Terra Nuda

California olearia testa d’ariete

Non siamo soli. In altre aree avanza una olivicoltura che manifesta un approccio di marketing molto spinto, prefiggendosi obiettivi alquanto ambiziosi. Gli Stati Uniti in particolare giocano piuttosto duro: non associandosi al Coi, aggiungendo o modificando alcuni parametri chimici, avviando una campagna contro le importazioni di oli dal Mediterraneo, proteggendo la propria produzione bandendo un comune pesticida usato specialmente in Italia, quale il clorpirifos etile. Intanto ci sono tutte le carte in regola perché gli americani vincano la grande scommessa: le premesse – in termini di marketing, professionalità, terreni, leggi e media – ci sono tutte

Massimo Occhinegro

California olearia testa d’ariete

Quando si parla di produzione olearia, si fa riferimento, in via quasi esclusiva, al bacino mediterraneo, con i Paesi della UE (Spagna, Italia e Grecia) e quelli delle altre coste del Mediterraneo , quali Turchia, Tunisia, Marocco in primis.

La produzione di olio da olive si focalizza su quella dei Paesi del Mediterraneo, mentre poca considerazione viene data alle produzioni di Paesi lontani quali Australia, Stati Uniti e Cile, per citarne alcuni.

La ragione è semplice, oltre il 98% della produzione mondiale si concentra nell’area del Bacino mediterraneo. E’ evidente come il 2% della produzione del resto del mondo possa apparire come poco significativa. Tuttavia, nelle aree trascurate, avanza in misura rilevante l’area produttiva della California negli Stati Uniti di America.

Gli Stati Uniti, lo ricordiamo, rappresentano il maggiore mercato di sbocco del prodotto olio da olive, al di fuori delle aree dei Paesi produttori e consumatori, con ulteriori prospettive di sviluppo.
Sulla base dei dati elaborati dal Consiglio Oleicolo Internazionale , l’olio da olive consumato negli USA è stato, nella campagna 2013/2014 di 301.500 tonnellate. Sempre da fonte COI, si apprende che gli Stati Uniti hanno importato, nella stessa campagna olearia 302.500 tonnellate, il che implicherebbe e confermerebbe una assoluta dipendenza dalle importazioni.

E’ stata questa la molla che ha portato gli Stati Uniti a decidere ad esempio di non associarsi al COI, aggiungendo o modificando alcuni parametri chimici usati, di avviare una campagna contro le importazioni di olio dai Paesi del mediterraneo, a proteggere la propria produzione bandendo un comune pesticida usato, specialmente in Italia, quale il Clorpirifos Etile, ad avviare una università specializzata quale la UC Davis, a creare un magazine (Oliveoiltimes), a istituire concorsi per gli oli prodotti nel mondo e a legarsi in qualche modo all’Australia.

Un approccio di marketing molto spinto che si prefigge obiettivi molto ambiziosi, “sfuggiti” ai consolidati produttori mediterranei.
A ben vedere la scheda elaborata sulla base dei dati forniti dal sito del COOC (QUI) fornisce però un quadro produttivo diverso da quello del Consiglio Oleicolo Internazionale.

Se il COI evidenzia una produzione media di 4.500 tonnellate e sulla base delle previsioni Westfalia, di 6.000 tonnellate per la prossima campagna 2015/2016, ecco che dalla scheda sopra riportata emergerebbe una produzione complessiva ben superiore, pari in media, a 11.000 tonnellate.

In California, principale Stato produttivo americano, sussiste in netta prevalenza, una produzione di tipo superintensivo che consente, come sappiamo, produzioni maggiori e a minori costi; inoltre l’offerta produttiva è di tipo oligopolistica.

Sempre al fine di incrementare il consumo di olio da olive californiano e impedire un’errata etichettatura, la California ha recentemente approvato una nuova legge che disciplina, tra l’altro, l’olio “made in California” (QUI).

Pur in presenza di dati produttivi discordanti, è innegabile che la California stia facendo grandi passi in avanti nella produzione di olio da olive e soprattutto nella sua decisione di creare “valore” nella filiera al fine di rendere sempre più estesa la produzione nell’area, cercando di puntare sulla qualità e sull’immagine e contrastando, con l’appoggio di giornalisti e politici americani, l’egemonia europea.

Pur con una coltivazione super intensiva come si è scritto, la produzione di olio extra vergine di oliva avviene in prevalenza con l’impiego di olive ancora verdi o all’inizio dell’invaiatura. In alcune aree la raccolta avviene di notte (per via delle alte temperature) e nel mese di settembre. La resa pertanto è piuttosto bassa, a vantaggio per la qualità degli oli prodotti.

La California, così come ha saputo fare nella produzione del vino, divenendo col tempo il quarto produttore mondiale, sarà sicuramente tra i protagonisti mondiali per la produzione di olio da olive, con il raggiungimento dell’importante obiettivo, di una soddisfacente redditività dell’olio extra vergine di oliva, questione delicata che al contrario sembra irraggiungibile nei principali Paesi produttori come Italia, Spagna e Grecia, abituati come sono a godere di aiuti alla produzione, che hanno modificato il “business concept” del mondo della produzione.

La Valle centrale è il cuore agricolo della California e produce alimenti in una quantità rilevante per gli interi Stati Uniti. La metà più settentrionale è nota anche come la “Sacramento Valley” , bagnata dal fiume Sacramento. Il valore della produzione agricola della California sul totale dell’agricoltura Americana è stata di 46,7 miliardi di dollari nel 2013, sul totale degli Stati Uniti di 269.1 miliardi di dollari.

Al momento le grandi estensioni di terra disponibili andando da Sacramento a Chico ad esempio, sono terreni non irrigui e quindi piuttosto brulli, lasciando quelli irrigui a produzioni redditizie quali quella di mandorli o noci, per citarne alcune.

La sola produzione di mandorle, ad esempio, genera un’occupazione di oltre 104.000 addetti con un fatturato del comparto pari a oltre 21 miliardi di dollari. Ma se, come sembra, continuerà la diffusione della cultura dell’olio extra vergine di oliva, presso i consumatori anche attraverso i media, sicuramente, le migliaia di ettari disponibili potrebbero essere impiegate per la coltivazione dell’olivo, contribuendo a coprire, sia pure parzialmente il fabbisogno della popolazione che comunque è destinato ad aumentare con il tempo.

Ad oggi la produzione della California nella campagna 2015/16 è stimata intorno alle 11.000 tonnellate pari circa alla produzione della regione Lazio, ma, statene certi, che aumenterà. Le premesse in termini di marketing, professionalità, terreni, leggi e media ci sono tutte.

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia