Terra Nuda

Far ripartire l’Italia olivicola

Lo stato generale di crisi dell'olivicoltura salentina sconta alcune decisioni che l'Unione Europea ha adottato con la precedente Pac. A Lecce, per iniziativa di Apol, ci si interroga sul futuro. Anche perché le sorti del Salento olivicolo riguardano e condizionano l’intero Paese. Senza imprenditorialità e innovazione, non potrà esserci reddito nè futuro

Benedetto Accogli

Far ripartire l’Italia olivicola

In Italia alla fine dell’ultimo conflitto mondiale il numero degli addetti all’agricoltura era ancora superiore al 50% della popolazione attiva; nel terzo trimestre 2014 ha raggiunto il minimo storico del 3,6%. Nonostante le riforme agraria, fondiaria e dei contratti, alle quali si aggiunse poi l’abolizione della mezzadria, il richiamo esercitato dai maggiori e più sicuri salari provocò una massiccia e rapida migrazione di lavoratori agricoli verso le aree industrializzate del Nord Italia ed Europa.

In tale contesto gli agricoltori che non abbandonarono la terra seppero, comunque, avvalersi delle innovazioni tecnologiche per meccanizzare e valorizzare il lavoro, utilizzando anche le più avanzate conoscenze della genetica. Le produzioni unitarie aumentarono sensibilmente, andando spesso oltre i livelli del complessivo fabbisogno nazionale. Quell’arco temporale viene ricordato con il nome di “rivoluzione verde”.

Quando nel 1957, con il Trattato di Roma, fu deciso di istituire la Comunità Economica Europea, furono riconosciuti come prioritari gli obiettivi da realizzare proprio per l’agricoltura. Fu quindi imposta agli Stati Membri una non sempre facile riconversione delle attività in essere nel settore.

In alcuni comparti furono ripartite anche quote produttive limitate. Gli intenti dichiarati erano di:

– distribuire più razionalmente le attività fra i diversi Paesi;

– incrementare la produttività;

– assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola;

– stabilizzare i mercati;

– garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;

– assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.

Con questi fini nacque la PAC, che è stata poi riformata più volte, anche violando le tuttora vigenti regole del Trattato di Roma e di altri successivi. Di fatto, l’originaria impostazione è stata rovesciata, riducendo le produzioni agricole e rendendo precari i redditi degli agricoltori.

Fra i primi interventi della Comunità Economica Europea fu l’istituzione dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi, riconoscendo sostanzialmente che la situazione dei mercati e dei grassi di origine vegetale era caratterizzata dall’importanza del fabbisogno e dalla scarsità della produzione totale. Gli Stati Membri dipendevano largamente dal mercato mondiale per quanto riguardava l’approvvigionamento in questo settore.

Per aumentare la produzione di olio di oliva in Italia e in Francia (Spagna, Grecia e Portogallo a quei tempi non facevano ancora parte della CEE) a prezzi competitivi fu istituito, fra gli altri, un aiuto alla produzione affinché gli olivicoltori investissero il sussidio ricevuto non solo per integrare i bilanci, ma anche per ammodernare gli impianti.

La PAC dal 1966 ha avuto varie riforme delle quali la più importante, per il settore olivicolo, è quella che dal 2006 ha svincolato dalla produzione gli aiuti diretti agli olivicoltori (disaccoppiamento).

Sempre dal 2006, cospicue risorse sono state trasferite dal primo pilastro (interventi di mercato e pagamenti diretti agli olivicoltori) al secondo pilastro (sviluppo rurale).
Nonostante siano trascorsi quasi cinquant’anni dall’introduzione della PAC, il settore continua a presentare numerose problematiche strutturali dovute principalmente alla frammentazione produttiva e della filiera, nonché alla mancanza di innovazione, che hanno determinato nel corso degli anni una continua perdita di competitività dell’olio di oliva italiano.

Negli anni ‘60 la produzione italiana di olio di oliva era pari a 400.000 tonnellate e, quindi, a parte il miglioramento qualitativo, in termini quantitativi siamo fermi a 50 anni fa, con la differenza che all’epoca l’Italia rappresentava oltre il 30% del prodotto mondiale mentre oggi la quota è scesa al di sotto del 15% nelle annate migliori.

La redditività è negativa per la quasi totalità degli olivicoltori e molti oliveti sono abbandonati o coltivati con la pratica colturale minima per il rispetto della condizionalità, prevista dalla PAC.

Molti oliveti sono gestiti da pensionati o da olivicoltori part-time prevalentemente per l’autoconsumo, mentre altri, specialmente nel Salento, sono mantenuti per finalità paesaggistiche o per contribuire all’immagine dell’azienda, come nel caso di aziende agrituristiche o vitivinicole, ma non danno reddito.

