Terra Nuda

Né extra né vergine

Sulla Turkish Airlines accade qualcosa di spiacevole. Ben vengano le produzioni olearie di qualsiasi provenienza, purché sempre indicata, ma cosa succede se la bustina monouso di “olio extra vergine turco addizionato con limone” ci lascia interdetti?

Felice Modica

Né extra né vergine

Da vecchio arnese liberale, con la sventura di essere un agricoltore italiano, mantengo un’idiosincrasia per il protezionismo. Ritenendo – magari a torto (il dubbio ci ha marchiati nel profondo, a noi che siam fatti così…) – che la libera circolazione dei beni, se onesta, sia di per sé sufficiente garanzia per la tutela del consumatore. Importante è la tracciabilità reale, non cartacea. Ovvero che chi acquista sia messo in condizione di valutare il rapporto prezzo/qualità dei prodotti e tutta la loro storia.

Mettiamola così; per me, che produco olio extra vergine d’oliva, nulla osta a che in Italia siano commercializzati gli oli tunisini, marocchini, greci, turchi e chi più ne ha più ne metta. A patto che se ne conosca correttamente la provenienza. Infatti, credo non sia democratico proibire la libera circolazione delle merci tra i diversi paesi. Purché tutti rispettino le regole.
Sembra una ovvietà, ma quest’ultima precisazione è essenziale e non può trascurarsi.

Se, ad esempio, si scrive su una confezione che un olio d’oliva è extravergine, non importano solo il Paese in cui le olive sono coltivate e quello in cui l’olio viene estratto (che comunque andrebbero indicati entrambi), ma soprattutto che il prodotto corrisponda con la classificazione merceologica indicata in etichetta. Restando all’olio d’oliva, questo è extravergine se rispetta alcuni parametri chimici e organolettici stabiliti da un disciplinare valido in tutto il mondo. In altre parole, un olio che abbia superato l’analisi chimica e la prova di degustazione (il cosiddetto “panel test”) da parte di una commissione qualificata, sarà extravergine a tutte le latitudini, pur conservando le caratteristiche organolettiche tipiche della zona di produzione.
Ciò dovrebbe garantire il consumatore da sgradevoli sorprese consentendo anche al produttore una giusta remunerazione per le sue fatiche.

Ora, mi è recentemente capitato di volare con la Turkish Airlines, consumando più di un pasto a bordo. Ho apprezzato il fatto che la compagnia turca di bandiera offrisse, tra i condimenti, una bustina monouso di “olio extra vergine turco addizionato con limone”. Non amo personalmente queste emulsioni, ma l’idea era comunque eccellente. A condizione di usare sul serio, almeno un extra vergine…
Invece, il liquido immondo contenuto nella suddetta bustina non era né extra né vergine, virando prepotentemente verso un irrancidimento coprente anche altri probabili, eventuali difetti. Ho rifatto la prova solo annusando altre bustine nelle due tratte di ritorno, col medesimo, desolante risultato.

A questo punto mi assale un dubbio dagli inquietanti risvolti di politica internazionale. Metti che il Presidente Erdogan sia uso condire le sue pietanze con un simile olio: si spiegherebbero il suo aspetto truce e la sua attitudine all’epurazione…

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