome.

Umberto Ceratti

Tra le realtà che operano in questo minuscolo territorio, assai vocato, merita attenzione l’azienda agricola Ceratti. Fondata nei primi anni del Novecento da Umberto Ceratti e in seguito ampliata dal figlio Pasquale, scomparso di recente, è condotta oggi dal figlio di quest’ultimo, che porta lo stesso nome del nonno, Umberto.

Fu menzionata da Mario Soldati nel Vino al Vino, un avvincente racconto sui vini italiani degli anni Sessanta, e in seguito da Luigi Veronelli, che la annoverava tra le sue preferite.

La superficie agricola si estende su circa 100 ettari – solo 15 dedicati alla vigna – dove si alternano anche agrumeti e piante di olivo, le cultivar locali Ottobratica e Geracese, materia prima per un eccellente olio extra vergine, molto apprezzato dai clienti dell’agriturismo annesso.

Sul fronte vitivinicolo, a parte un campo sperimentale condotto in collaborazione con l’Università di Reggio Calabria, sono due le varietà coltivate: il Greco di Bianco, che occupa quasi i due terzi della superficie vitata, e il Mantonico per la parte restante.

Al pari del Greco di Bianco, anche il Mantonico vanta una storia secolare. Il nome deriva dal greco mantonikòs (profeta), poiché si riteneva che questo vino elargisse virtù divinatorie.

Entrambi i vitigni mostrano una spiccata vocazione all’appassimento, che limita ulteriormente le già basse rese per ettaro; la produzione complessiva si aggira intorno alle 25mila bottiglie all’anno, commercializzate per lo più in piccoli formati, la caratteristica bottiglia detta pulcianella o bocksbeutel.

Sotto la lente mettiamo la versione più nobile del Greco di Bianco, quella vinificata parzialmente in legno e identificata con l’etichetta nera.

Nell’VIII secolo a.C. Esiodo ne Le opere e i giorni suggeriva questa pratica per l’appassimento dei grappoli: “Tienili al sole per dieci giorni e dieci notti; per cinque conservali all’ombra, al sesto versa nei vasi i doni di Dioniso giocondo”. Ancora oggi in azienda si seguono le stesse regole, che possono determinare una riduzione del peso degli acini fino al 50%, dopodiché le uve sono diraspate, sottoposte a una spremitura soffice e avviate a una lunga fermentazione in acciaio. Una breve sosta di circa quattro mesi in barrique di rovere anticipa il lunghissimo affinamento in bottiglia.

Alla fine del ciclo produttivo il colore si fa ambrato, intarsiato da preziosi bagliori dorati. Sentori di zagara, albicocca disidratata, miele di erica, gherigli di noce, mandorla tostata e cannella tratteggiano l’inebriante ventaglio olfattivo, che termina su contrappunti iodati. Al palato esibisce uno straordinario equilibrio, dove una rinfrescante sapidità dialoga con la calda vena alcolica, regalando un finale lunghissimo.

Da provare con i formaggi erborinati o molto stagionati, la pasticceria secca, oppure come vino da conversazione.

 

Greco di Bianco Doc Etichetta nera 2014 – Ceratti

Greco di Bianco 100% – 14% vol.

In apertura, e all’interno, foto di Ilaria Santomanco

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