Terra Nuda

Ma quale cultura dell’olio

Siamo davvero in grado di liberarci dai pregiudizi e dal pressapochismo, oltre che da atteggiamenti del tipo “il mio olio è migliore del tuo”? L’Ais, l’Associazione italiana sommelier, si sta spendendo per l’olio, per rendere più popolare la conoscenza di tale materia prima. Ecco dunque la svolta che aspettava da tempo il mondo dell’olio: corsi destinati a tutti, strutturati in maniera semplice ed essenziale, senza indugiare in tecnicismi, ma sensibilizzando il consumatore, e portandolo a comprendere il prodotto che già si consuma in gran quantità

Luigi Caricato

Ma quale cultura dell’olio

L’Ais, l’Associazione italiana sommelier è come un istruttore di guida. Permette a una moltitudine di persone di poter acquisire la patente. Sta a ogni singolo patentato osservare le buone regole e guidare bene, mettendo a frutto quanto appreso dagli insegnamenti ricevuti con professionalità e passione.

Il ruolo che ha esercitato per più di cinquant’anni l’Ais, è stato significativo e determinante. Manca, a ben osservare, una realtà analoga all’Ais per il mondo dell’olio: una organizzazione così popolare e capillare in tutto il Paese, in grado di coinvolgere un vasto pubblico di ogni età ed estrazione sociale.

L’esempio di Ais è molto importante. Sono di conseguenza molto contento che ora l’Ais estenda il suo raggio d’azione anche nel campo dell’olio, senza tuttavia nulla togliere al mondo dell’olio, alla sua autonomia, ma aiutando di fatto tale mondo chiuso in se stesso, portandolo ad aprirsi. Nulla pertanto viene meno, rispetto a quanto è stato fatto finora, ma il contributo dell’Ais sarà di arricchimento e consolidamento rispetto a quanto già fatto finora, ed egregiamente, dagli oleari stessi, con altrettanta passione, ma senza imitare l’Ais nella volontà di aprire a tutti, al vasto pubblico.

Sono contento di questo impegno dell’Ais. Dell’Associazione italiana sommelier mi piace e apprezzo in particolare la forza propulsiva e la visione positiva. Non comprendo invece l’errore, il vizio formale, comune e frequente tra gli assaggiatori d’olio, che consiste nel partire sempre e soltanto dai difetti di un olio. Bisognerebbe invece educare alla capacità di saper cogliere soprattutto la bellezza e bontà degli extra vergini degustati.

Una sana cultura dell’olio deve necessariamente partire da una visione positiva. Oggi c’è la qualità del prodotto, manca però una adeguata cultura di prodotto. Si evoca troppo spesso la qualità, ma si perde la vera grande sida, nel puntare all’eccellenza degli oli ma a prezzi più competitivi, e con una attenzione verso ciò che chiede di fatto il consumatore, in termini di tendenza di gusto, senza per questo mai rinunciare a una qualità oggettiva. Le sfide vanno accolte, l’Ais da qualche tempo a questa parte, entrando nella sfera degli oli, sta compiendo dei passi molto importanti per il settore.

C’è d’altra parte una grande necessità di agire, con urgenza. La cultura di prodotto infatti non esiste ancora compiutamente in Italia, tranne eccezioni. Si è insomma consumatori abituali, ma senza avere una idea di come vada utilizzato correttamente l’olio.
Se ci fosse invece una reale e solida cultura di prodotto, non si sceglierebbe, come attualmente si verifica, solo ed espressamente in funzione del prezzo percepito come più conveniente.

Può sembrare anomalo, e in effetti lo è: in Italia non si conosce l’olio da olive, seppure sia l’unico alimento che si esprime al plurale, con quattro differenti classificazioni merceologiche.

Non si conosce a sufficienza l’olio che consumiamo, e infatti si arriva – anche da parte degli addetti ai lavori, paradossalmente – a disconoscere la piramide della qualità nel suo valore costitutivo.
L’olio da olive è un olio al plurale. Abbiamo, in ordine crescente di qualità,l’olio di sansa di oliva, quindi l’olio di oliva, e, a seguire, l’olio di oliva vergine e l’olio extra vergine di oliva, quest’ultimo con le sue molteplici sfaccettature.

La cultura di prodotto è importante e comporta l’acquisizione della capacità di decifrare un olio e di interpretarlo correttamente. Tale conoscenza del prodotto purtroppo manca o è poco approfondita. Nn è un bene. Eppure la cultura, intesa come conoscenza della materia prima, è fondamentale. Tant’è che non può esserci economia senza cultura. Le aziende possono conseguire valore, e pertanto guadagni, solo se vi è alla base una solida cultura di prodotto.

La cultura, e di conseguenza la conoscenza piena del prodotto, ci fa capire e apprezzare al meglio il valore stesso della complessità di unm prodotto come l’olio ricavato dalle olive.

La cultura ci fa capire dunque il valore della complessità.
La cultura ci fa comprendere il rispetto delle differenze.
La cultura ci fa anche superare i campanilismi.
La cultura libera inoltre dai pregiudizi e dal pressapochismo, oltre che da atteggiamenti come “il mio olio è migliore del tuo”, un’espressione infelice quanto oggi più che mai inattuale e inaccettabile.

A ben rifletterci, gli oli da olive pesano meno del 4 per cento dei consumi mondiali di grassi alimentari. Ci sono dunque spazi per incrementare tale quota di consumo, e non hanno pertanto senso le battaglie in atto tra paesi produttori. Cultura dell’olio significa di conseguenza lavorare insieme per il bene comune, per l’affermazione di una cultura di prodotto estesa a ogni popolo e latitudine.

La cultura salva, ma non del tutto. Oggi però il rischio è di utilizzare la cultura in maniera strumentale, e non sta bene. C’è chi finge di abbracciare cultura per ottenere consenso, ma senza adoperarsi per fare realmente cultura di prodotto. Ed ecco dunque, confezionate ad arte, tante bufale mediatiche, purtroppo non smentite da parte di chi avrebbe invece il compito e il dovere di farlo.

In quest’ordine di idee, la Giornata nazionale della cultura del vino e dell’olio, sapientemente ideata dal presidente dell’Ais Antonello Maietta, si inserisce proprio in tale contesto, allo scopo di favorire un nuovo corso, e, visto il successo ottenuto in questi cinquanta’anni e più dall’Ais con il vino, possiamo ben dire che siamo con ogni probabilità sulla buona strada.

Occorre solo sostenere tale causa, non mettersi di traverso come è abitudine in Italia.
Il mondo dell’olio ha fortemente bisogno del contributo dell’Ais. Siamo sulla buona strada. Presto l’Ais metterà in campo le proprie forze e attitudini per rendere più popolare la conoscenza degli oli da olive, con corsi destinati a tutti, strutturati in maniera semplice ed essenziale, senza indugiare in tecnicismi, ma sensibilizzando il consumatore e portandolo a comprendere il prodotto che già consuma in gran quantità.

Nell cultura di prodotto occorre crederci, sia dunque benedetto il ruolo che l’Ais sta assunmento a favore di una conoscenza popolare e positiva dell’olio.

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