L’olivicoltura professionale è limitata a pochissimi casi: aziende con frantoi che integrano la trasformazione conto terzi, aziende che fanno la vendita diretta e che hanno meccanizzato la gestione dell’oliveto.
In tale situazione l’unica remunerazione sono i pagamenti della PAC, spesso troppo elevati e molti olivicoltori si sono adagiati senza preoccuparsi a produrre.

La produzione di olio di oliva è nettamente bassa rispetto al potenziale olivicolo e continua a diminuire in quanto la maggior parte degli oliveti italiani sono antieconomici e per questo vengono abbandonati.
Anche la trasformazione delle olive avviene in un numero elevatissimo di frantoi (oltre 4.800) che lavorano quantità limitate di prodotto e, quindi, con costi di trasformazione eccessivamente elevati.

In questo contesto si inquadra lo stato generale di crisi dell’olivicoltura salentina che sconta in misura maggiore, come già anticipato, alcune decisioni che l’Unione Europea ha adottato nella precedente riforma della PAC, come l’erogazione degli aiuti diretti del primo pilastro in misura disaccoppiata dalla produzione, che ha incentivato di fatto lo stato di abbandono della maggior parte dei nostri oliveti (secondo alcuni studiosi una concausa della diffusione del batterio Xylella fastidiosa associato al complesso del disseccamento rapido dell’olivo), in assenza di un equo reddito per i produttori.

Scopo della tavola rotonda “Quale futuro per l’olivicoltura salentina”, prevista nella terza Sessione del Seminario, è di sensibilizzare le Istituzioni, i produttori e le loro organizzazioni a definire scelte strategiche comuni per il futuro dell’olivicoltura salentina ed iniziare ad immaginare un nuovo modello di sviluppo del territorio che tenga conto della presenza ormai endemica del batterio Xylella fastidiosa, con il quale dobbiamo convivere nella speranza di contenerlo.

In tale contesto occorre convincersi, innanzitutto, che almeno il 50% dell’olivicoltura salentina, caratterizzata da oliveti secolari e monumentali, può svolgere solo una funzione di carattere ambientale, di difesa e di identità del territorio.

Per questo motivo occorre chiedere alla UE l’implementazione di uno specifico sostegno, mentre per l’olivicoltura che può garantire reddito occorre necessariamente intervenire attraverso una ristrutturazione della filiera, un ammodernamento degli impianti produttivi e un recupero degli abbandoni.

L’olivicoltura necessita di innovazione, che in primo luogo significa la ristrutturazione degli oliveti, con una “via” italiana. Senza l’imprenditorialità e l’innovazione non potrà esserci reddito e quindi futuro per l’olivicoltura pugliese.
Produttività, sostenibilità economica, ambientale e sociale, innovazione, reti e territori sono le sfide con le quali dovrà cimentarsi l’olivicoltura pugliese dei prossimi anni.

I prodotti della nostra olivicoltura sono espressione di un patrimonio di conoscenze, di una cultura millenaria radicata nei territori, che appartiene a tutta la filiera produttiva; poi però devono trovare le “strade” del mondo per far conoscere e apprezzare il made in Italy.
Per fare questo dobbiamo necessariamente modernizzare la filiera olivicola-olearia.

Alla base di tutto diviene di fondamentale importanza il rinnovamento delle aziende olivicole attraverso il ricambio generazionale, che è il più importante elemento da perseguire nella politica di innovazione del settore. Sono, quindi, necessari giovani dotati di capacità manageriali con conoscenza del mercato e know how per produrre.

I mercati globali si presidiano con la competitività, che passa anche attraverso l’innovazione che migliora i processi, i prodotti e, in ultima analisi, la redditività degli operatori.
Per questo dobbiamo puntare sulle imprese, sia singole che associate, che abbiano una valenza economica, che siano in grado di stare sul mercato, perché solo incrementando la loro attività, e quindi in prima battuta la produzione e la produttività, si potrà conseguire l’obiettivo di favorire uno sviluppo del settore che garantisca crescita ed occupazione a vantaggio di tutti e che allo stesso tempo sia sostenibile.

In tale ottica non c’è contrapposizione tra filiere “corte” e “lunghe”: il vero tema dell’olivicoltura pugliese riguarda l’organizzazione per imporsi sui mercati, quello interno e quello globale. Occorre, quindi, fare sistema e creare stretti collegamenti tra ricerca scientifica, imprese, finanza ed Istituzioni, così da assecondare più efficacemente l’innovazione, indispensabile per la valorizzazione e competitività dell’olivicoltura pugliese sui mercati internazionali.

La Tavola Rotonda sarà preceduta da due Sessioni con la presentazione del “Programma di attuazione dei Regg. UE 611-615/2014 nel triennio 2015/2018”, svolto dal CNO e dall’APOL, e con la presentazione della proposta progettuale “AGRO.LIV- Agrofarmaci naturali selettivi per l’olivo” che, unitamente all’Apol, soggetto promotore, prevede la partecipazione delle Università degli Studi del Salento, di Bari, del Molise, dell’Azienda Speciale Multilab, in qualità di soggetti attuatori, nonché la Banca Popolare Pugliese in qualità di soggetto cofinanziatore.

