Terra Nuda

Meraviglie del Montenetto

Spettacolare, ma anche stagnante e dolcissima, la visione della campagna dopo aver superato la periferia di Brescia, con lo sguardo che si pone dall’alto di un colle. L’occasione è stata una visita alla Cantina San Michele, con una merenda nel bel mezzo dei vigneti, insieme con Mario Danesi

Nicola Dal Falco

Meraviglie del Montenetto

Capriano del Colle – La letteratura è piena di salti, di repentini passaggi da un luogo a un altro, dove il prima è profondamente diverso dal dopo, così diverso da sembrare o uno scherzo o un mistero.
La stessa sensazione che ho provato nel passare dalla periferia di Brescia all’altopiano di Montenetto, divenuto nel frattempo Parco agricolo regionale con il sacrosanto divieto di costruire piscine, ville e rampe cementate.
Giusto una salitella che dalle arterie informi di capannoni ti conduce come Alice in un altro paesaggio e oserei dire in un altro mondo.

Per la ragazzina con il grembiule e le calze bianche si trattava di precipitare verso la meraviglia, in questo caso, invece, basta salire di un gradino o due sopra la pianura bresciana per restare stupiti.
Sono appena 133 metri di autentica vertigine, perché a parte i paesini di Capriano del Colle e Poncarale, il resto appartiene fin dove giunge la vista alla visione della campagna.
Quella campagna che, un tempo, correva ininterrotta da Venezia a Torino, alternando colture, boschi, cascine.

Una visione quasi archeologica, straniante e dolcissima. L’occasione è la visita alla Cantina San Michele e una merenda nel bel mezzo dei vigneti.

Ci troviamo insieme a Mario Danesi, vicepresidente del Consorzio Montenetto, che dirige un’azienda giovane con un’età media inferiore ai quarant’anni, ma matura e pluripremiata per quanto riguarda la ricerca e la realizzazione dei vini.
Ne assaggeremo tre: il Corso 2014, un signor bianco, realizzato con grande attenzione (50% Chardonnay, 30% Incrocio Manzoni, 20% Sauvignon); il Sarai 2014, Marzemino in purezza che rispecchia la vocazione del Montenetto per questo famoso vitigno, mostrando tutta la sua originalità, legata al tipo di terreno calcareo-argilloso e l’Otten che come racconta Danesi ha rappresentato: «un’autentica sorpresa, frutto di un’annata, il 2012, insolita dal punto vista climatico. L’assenza di piogge, le giornate soleggiate e le notti particolarmente umide, hanno favorito lo sviluppo sui grappoli della botrite, la muffa nobile, convincendoci ad attendere e a vendemmiare alcune delle vigne di Trebbiano verso la metà di novembre.

«Dopo la vinificazione, abbiamo aggiunto altro Trebbiano, ma questa volta raccolto prima, in modo da mantenere una giusta dose di freschezza e di acidità, evitando che potesse risultare in qualche modo stucchevole. 
A quel punto ci siamo resi conto di avere tra le mani un vino veramente complesso».

Nel porticato della Cascina Belvedere

Ci vuole sempre un luogo per ancorare le sensazioni. Stavolta, il posto giusto ha le ampie arcate di un porticato e un nome confacente: Cascina Belvedere, già casino di caccia.
Di fronte, nel controluce mitigato dalle tende, si ammira un campo di triticale, una specie di grano ancora rustica tra la segale e il grano duro. La sua bellezza e un volta la sua utilità, stanno nel lungo gambo su cui svetta e s’inchina per una brezza.
Dopo, fino all’argine della strada, iniziano i vigneti della Cantina San Michele, un bosco secolare e in fondo proprio al centro della scena agreste svetta il campanile della Parrocchiale di San Michele Arcangelo di Capriano del Colle.

Sedersi qui è come trovarsi contemporaneamente sul margine e dentro una veduta del Settecento.
L’attuale custode del posto si chiama Enzo, con un passato di tredici anni nei trasporti eccezionali tra Medio Oriente, Magreb e Africa nera. Uno che ha imparato a cucinare per nostalgia e curiosità in paesi con una forte tradizione culinaria.

Alla tavola del Club Origini si passa con perizia dal risotto all’onda, alle carni, ai formaggi d’alpeggio, ai salumi casalinghi, alla polenta, a un pinzimonio di salse mediorientali, hummus, la crema di sesamo e babaganoush a base di melanzane.
Proprio con queste ultime, il Corso 2014 ha mostrato il suo carattere, affrontando elegantemente anche sapori cosmopoliti.
Mentre il Sarai 2015 è stato abbinato a una tartare di carne, mettendo a fuoco struttura e profumi di un Marzemino che non eccede nonostante i suoi tredici gradi.
Va ricordato che il Sarai 2012 è stato premiato dalla “Guida Oro I Vini di Veronelli 2015” con Il Sole che distingue le venti etichette segnalate per aver più “emozionato, stupito o rallegrato”.

Un’attenzione supplementare va, infine, riconosciuta all’Otten, maturato tre anni dal momento della raccolta. Durante la nostra merenda – si fa per dire – si è distinto per la sua marcata nota olfattiva di zafferano, accompagnando un risotto addirittura vellutato e l’incantevole, verginale, formaggella Bosina della val Trompia.
L’eccezionalità dell’Otten rende più gradevole l’attesa per le prossime duemila bottiglie. Limitate come tutte le edizioni di pregio.

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