Difendere l’olivicoltura vuol dire preservare una ricchezza formidabile che altri Paesi cercano di sviluppare, valorizzare e utilizzare per far crescere la propria economia e per il miglioramento della qualità della vita.

Alla base di tutto occorre instaurare un nuovo stile che dovrebbe alimentare i rapporti sociali ed una nuova organizzazione che dovrebbe facilitare la creatività economica.
Ciascuno di noi dovrà, comunque, essere consapevole delle proprie responsabilità, a cominciare dalle scelte strategiche che opereremo anche per rispetto delle future generazioni, le quali non mancheranno di giudicare criticamente, con il distacco dell’analisi storica, la coerenza delle nostre azioni rispetto agli obiettivi prefissati.

SEMINARIO

QUALE FUTURO PER L’OLIVICOLTURA SALENTINA
(NELL’ AMBITO DEL PROGRAMMA DI ATTUAZIONE DEI REGOLAMENTI COMUNITARI 611-615/2014 NEL TRIENNIO 2015-2018 STRATEGIE, TIPOLOGIA DI INTERVENTO E MODALITA’ OPERATIVE)

PROGRAMMA

18 marzo 2016, Hotel Hilton Garden Inn, Lecce, Via Cosimo De Giorgi 63

PRIMA SESSIONE

Ore 9.00 – Iscrizione Partecipanti

Ore 9.30 – Inizio Lavori

SALUTI
Benedetto Accogli – Presidente APOL
Giulio Sparascio – Vice Presidente CIA Puglia
Tommaso Battista – Presidente Copagri Puglia

MODERATORE
Luigi Caricato – Direttore OlioOfficina

IL PROGRAMMA DI ATTUAZIONE DEI REGOLAMENTI COMUNITARI 611-615/2014 NEL TRIENNIO 2015/2018

INTERVENTI
Alberto Danese – Tecnico APOL
Presentazione del Programma dell’APOL
Enrico De Lorenzis – Biologo
Presentazione Progetto pilota Fit.O.S. – Ricerca di microrganismi patogeni
nelle fitopatie olivicole ed individuazione di stress abiotici (stato dell’arte)

SECONDA SESSIONE

Ore 10.30
PRESENTAZIONE PROPOSTA PROGETTUALE

“AGR.OLIV.”
“Agrofarmaci naturali selettivi per l’olivo”
Studio interazioni pianta-batterio (Xylella fastidiosa) per valutare il processo di colonizzazzione delle piante ospiti e sviluppo di sistemi di contrasto della capacità colonizzante attraverso le nuove tecnologie

INTRODUZIONE
Michele Maffia – DiSTeBA, Università del Salento

INTERVENTI
Giovanni Luigi Bruno – DiSSPA, Università degli Studi di Bari
Giuseppe Lima – DiAAA, Università degli Studi del Molise
Emanuele Gabrieli Tommasi – Responsabile scientifico Ass. Fare Territorio
Vito Murrone – Presidente Multilab
Carmelo Caforio – Vice Presidente Fondazione BPP “G.Primiceri” ONLUS

TERZA SESSIONE

Ore 11.30
TAVOLA ROTONDA: QUALE FUTURO PER L’OLIVICOLTURA SALENTINA

INTRODUZIONE
PRESENTAZIONE DELL’ATLANTE DEGLI OLI ITALIANI DI LUIGI CARICATO
Giuseppe Mauro Ferro – Accademico dei Georgofili

PARTECIPANTI

Luigi De Bellis – Direttore DiSTeBA, Università del Salento
Maria Lisa Clodoveo – Professore in Scienze e Tecnologie Alimentari
DiSAAT, Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Bernardo Corrado De Gennaro – Professore di Marketingdei Prodotti Alimentari – DiSAAT, Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Gennaro Sicolo – Presidente Consorzio Nazionale Olivicoltori (CNO)
Tullio Forcella – Direttore Generale Federolio
Andrea Carrassi – Direttore Generale Assitol

CONCLUSIONI
Dino Scanavino – Presidente Nazionale CIA

Ore 14.00
Degustazione di prodotti tipici della dieta mediterranea presso gli stand delle aziende associate all’APOL, alla CIA ed al COPAGRI

Gli enti organizzatori sono Apol, Cia e Accademia dei Georgofili.

La partecipazione al Seminario attribuisce n. 0,5 Crediti Formativi per la formazione professionale continua obbligatoria dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali, dei Periti Agrari e degli Agrotecnici.IONE

APOL
Via Zanardelli, 99 – Lecce
Tel +39 0832.314287
info@apol.it

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